L’AQUILA – All’Aquila, in Abruzzo e non solo è un chirurgo orale di valore e molto stimato, fa il padre e il marito in una famiglia molto affiatata, ma poi si “trasforma” in un campione di ultra trail runner ed esperto di sport estremi di montagna, come alpinismo, sci alpinismo e sci freeride, insomma un atleta competo e dalle straordinarie doti atletiche e mentali, che deve fare dei duri allenamenti il suo credo imprescindibile.
E’ la storia singolare ed affascinante del dottor Alessandro Michelini, 35 anni, che, nonostante non sia professionista perché semplicemente lavora nel campo della odontoiatria, è tra i migliori esponenti al mondo di questa disciplina ancora lontana dai riflettori e dalle attenzioni mediatiche, che però sta entrando nel cuore di fette sempre più ampie di popolazione. Tanto che fa parte della Trm team, nota squadra nazionale e internazionale di ultra Trail e Sky Runners, capitanata da Marco Mori e Cristina Tasselli.
“Sono orgogliosamente dell’Aquila sebbene la vita mi abbia portato negli ultimi anni a vivere sulla costa abruzzese, di fronte al mare – racconta ad Abruzzoweb -. Sono un papà e non c’è cosa più importante per me della mia famiglia, per questo voglio passare più tempo possibile con loro e per gestire al meglio il tempo a disposizione mi alleno prima dell’alba in tutte le condizioni metereologiche, prima che i mei cari si sveglino, per poi preparare la colazione per iniziare la giornata al meglio”.
Il livello internazionale Michelini, tra l’altro figlio d’arte visto che il papà Osvaldo è un radiologo stimatissimo e di grande fama, lo ha confermato nei giorni scorsi quando nel deserto del Sahara, nel cuore della Tunisia, ha conquistato la sesta posizione nella “100km del Sahara”.
Un grande risultato, neanche a dirlo in condizione estreme: “Si tratta di una gara a tappe suddivise tra notte e giorno, tra il freddo umido di notte ed il caldo secco torrido di giorno – rivela -. Quest’anno è stata particolarmente tecnica ed impegnativa grazie ai nuovi tracciati mai percorsi prima. Nei quali ad essere protagoniste sono state le infinite dune da superare intervallate da tratti di terreno duro molto tecnico. Contrariamente alle edizioni passate, le dune di sabbia hanno rappresentato il 70% del percorso e per la prima volta, grazie alle autorizzazioni del governo, siamo saliti su una montagna sacra, sulla quale ho staccato di molti minuti gli atleti dietro di me, e in zone militari fino ad ora impossibili da accedere. Eravamo sempre sotto gli occhi dei miliziani”, spiega ancora.
E con il ricordo ancora fresco della sua grande prestazione in Tunisia, con soddisfazione aggiunge: “i concorrenti con cui ho avuto l’onore di lottare, provenienti da vari paesi nel mondo, sono atleti professionisti con alle spalle tanti anni di glorie in gare molto dure, sia nei deserti che non, come ad esempio le varie Marathon De Sables, il Tor de Geants ed altre ultra dove competere i percorsi veramente richiede una preparazione atletica notevole”.
Ed ancora sul sesto posto di assoluto valore: “Non pensavo di raggiungere questo risultato, vengo da un anno di gare molto dure e logoranti, l’ultima, a sole tre settimane prima di correre nel deserto, l’Ultra Trail delle Alpi Giulie in Slovenia, categoria 100 km con 4000 metri di dislivello positivo, caratterizzata da 12 ore di battaglia, tra neve, vento, nebbia, caldo improvviso e di nuovo freddo intenso”.
“Correre nel deserto è uno sport a sé. Richiede molto sacrificio mentale oltre che fisico. Non si può pensare di correre come su altri tipi di terreno, perché oltre ad essere controproducente può essere anche pericoloso, cambiando totalmente il gesto tecnico. In un passo si affonda fino alla caviglia, come nelle sabbie mobili, ed nel passo successivo la stessa sabbia sembra essere dura come una lastra di ghiaccio – chiarisce per sottolineare il grande sforzo fisico e mentale e la grande preparazione che bisogna avere per essere un atleta estremo.
“Quest’anno le condizioni atmosferiche estreme hanno cambiato totalmente volto alle gare – dice riferendosi alle gare di quest’anno -. Arrivare al campo tendato, dove ci si ristora dopo ogni tappa, richiede un viaggio molto lungo, prima tante ore in autobus e poi una volta arrivati alle porte del deserto, tante ore in jeep. Partire si parte dopo 30 minuti dall’arrivo mi ha letteralmente nauseato, facendomi perdere varie posizioni nella prima tappa. Nel deserto si ripaga ogni errore commesso, e questo cade giù come un macigno. Ogni grammo in più sulle spalle, ogni sorso d’acqua non dato, ogni vescica formatasi a causa del caldo e del terreno super tecnico, ogni piccola distrazione arriva dritta come un pugno e ti può far cadere. Bisogna essere sempre forti e non mollare mai. Nelle successive tappe invece sono andato sempre meglio recuperando mote posizioni”.
A riprova della sua grande poliedricità, il super atleta è molto performante anche nel suo lavoro: “Mi occupo di chirurgia orale ed implantologia avanzata a carico immediato, in situazioni di grave atrofia ossea, dove apparentemente sembra impossibile riabilitare con denti fissi le persone, che spesso non possono portare neanche protesi mobili. Ma grazie ad alcune tecniche chirurgiche che eseguo quotidianamente, ad esempio chirurgia zigomatica o nasale, riesco a riabilitare totalmente una persona in sole 4 ore e questo mi comporta grandi sacrifici lavorativi tutti i giorni della settimana in tutto il centro Italia, e non solo”, conclude soddisfatto. (b.s.)
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