L’AQUILA – Se nel centrodestra si litiga, il centrosinistra non se la passa meglio. La seduta di martedì e quello che è accaduto sulle posizioni assunte sui famigerati fondi a pioggia, una torta da da oltre 15 milioni di euro, rimandati per l’approvazione nella riunione cruciale di oggi pomeriggio, hanno reso di plastica evidenza quanto sia fragile la leadership del candidato presidente perdente del campo largo, il 64enne professor Luciano D’Amico, che sempre meno riesce a far passare la sua linea politica, in questioni dirimenti. Tanto che da fonti bene informate del campo largo sarebbero in atto manovre nella coalizione che ha perso le elezioni del 10 marzo, per un cambio della leadership, che potrebbero avere sviluppi importanti prima della legge di bilancio di fine anno.
Un chiarimento interno della linea politica all’Emiciclo, soprattutto dentro al Pd, dove forte, dietro le quinte, è il ruolo dell’ex presidente di Regione e deputato, Luciano D’Alfonso, e dell’ex segretario regionale, ora senatore, Michele Fina.
Martedì l’ex rettore dell’Università di Teramo, ex presidente della Tua, docente di Economia aziendale, dopo aver attaccato la maggioranza sulla “pratica medievale” della distribuzione di fondi pubblici a discrezione e senza criteri dai vari consiglieri, fedele ad uno dei suoi cavalli di battaglia in campagna elettorale, ha dovuto subire un rabbioso attacco del presidente Marco Marsilio, di Fdi, riconfermato il 10 marzo, la prima volta che avviene in Regione Abruzzo, a cui ha risposto con un “grazie” avvertito, da pochi, come ironico, da molti come replica timida e dimessa. Ma cosa che più conta è che i suoi, segnatamente il capogruppo del Pd Silvio Paolucci, e il consigliere regionale anche lui del Pd, Sandro Mariani, veterani dell’Emiciclo, non lo hanno appoggiato più di tanto, confermando che sui fondi a pioggia, forse, anzi quasi certamente, le idee sono divergenti. D’Amico ha così abbandonato l’aula scuro in volto prima del termine del consiglio. ed oggi per “impegni improrogabili”, non sarà presente in aula.
In una lettera pubblicata sul centro D’Amico ha detto chiaro e tondo: “ho difficoltà a credere quanto riportato da alcuni organi di stampa ovvero che alla prima occasione di accordo consociativo della legislatura che i consiglieri delle minoranze specie debuttanti si siano fulmineamente precipitati a pietire briciole dal presidente Lorenzo Sospiri. Per questo chiedo ai consiglieri di centro-sinistra definiti dalla stampa ‘manciosi’ al pari dei consiglieri centro-destra di smentire la grave accusa di concorso alla spartizione consociativa in atto, rendendo pubblico cosa hanno eventualmente chiesto”.
Essendo stati del resto “eletti con un programma chiaro sul tema, se fosse vero quanto riportava qualche giornale sarebbe indispensabile da parte loro chiedere scusa a tutti voi abruzzesi che li avete votati”.
E ha detto senza mezzi termini: “il Patto per l’Abruzzo di cui mi pregio di essere coordinatore fa quello che dice e dice quello che fa. La coerenza rappresenta un punto fermo a cui ho sempre tenuto fede nella mia vita professionale. Non sarà diverso nella mia attività politica”.
Questo quando è già in atto una discussione in seno alla opposizione in particolare sul ruolo della leadership e nelle prossime settimane ci sarà sicuramente un redde rationem visto che ci sono più esponenti per scalpitano per un cambio di rotta, prendendo il timone dell’opposizione, o delle opposizioni, sempre se reggerà la formula del campo largo con dentro Pd, Azione, civici di D’Amico e Movimento 5 stelle, quest’ultimo partito molto più vicino a D’Amico. In vista delle elezioni del 2029, per preparare il campo alla candidatura a presidente, prendendo la opportuna “rincorsa”.
E del resto divergenze tra D’Amico e parte dei suoi, ci sono anche per le posizioni assunte in merito al collegio unico che Marsilio vorrebbe introdurre, con il professore che si è detto favorevole, condividendo la necessità di far si che i consiglieri regionali rappresentino tutta la regione, e non solo il loro orticello, il loro collegio elettorale, e anche qui in divergenza con altri esponenti della minoranza, come ad esempio Pierpaolo Pietrucci del Pd che invece ha evidenziato che in questo modo saranno penalizzate le aree interne, e i candidati che corrono in territorio con meno abitanti e potenziali elettori.
