L’AQUILA – “Nel centrodestra siamo insieme, pur con le differenze connaturate a ogni coalizione, per un progetto di Paese. A sinistra sono divisi su tutto: dalla politica estera, alla giustizia, alla transizione ecologica, all’assistenzialismo, alle infrastrutture, alle politiche del lavoro. È un’alleanza puramente aritmetica. E questo tipo di aggregazione mostra subito le corde appena messo alla prova del governo, come la recente storia italiana dimostra”.
E’ uno dei passaggio dell’intervista ad Abruzzoweb, di Maurizio Lupi, leader nazionale di Noi Moderati, forza in coalizione nel centrodestra che appoggia alle regionali dei 10 marzo il ricandidato presidente Marco Marsilio, di Fdi. Anche per Lupi, “gli abruzzesi hanno un’occasione imperdibile: dare continuità all’azione di governo riconfermando Marsilio ed il Centrodestra. Molto è stato fatto, molto c’è ancora da fare, a partire dalla riduzione delle liste d’attesa nella Sanità e porre fine a quella vergognosa migrazione per andare in altre regioni a farsi curare”.
Lupi, 65enne milanese, ha radici abruzzesi: è figlio secondogenito infatti di una coppia immigrata dall’Abruzzo, Nicola Giovanni Giuseppe Lupi, muratore, e Maria Addolorata Seca, operaia all’Alemagna, originari di Fossacesia.
Lupi è stato vicepresidente della Camera dei deputati per Il Popolo della Libertà dal maggio 2008 all’aprile 2013, ministro delle Infrastrutture e dei trasporti dal 2013 al 2015 nei governi Letta e Renzi. Nell’agosto 2022 è stato nominato presidente di Noi moderati.
Onorevole Maurizio Lupi, che pesò avrà l’esito delle regionali abruzzesi a livello nazionale, sarà solo una partita locale?
Innanzitutto mi interessa che abbia peso a livello locale, cioè che sia confermato presidente Marsilio perché ha ben governato, ha riportato al centro delle politiche nazionali l ‘Abruzzo non con le parole, ma con la concretezza dei fatti. Pensi solo allo stanziamento di 750 milioni deciso dal CIPE per la Pescara-Roma. Se ne parlava da tempo e oggi finalmente può iniziare a essere una realtà. E l’opposizione cosa fa di fronte a un atto che avvia la realizzazione di un’opera strategica? Si complimenta, offre il proprio sostegno? No, qualcuno ci accusa addirittura di averlo fatto strumentalmente per la campagna elettorale. Solo chi non conosce le procedure della pubblica amministrazione può dirlo, perché questo stanziamento è frutto del dialogo e di un lungo lavoro, se lo faccia dire da chi ha fatto il ministro delle Infrastrutture. Se poi vogliamo trarre da questo voto anche indicazioni nazionali, possiamo dire innanzitutto che il buon governo premia anche elettoralmente, e poi che un valore aggiunto del centrodestra è la sua unità e che i litigi sui candidati e le differenziazioni fanno male, diverso è lavorare insieme ognuno con il contributo della propria identità culturale e politica.
Che lezione trarre dal voto in Sardegna?
Abbiamo preso una scoppola, e Truzzu è stato bravo nel riconoscerlo. Impariamo la lezione e gli errori commessi: dobbiamo ascoltare di più i territori. Detto questo, anche qui, se vogliamo fare di una elezione regionale un test nazionale, il segnale politico è chiaro: pur perdendo la presidenza, il Centrodestra ha preso quasi il 50 per cento e Noi moderati il 5,4 per cento, confermando un giudizio positivo sulla nostra proposta politica.
Di cosa ha più urgente bisogno l’Abruzzo, quali devono essere le priorità per i prossimi cinque anni?
Gli abruzzesi hanno un’occasione imperdibile: dare continuità all’azione di governo riconfermando Marsilio ed il Centrodestra. Molto è stato fatto, molto c’è ancora da fare, a partire dalla riduzione delle liste d’attesa nella Sanità e porre fine a quella vergognosa migrazione per andare in altre regioni a farsi curare. La giunta Marsilio ha accelerato la spesa della vecchia programmazione dei fondi strutturali raggiungendo obiettivi impensabili al suo insediamento. La dimostrazione di questo è che sulla nuova programmazione la Regione è stata premiata con un miliardo e 80 milioni di fondi europei (FSE e FESR) e un miliardo e 200 milioni sul fondo di coesione, più del doppio della programmazione precedente. È fondamentale per l’Abruzzo che si dia continuità a questa programmazione e a questo metodo. Anche e forse soprattutto per le politiche che più mi stanno a cuore, quelle sociali e della scuola e formazione professionale.
Cosa significa oggi essere moderati, nel campo del centrodestra?
C’è una tradizione culturale e politica che ha fatto la storia del nostro Paese e che va recuperata. Detto in estrema sintesi è quel patrimonio di idee, valori, politiche, pragmatismo e attenzione non ideologica alle esigenze delle persone e della società che è rappresentata dal popolarismo cattolico e dal riformismo, che rifiuta il centralismo statale e l’iper-liberismo, preferendogli l’economia sociale di mercato. Tradotto in programma vuol dire puntare sul lavoro e non sull’assistenzialismo, sulla libertà di impresa e sulla sua responsabilità sociale, sull’educazione e sulla formazione dei giovani come primo investimento di un Paese che voglia continuare a crescere, sulla famiglia come primo nucleo sociale ed educativo, sulla società come vera protagonista della vita comunitaria. C’è una parola che chiarisce il nostro contributo al centrodestra: sussidiarietà. Una concezione della politica che punta più sulla collaborazione fra istituzioni di vario livello e fra le stesse istituzioni e le realtà vive della società, piuttosto che sul pur legittimo scontro politico.
Cosa vi differenzia di più rispetto alla proposta politica del centrosinistra?
Che non siamo insieme “contro” qualcuno, l’unico collante che tiene unito il campo più o meno largo della sinistra da trent’anni a questa parte, prima contro Silvio Berlusconi (vi ricordate che dicevano che era fascista?) e ora contro Giorgia Meloni. Siamo insieme, pur con le differenze connaturate a ogni coalizione, per un progetto di Paese. A sinistra sono divisi su tutto: dalla politica estera, alla giustizia, alla transizione ecologica, all’assistenzialismo, alle infrastrutture, alle politiche del lavoro. È un’alleanza puramente aritmetica. E questo tipo di aggregazione mostra subito le corde appena messo alla prova del governo, come la recente storia italiana dimostra.
Il grande centro resterà una terra promessa irraggiungibile, o oramai il bipolarismo è una necessità e un destino?
I sogni di un centro autonomo sono falliti. Il centro, i Moderati, sono la quarta forza della coalizione di centrodestra e secondo me ha qui il suo futuro. Il bipolarismo si è affermato in Italia non facendo leva sulle estreme, ma dopo la discesa in campo di Berlusconi che ha dato rappresentanza a un popolo di moderati, di produttori, di gente che ha la cultura e l’etica del lavoro e della responsabilità. Il bipolarismo si è affermato grazie a una forte presenza politica di centro. Che si è andata perdendo rifugiandosi soprattutto nell’astensionismo. Il nostro compito è riconquistare alla politica, alla partecipazione attiva questo mondo che è il sostrato vero e la struttura portante, economicamente e socialmente, dell’Italia. C’è poi una considerazione realistica, a proposito del buon senso di cui parlavo all’inizio: la legge elettorale favorisce il bipolarismo. E chi non è realista non è nemmeno responsabile.
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