L’AQUILA – Tornato al carcere dell’Aquila, in regime del 41 bis, Francesco Schiavone, detto Sandokan, superboss del clan dei Casalesi, ha deciso di pentirsi e di collaborare con la giustizia, dopo ben 26 anni di prigionia.
Alla base della scelta le sue condizioni di salute, essendo Sandokan malato di tumore dal 2018, e la decisione di trasferirlo da Parma a L’Aquila, è legata proprio alla possibilità di curarlo all’ospedale San Salvatore, come avvenuto per il superboss della mafia, Matteo Messina Denaro, morto per tumore a l’Aquila a settembre scorso, questa volta senza pentirsi, né collaborare.
In queste ore i carabinieri si sono recati presso le abitazioni dei familiari del boss offrendo loro un programma di protezione come già successe dopo il pentimento, ma datato 2018, del figlio primogenito, Nicola Schiavone. A novembre del 2021 anche l’altro figlio, Walter Schiavone, ha iniziato la collaborazione con la giustizia
Schiavone è stato arrestato l’11 luglio 1998 in un bunker del suo paese natale, Casal di Principe, dopo la latitanza che fece seguito alle confessioni di Carmine Schiavone e di altri pentiti che portò all’operazione “Spartacus” del dicembre del 1995.
E’ stato il fondatore del clan dei casalesi, l’uomo che ha spodestato Antonio Bardellino, altro noto esponente della camorra e capo, insieme a al no nolano Carmine Alfieri, del cartello della Nuova Famiglia, che che si oppose, una faida di sangue e che ha mietuto centinaia e centinaia di morti, al l’ascesa, e apparentemente irresistibile, della Nuova camorra organizzata, fondata e diretta per anni, anche dall’interno del carcere, dal boss di Ottaviano Raffaele Cutolo.
In realtà rivela Caserta news, Schiavone la colalborazione l’ha avviata già da qualche tempo e “solo nei prossimi mesi si potrà effettivamente capire se il suo è un vero pentimento, una scelta convinta e se il boss non farà passi indietro”.
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