Insomma, D’Amico, che è alla sua prima esperienza politica, sembra sempre più stanco e isolato, e forse rimpiange il suo mondo accademico, in cui è una autorità di livello nazionale, stimata e ascoltata, lontano dai machiavellismi, dalle liturgie, dai voltafaccia, dal cinismo e dalle subdole trame proprie della giungla della politica. Tenuto conto che nel centrosinistra qualcuno, nell’autunno dell’anno scorso, dopo averlo accolto come il candidato presidente salvatore della patria, dopo mesi di infruttuose trattative tra i partiti, l’ha poi accusato di essere stato in campagna elettorale poco aggressivo ed efficace e troppo mite, troppo poco “politico”, contro Marsilio, abile politico di lungo corso e dalla dialettica che è non è certo quella di un timido seminarista.
Importante sarà comunque quale, o quali posizioni, assumeranno le opposizioni oggi pomeriggio: la manovra d’aula, o legge mancia, a seconda del giudizio che si dà a questa tradizionale pratica di distribuzione del denaro pubblico, tornerà in consiglio come emendamento ad un riconoscimento di un debito fuori bilancio da 9.700 euro, dopo il mancato accordo all’interno della maggioranza, in quanto Fdi ha puntato i piedi con il capogruppo Massimo Verrecchia, in quanto all’appello mancavano circa 2,5 milioni di euro, di una coperta già troppo corta, visto che servirebbero 22 milioni di euro, per soddisfare tutte le originarie destinazioni, decise a discrezione da tutti i consiglieri, anche quelli di centrosinistra, a dicembre 2023, a beneficio di un elenco di 2.300 beneficiari, tra comuni, associazioni culturali, sportive, di protezione civile, feste e festival, mostre e ricorrenze, pro loco, bande e parrocchie.
Per far quadrare i conti, da quanto si apprende, tutti i consiglieri in carica dovranno rinunciare a qualcosa, e saranno probabilmente cancellati i finanziamenti decisi da chi non è stato rieletto. Ed anche la quota del centrosinistra verrà tagliata, che tanto, si argomenta velenosamente, loro sono contrari ai fondi a pioggia, definendole “marchette” e “collanine”. E infatti D’Amico ha presentato martedì un emendamento con cui i 15 milioni dovevano essere destinati in modo condiviso ad altro, per poste ritenute più urgenti..
Ma dopo l’attacco di Marsilio, D’Amico, per il Pd il capogruppo Silvio Paolucci e il consigliere Sandro Mariani hanno usato toni morbidi, senza difenderlo con l’impeto che ci si sarebbe aspettati. “non ho mai parlato di legge mancia, non mi scandalizza nulla, fissiamo dei criteri, un certo principio su come andiamo nei territori, basta polverizzazione dei finanziamenti di 2 3 5 mila euro”, ha detto Mariani per poi parlare d’altro. Mentre Paolucci, ha aperto ad un confronto produttivo su come programmare l’utilizzo dei fondi. Il punto però è che Marsilio aveva tirato legnate all’opposizione, accusandola in soldoni di chiedere quote dei fondi a pioggia di notte, per poi urlare allo scandalo di giorno, definendo quanto previsto nelle manovre d’aula come “collanine e braccialetti”, invitandola a non fare moralismo, e stigmatizzando il suo doppiopesismo.
Gli altri hanno taciuto, e unica eccezione è stata rappresentata da Francesco Taglieri capogruppo del Movimento 5 Stelle, che ha risposto invece per le rime al presidente.
Non è un caso del resto la voce che nella spartizione dei fondi a pioggia, si vocifera potrebbero partecipare, seppure con quote minime, i consiglieri di minoranza Giovanni Cavallari, di Abruzzo Insieme, la civica dello stesso D’Amico, Alessio Monaco, dell’alleanza Verdi e sinistra Abruzzo solidale e progressista, Enio Pavone di Azione, e forse anche Dino Pepe del Partito democratico.
Se ciò sarà, per D’Amico sarebbe una cocente disfatta politica, visto che uno dei punti fermi per accettare la candidatura era appunto quella di cancellare anche retroattivamente i fondi a pioggia del 2023, convincendo anche i consiglieri regionali rieletti di opposizione e ora al suo fianco, che pure avevano partecipato alla spartizione, per poi fare una battaglia politica per introdurre modalità di erogazione ben diverse, senza discrezionalità, con bandi e criteri oggettivi e rendicontazioni. Ne andrebbe insomma della sua credibilità politica.
Altro episodio da evidenziare, tra quelli che sono venuti a galla e documentabili, infine la nomina di Monia Scalera a garante dei detenuti, in quota Fdi. Da quanto trapelato D’Amico aveva chiesto un compatto voto contrario, ma parte dell’opposizione non lo ha seguito, tanto che Scalera è stata eletta con 25 voti su 32, e dunque con 6 voti arrivati dalle fila della minoranza, che conta 13 consiglieri.
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