L’AQUILA – L’energia dal sole captata e trasformata dai pannelli fotovoltaici, da utopia indiscussa rischia di avere, anche in Abruzzo, un inconveniente di non poco conto: il consumo di suolo, la trasformazione dei secolari paesaggi rurali in distese di specchi.
Un rischio che viene evocato anche nell’ultimo monumentale rapporto dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) , “Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici”. Lo studio, come già evidenziato da Abruzzoweb, pone l’Italia in una situazione di allerta in virtù del fatto che il territorio compromesso (copertura artificiale del suolo) equivale al 7,11% (era 7,02% nel 2015, 6,76% nel 2006) a fronte di una media Ue del 4,2%.
Nel focus dedicato proprio al fotovoltaico, si evidenzia poi anche un consumo crescente di suolo agricolo causato dall’istallazione dei parchi solari: nel 2020, anno della pandemia, con le attività fortemente frenate, altri 179 ettari occupati, corrispondenti a una potenza di circa 94 MW, un dato non molto distante dai 196 ettari rilevati nel 2019. Le regioni in cui si è destinato più territorio al fotovoltaico a terra sono la Sardegna, che è quella che ha consumato di più, con poco meno di 105 ettari (circa il 58% del totale) e la Puglia con 66 ettari (circa il 37%). Ma l’aumento avviene seppure in misura molto minore anche in molte altre regioni, Abruzzo compreso. Ci si chiede ora cosa accadrà con i fondi del Piano nazionale di ripresa e resistenza, il Pnrr, che destinerà ingenti risorse alle energie rinnovabili, in ossequio con la filosofia “green” rivendicata dall’Unione europea che ha dettato le linee guida ai Paesi membri per l’utilizzo della pioggia di miliardi, oltre 191 per l’Italia.
Un rischio paventato dai giovani di Coldiretti, che stanno raccogliendo firme nell’ambito della campagna nazionale del sindacato di categoria contro i “pannelli solari mangia suolo”, per combattere il rischio idrogeologico di fronte ai cambiamenti climatici e spingere invece il fotovoltaico pulito ed ecosostenibile sui tetti di stalle, cascine, magazzini, fienili, laboratori di trasformazione e strutture agricole.
“Destinando i suoli agricoli al fotovoltaico non ci saranno più terreni da coltivare accelerando di fatto la perdita della biodiversità che rende unica la nostra regione e il nostro Paese – spiega il leader dei giovani agricoltori di Coldiretti Abruzzo, Giuseppe Scorrano – come giovani agricoltori sosteniamo e promuoviamo ogni giorno l’innovazione tecnologica sostenibile, ma siamo anche convinti che il suolo vocato all’agricoltura appartiene agli agricoltori e la multifunzionalità energetica va sviluppata come attività integrata alla coltivazione e all’allevamento sino a un massimo del 5% della superficie da realizzare direttamente dagli agricoltori e in aree marginali”.
“In Abruzzo – aggiunge Scorrano – ci sono terreni non destinati all’agricoltura che potrebbero essere messi a valore con il fotovoltaico. E’ assurdo utilizzare terreni fertili che già producono valore economico, sociale ed ambientale togliendo traiettorie di futuro alle nuove generazioni di agricoltori”.
Sarebbe ancor più grave in una Regione come l’Abruzzo, che vanta un paesaggio agrario ancora non compromesso. Ma risulta, calcola lo stesso rapporto, la terza regione per occupazione della fascia costiera con il 36% del territorio antropizzato nei primi 300 metri dal mare. E ancora peggiore regione italiana per aumento di consumo di suolo tra il 2019 e il 2020, con altri 246 ettari consumati pari a 350 campi da calcio. E dove il 35,1% delle aree edificate e infrastrutture, ovvero 19.000 ettari, pari a 27.000 campi da calcio, sono situate in aree a rischio alluvione, il 12,6% a rischio frana.
Il fotovoltaico però potrebbe rappresentare una opportunità senza consumo di suolo, e lo stesso rapporto Ispra calcola che piuttosto che realizzare coperture fotovoltaiche per 200-400 chilometri quadrati di superficie, da qui fino al 2030, per centrare gli obiettivi di produzione di energia pulita, sarebbe possibile dotare i tetti delle abitazioni e degli stabili già esistenti di pannelli fotovoltaici che potrebbero produrre la quota di energia equivalente senza consumare i terreni.
“Ipotizzando che sul 10% dei tetti sia già installato un impianto – si legge nel rapporto -, si può concludere che sfruttando gli edifici disponibili ci sarebbe una potenza fotovoltaica compresa tra i 59 e i 77 GW, un quantitativo sufficiente a coprire l’aumento di energia rinnovabile previsto dal Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec) al 2030”.
L’alternativa sarebbe quella di realizzare strutture di agrovoltaico per un totale di 2 GW, non posizionate direttamente al suolo ma su strutture rialzate posizionate sopra a porzioni di superficie agricola non utilizzata, ove si vorrebbe favorire di nuovo la coltivazione al di sotto degli impianti. La potenza realizzabile per ettaro dipende dal tipo di installazione con valori tra 0,3 e 0,8
MW per ciascun ettaro e una superficie occupata in un intervallo compreso tra 2.500 e 6.700 ettari. Il terreno sarebbe coltivato, ma il paesaggio devastato.
Un’altra stima sul possibile impatto in termini di occupazione di suolo agricolo per i nuovi impianti solari da realizzare entro il 2030 è fornita da Enel Green Power che prevede, solo per gli impianti di grandi dimensioni, una superficie che arriva fino a circa 400 km quadrati per 20 GW, a cui aggiungere ulteriori 10 GW per lo sviluppo di piccoli impianti fotovoltaici e 8 GW di nuovi impianti eolici. Solo per questi ultimi la stessa fonte prevede un consumo di suolo di altri 365 km quadrati entro il 2030.
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