L’AQUILA – La sezione quarta del Consiglio di Stato ha respinto il ricorso presentato dal Comune di Sulmona contro l’autorizzazione unica rilasciata per la costruzione e l’esercizio del metanodotto Sulmona-Foligno, approvato dal ministero dell’Ambiente e della sicurezza il 29 novembre 2022.
I giudici hanno condannato il Comune di Sulmona alla rifusione, in favore della società Snam Rete Gas s.p.a, delle spese di giudizio per un totale di ottomila euro.
Non sembrano esserci dunque più ostacoli giuridici per la realizzazione da parte di Snam del tratto abruzzese del nuovo metanodotto Linea Adriatica che collegherà Massafra in Puglia a Minerbio in Emilia. In Abruzzo in tratto da realizzare parte da Sulmona dove è prevista una centrale di compressione a Casa Pente, e il “tubo” passerà poi per l’altopiano dei Navelli, nel territorio aquilano e dell’alto Aterno, per poi arrivare a Foligno in Umbria. L’opera ha un costo di circa 2,5 miliardi di euro ed è considerata dal governo di Giorgia Meloni una opera strategica, per l’approvvigionamento energetico del Paese. resto il ministro per l’Ambiente e la Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin ha detto chiaro e tondo che “il gas sarà l’ultima fonte fossile che abbandoneremo, perché è la meno inquinante, perché è quella che deve accompagnare, deve essere la cintura di sicurezza appaiata alle fonti rinnovabili”.
Il Comune ovidiano, che si era affidato all’avvocato Paolo Colasante, aveva impugnato la sentenza del Tar dello scorso gennaio, ritenendo di “non condividere l’assunto secondo cui l’autorizzazione del metanodotto costituisca già cosa giudicata nell’ambito dei giudizi che hanno interessato la centrale di compressione gas di Sulmona, trattandosi di opere distinte”.
“In ragione dei principi di diritto richiamati, risulta corretta la sentenza di primo grado che ha dichiarato l’avvenuta formazione del giudicato sulla statuizione di non applicabilità del termine di efficacia quinquennale previsto dalla disciplina richiamata al decreto di V.i.a. n. 70 del 7 marzo 2011” si legge in un passaggio della sentenza del Consiglio di Stato che ha accolto le tesi della Snam e ha respinto tutte le osservazioni avanzate dal Comune di Sulmona.
Per l’ampio fronte ambientalista il metanodotto è una opera inutile e costosa, che attraversa le aree appenniniche a maggior rischio sismico, senza adeguata garanzia di sicurezza, e il costo sarà a carico degli italiani con una maggiorazione in bolletta.
Di parere ovviamente opposto quello di Snam, che in uno dei suoi rari interventi ha ribattuto che il metanodotto Linea Adriatica, è “fondamentale per consolidare l’equilibrio energetico del Paese e dell’Europa in seguito alla crisi energetica” e “per aumentare la capacità di trasporto del gas da Sud”, “non comporta rischi di sicurezza”, ed “è compatibile con il trasporto dell’idrogeno”, svolge “una funzione essenziale per frenare il crescente ricorso al carbone”.
Se fino allo scoppio del conflitto, si legge nella nota, “i principali flussi di gas in arrivo nel nostro Paese provenivano proprio dalla Russia (con volumi corrispondenti a circa il 40% del fabbisogno italiano), dopo la crisi russo-ucraina l’Italia ha sostanzialmente capovolto il suo baricentro delle forniture di gas, con la fonte russa via via ridotta e approvvigionamenti incrementali in arrivo da Sud (Nord Africa, TAP ecc.) e dai rigassificatori di Piombino, già operativo, e Ravenna, che entrerà in attività all’inizio del 2025. In particolare, i tre gasdotti che ci raggiungono da sud entrando a Melendugno, Gela e Mazara del Vallo, da gennaio a ottobre 2023, hanno fornito insieme il 52% degli approvvigionamenti (vs 45% nel 2022, 37% nel 2021 e 20% nel 2020), volumi a cui occorre garantire – per l’appunto – adeguata capacità di trasporto. Di qui la necessità di un intervento infrastrutturale che aumenti la capacità di trasporto del gas lungo questa direttrice, in considerazione del fatto che i principali centri di consumo e i principali poli produttivi del Paese si trovano al Nord e devono pertanto essere approvvigionati in maniera continua ed efficiente. La linea adriatica, in particolare, consentirà un incremento della capacità di trasporto pari a 10 miliardi metri cubi aggiuntivi all’anno”.
Su base giornaliera, in particolare, la linea adriatica consentirà di passare dagli attuali 126 milioni di m3/g ai 131 milioni di m3/g consentiti dalla finalizzazione della Fase 1, per finire con i 150 milioni di m3/g che potremo trasportare quando sarà completata anche la fase 2.
Il 2 settembre sono partite Le prime opere di cantiere sono partite questa mattina: Snam avvia a Sulmona (L’Aquila) i lavori di costruzione della centrale di compressione del gas naturale a servizio del gasdotto “Rete Adriatica”, il ministero competente ha dato il via libera a operare su una parte dell’area di Case Pente, quella non interessata dai ritrovamenti archeologici per i quali gli scavi sono ancora in corso. Si tratta di lavori di fortificazione del terreno, in vista della realizzazione della centrale di spinta.
La centrale di compressione di spinta, autorizzata dal governo nel 2018, sarà pronta entro l’autunno-inverno 2026. I lavori, che dovevano partire a giugno scorso e sono slittati per consentire gli scavi archeologici, ancora in corso, dureranno circa due anni. Il cantiere è stato allestito nel marzo dello scorso anno.
Due attivisti della Campagna “Per il Clima, Fuori dal Fossile”, Mario Pizzola e Alba Silvani, si sono incatenati al cancello d’ingresso del cantiere.
“La nostra vuole essere una azione di “obbedienza” civile nonviolenta – hanno dichiarato gli attivisti – per denunciare la folle scelta, avallata dal governo, di costruire due nuovi e dannosi impianti fossili che andranno ad aggravare il cambiamento climatico i cui effetti disastrosi, attraverso eventi meteo estremi, sono ogni giorno sempre più evidenti”, dichiarano i due attivisti.
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