CENTRI ACCOGLIENZA MIGRANTI: LA DENUNCIA DI UN ADDETTO, ”NON PAGATO DA 13 MESI PER IL MIO LAVORO”

7 Giugno 2019 14:27

Pescara -

PESCARA – Per tre mesi lavora in un Cas, ma a distanza di un anno non ha ancora percepito gli stipendi, così come avvenuto per gli altri lavoratori della struttura. 

A raccontare la sua storia all'agenzia Ansa è Christian Barisani, ex dipendente del Centro di accoglienza straordinaria che, gestito dalla srl campana Gestione Orizzonti, è stato attivo a Pescara dal 2017 al novembre 2018, nel quartiere Rancitelli. È da 13 mesi, afferma l'ex lavoratore, che i dipendenti sono in attesa dei pagamenti. Sottolineando che la società in questione era arrivata “ad avere in poco tempo diversi Cas sparsi tra le regioni Molise, Abruzzo, Marche e Lazio, ottenendo fatturati da capogiro”, l'uomo racconta che con lui, nel Cas di Pescara, “in tutto eravamo circa dieci dipendenti e già da allora si lamentavano ritardi nel pagamento degli stipendi”. 
la vicenda si inquadra nella difficile condizione in cui si trovano un pò tutti i centri di accoglienza straordinaria per richiedenti asilo, circa 500 in tutta la regione, 150 solo in provincia di Chieti.

Con la nuova norma, fortemente voluta dal vice premier e ministro dell'Interno Matteo Salvini, infatti, è stato introdotto il nuovo schema di capitolato d'appalto per la gestione delle strutture di accoglienza migranti che ha tracciato un taglio netto ai servizi e, di conseguenza, messo freno a diversi rapporti lavorativi dei dipendenti non più indispensabili all'interno delle strutture.





A rischio sono ad esempio i posti di lavoro di quasi la metà degli operatori della Medihospes, la cooperativa sociale che gestisce i Cas di Canzano, Campli e Basciano, più gli Sprar di Teramo e Roseto.
Il taglio annunciato dalla Medihospes in provincia di Teramo è notevole, 26 unità su un totale di 58 operatori: 9 operatori, 3 insegnanti di italiano, 3 psicologi, un mediatore culturale-

Tornando alla vicenda di Christian Barisani.

“Il lavoro al Cas – sottolinea – era stato appaltato dalla Prefettura di Pescara, che doveva provvedere a pagare la società per i suoi servizi. Io ho lavorato lì fino alla scadenza del mio contratto, il 30 settembre 2018, per poi trasferirmi ad Ancona, mentre gli altri sono rimasti fino al 30 novembre del 2018, giorno in cui il Cas di Pescara ha chiuso i battenti. Nel frattempo, a tutt'oggi, la società si è guardata bene dal corrispondere a me ed agli altri le nostre spettanze”.





Barisani si è quindi rivolto ad un patronato per una diffida, ad un legale e all'Ispettorato del lavoro per denunciare l'accaduto. Si è così scoperto “che mi avevano trasformato il contratto da full time a part time senza dirmi nulla, continuando a farmi svolgere 40 ore settimanali, facendone risultare solo 26 ore settimanali”. 

“La cosa che mi lascia interdetto – prosegue Barisani – è la posizione della Prefettura che, a seconda delle circostanze, ha due differenti chiavi di lettura. Infatti, una volta dice di non pagare perché la società non paga, una volta dice di avere messo in pagamento le somme verso la società. Siamo stufi ed esasperati e ci sentiamo presi in giro. Chiediamo una sensibilizzazione da parte dell'opinione pubblica e delle istituzioni per non aggiungere al danno della perdita del lavoro anche la beffa di non vedere le nostre spettanze riconosciute, spettanze che in sede di dichiarazioni dei redditi siamo stati costretti a dichiarare, anche se non percepite, con conseguente aggravio di spese sulle nostre tasche”.

 

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