L’AQUILA – Il “famigerato” buco nel cranio di Papa Celestino V, che per secoli ha alimentato la curiosità di fedeli ed appassionati di storia, torna alla ribalta.
Sono stati infatti pubblicati i risultati dello studio scientifico effettuato dal professor Luca Ventura sui resti scheletrici di Pietro da Morrone in un saggio del paleopatologo aquilano apparso sulla prestigiosa rivista internazionale “Forensic Science, Medicine, and Pathology” edita da Springer Nature, gruppo editoriale di una compagnia tedesco-britannica che dal 2015 riunisce i colossi Springer Verlag (fondata a Berlino nel 1842), Nature Publishing (1869) e Macmillan Publishers (1843) raccogliendo centinaia di testate scientifiche, tra cui la prestigiosissima Nature.
“Il buco sul cranio di San Pietro Celestino ha alimentato a lungo i pettegolezzi sul suo assassinio perpetrato da Bonifacio VIII, ma quando fu prodotto Pietro da Morrone non era più vivo da tempo”, dice Ventura.
Il contributo scientifico su Celestino V trae origine dalla ricognizione canonica effettuata sul Sacro Corpo nel 2013. Nell’articolo, redatto in inglese e sottoposto a valutazione paritaria prima della definitiva accettazione da parte del comitato editoriale, il professor Ventura – anatomopatologo dell’ospedale regionale “San Salvatore” dell’Aquila e paleopatologo di fama internazionale impegnato da anni nello studio dei corpi di Santi e Beati nelle regioni del Centro Italia ed è Perito Medico della Sacra Lipsanoteca dell’Arcidiocesi Aquilana – illustra l’esame del famoso foro sul cranio secondo un approccio medico-legale.
In realtà, la lesione era già stata ampiamente dichiarata di natura post-mortale in diverse interviste rilasciate dal paleopatologo aquilano dopo la Ricognizione.
I suoi commenti a caldo furono addirittura registrati dal celebre Huffington Post. Oggi, i risultati dello studio effettuato su di essa assumono la dignità di pubblicazione scientifica su rivista internazionale. Moltissimi sono gli studiosi che negli ultimi decenni hanno scritto di San Pietro Celestino, ma nessun contributo ha mai affrontato da un punto di vista rigorosamente scientifico la vexata quaestio del foro sul cranio. Al contrario, come spesso accade quando si tratta di questo personaggio storico, molti si sono lasciati trasportare dall’affabile brezza del mistero, se non addirittura dell’occulto. Pochi, invece, gli autori capaci di superare i limiti di una storiografia di stampo ottocentesco, celebrativa e persino ripetitiva.
“Il foro rettangolare di nove millimetri per cinque – spiega Ventura, il quale, oltre a San Pietro Celestino, ha curato le Ricognizioni Canoniche di circa 15 tra Beati e Santi della Chiesa Cattolica – è localizzato nella regione frontale sinistra, a quattro centimetri dal margine orbitario. Le caratteristiche macroscopiche della lesione consentono di escludere che sia stata prodotta in vita o sul cadavere. Essa rappresenta ciò che tecnicamente definiamo ‘pseudopatologia’ ed è stata prodotta sull’osso scheletrizzato mediante un corpo rigido appuntito proveniente dall’esterno. Ciò può essersi verificato, con ogni probabilità, durante una delle traslazioni o profanazioni subite dalle Reliquie. Il buco sul cranio di San Pietro Celestino ha alimentato a lungo i pettegolezzi sul suo assassinio perpetrato da Bonifacio VIII, ma quando fu prodotto Pietro da Morrone non era più vivo da tempo”.
“L’occasione di pubblicare in lingua inglese su una rivista scientifica internazionale – continua l’anatomopatologo – è apparsa propizia anche per divulgare il nostro patrimonio culturale e spirituale. Nel testo ho inserito numerosi riferimenti alle travagliate vicende terrene di Pietro da Morrone e dei suoi resti mortali. Dalla magistrale rappresentazione che fa Ignazio Silone nella sua opera ‘L’Avventura di un Povero Cristiano’ al prestigioso riconoscimento della Perdonanza Celestiniana, evento storico-religioso istituito proprio da Papa Celestino V nel 1294 che si celebra ogni anno all’Aquila proprio da quella data, come Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità da parte dell’Unesco”
Fu dunque Celestino V (nato Pietro Angelerio) – che rinunciò al papato quattro mesi dopo di fatto spianando la strada al Bonifacio VIII – con l’emanazione della Bolla pontificia Inter sanctorum solemnia o anche Bolla del Perdono, a concedere l’indulgenza plenaria a chiunque, confessato e comunicato, fosse entrato nella basilica di Santa Maria di Collemaggio, dove o dai vespri del 28 agosto a quelli del 29; il corpo di Celestino V è tornato a Collemaggio il 5 maggio del 2013, anno della ricognizione canonica, in occasione del settecentesimo anniversario della sua canonizzazione e dopo la peregrinatio in alcune Diocesi di Abruzzo e Molise. Nel 1988 la salma fu trafugata da ignoti e ritrovata due giorni dopo in un cimitero di Cornelle e Roccapassa, frazioni di Amatrice (Rieti).
Al “gran rifiuto” del papato è legata l’interpretazione secondo cui sarebbe Celestino V il personaggio a cui fece riferimento Dante Alighieri nel III Canto dell’Inferno della Divina Commedia (“Poscia ch’io v’ebbi alcun riconosciuto, vidi e conobbi l’ombra di colui che fece per viltade il gran rifiuto”); si tratta, in ogni caso, di una interpretazione su cui diversi esperti non concordano, nonostante fosse chiara l’idiosincrasia del Sommo Poeta nei confronti di quel Bonifacio VIII che sedette al posto di Celestino V e al quale quest’ultimo fu consegnato nel giugno 1295 dopo essere stato catturato a Vieste mentre tentava di raggiungere l’eremo di Sant’Onofrio al Morrone, nei pressi di Sulmona (L’Aquila), dove il frate visse da eremita. Imprigionato nel castello di Fumone (Frosinone), il penultimo di dodici figli di umili contadini nato a Isernia rimase fino alla morte, avvenuta nel 1296 all’età di 87 anni.
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