INTERVISTA A DIRETTORE ABRUZZO NEL MONDO, ''SE PANDEMIA NON SI ARRESTA SARA' UN DRAMMA SOPRATUTTO PER NOSTRE AREE INTERNE''; ''INSOPPORTABILE SENTIR DIRE CHE TANTO VIRUS UCCIDE CHI E' VECCHIO E MALATO''

COVID: GLI ANZIANI CHE MUOIONO NEL SILENZIO BINI, ”PERDIAMO CUSTODI NOSTRA CIVILTA”’

di Filippo Tronca

31 Marzo 2020 08:28

Regione - Cronaca

PESCARA – “Romano del Negro è un ottantenne sarto di Montazzoli, in provincia di Chieti. Vista la situazione ha riaperto la sua bottega, ha rimesso in moto i suoi macchinari, per realizzare mascherine, che poi dona gratuitamente ai suoi concittadini”.

L’episodio, uno dei tanto che fa essere orgogliosi di essere abruzzesi e italiani, lo segnala Antonio Bini, 68 anni, direttore della rivista bimestrale Abruzzo nel mondo, ex dirigente del settore Turismo della Regione Abruzzo, e del Ministero dell’Istruzione.

Appassionato conoscitore come pochi dell’Abruzzo interno, dei tanti paesi che invecchiano e si svuotano. Ben prima del biblico flagello del coronavirus, che sta uccidendo in buona parte anziani. Morti nel silenzio, senza nemmeno un funerale, che è vietato per motivi di sicurezza, e visto che normalmente tutti i familiari e parenti sono in quarantena.

Vittime quasi sempre senza nome, anch’essi non comunicati dai bollettini quotidiani della Regione, con la triste conta dei contagiati e dei morti, oltre che, per fortuna, dei guariti.





“Si assiste ad una banalizzazione insopportabile – osserva Bini -. Si sentono frasi del tipo, 'tanto il virus uccide soprattutto anziani, già malati’. Come se fosse meno drammatico, meno grave. Che poi ad essere pignoli è anche una considerazione falsa: secondo l’Istat si è anziani solo dopo il compimento del 75esimo compleanno è altissimo il numero delle vittime di età inferiore, che dunque che tanto anziani non sono”.

Bini sa bene invece quanto sia importante la memoria storica, la trasmissione da una generazione all’altra decisiva, ora che anch’essa viene minacciata dalla pandemia.

“Gli anziani hanno costruito questo paese – sottolinea Bini -, uscito dalle macerie della seconda guerra mondiale, e ora vanno via, portandosi dietro un mondo, una memoria storica, un bagaglio straordinario di esperienze che non sempre le nuove generazioni sono stati capaci di raccogliere. Anziani che sono i custodi dei luoghi. Nel mio girovagare ho conosciuto ad esempio una novantenne di San Benedetto in Perillis, in provincia dell’Aquila. Era tornata da Broccolino, come diceva lei, intendendo dire New York, dove era emigrata. Custodiva le chiavi dell’antichissima chiesa del suo paese. L’apriva e faceva da guida, e pur essendo semi-analfabeta, sapeva anche illustrare con sorprendente competenza la storia del monumento, facendone apprezzare la bellezza architettonica, e i significati religiosi. Ecco cosa si sta perdendo: sono tanti gli anziani come questa signora che il coronavirus si sta portando via”.

Un dramma soprattutto per le aree interne, comprese quelle d’Abruzzo, tiene a sottolineare Bini. Si pensi ad esempio a Castiglion Messer Raimondo, zona rossa nel teramano, dove in nemmeno un mese se ne sono andati via 12 persone, su poco più di tremila abitanti. Anziani che ora lasciano un grande vuoto.

“Anche da questo punto di vista, il coronavirus – riflette Bini -, se non si riuscirà a sconfiggerlo, e a contenere il suo potenziale distruttivo, costituisce un ulteriore fattore di crisi delle aree interne e segnatamente dei piccoli paesi. L’età della popolazione mediamente è qui infatti molto alta, e insieme al fenomeno della denatalità favorisce un saldo naturale sbilanciato sul numero di decessi”.





“Lo spopolamento, effetto dell’emigrazione interna ed esterna – prosegue Bini – è un fenomeno già avvertito all’inizio del ‘900, nel periodo 1901-1910 sono emigrati dall’Abruzzo e Molise ben 417.775 persone. Sulla base dei dati Istat, negli anni '60 anni siamo passati da 4 comuni al di sotto dei 500 abitanti a bel 60 al primo gennaio 2020, 28 provincia L’Aquila, 21 provincia Chieti, 8 provincia Pescara, 3 Provincia di Teramo. Un dato drammatico che dà la dimostrazione quantitativa e geografica del processo di desertificazione delle aree interne. Un processo che ha avuto una accelerazione soprattutto dopo i terremoti del 2009 e 2016”.

Ed ora il fenomeno rischia ulteriormente di aggravarsi. Eppure, ci sono anche gli anziani in prima linea, a contrastare il terribile morbo.

“Gli anziani dei paesi sono abituati a vivere le difficoltà ambientali – spiega Bini -. Ricordo ad esempio le nevicate del 1954 e 1956. In particolare nel 1954 furono molti i paesi sepolti nella tormenta, rimasti per due mesi privi di energia elettrica. I tempi sono certo cambiati, ma credo che quell’attitudine all’autosufficienza, a vivere le difficoltà rimangano ancora. Certo il coronavirus rappresenta un ulteriore elemento di difficoltà del vivere quotidiano in comuni ormai privi di qualsia esercizio commerciale, farmacia, e altri servizi. L’imposizione di non oltrepassare i confini comunali, la predisposizione di autocertificazione, l’utilizzo di carte di credito, ecc. costituiscono difficoltà spesso per anziani soli, con i figli lontani. Non escludo che alcuni di fronte alla possibilità di essere ospitati da familiari in realtà urbane abbia scelto di lasciare i propri paesi”.

“Eppure – assicura Bini – non c’è solo il citato vecchietto di Montazzoli: a Paglieta un’artigiana del settore tendaggi ha riconvertito la sua attività in favore della propria comunità. A Corfinio per fronteggiare l’emergenza si è data da fare la cooperativa La Mosca bianca. A Miglianico una coppia di coniugi con laboratorio di artigianato tessile ha avviato anche  in questo caso la realizzazione di mascherine con il coinvolgimento di una vera e propria filiera in paese per produrre circa 3.000 pezzi da distribuire gratuitamente tramite la protezione civile locale. E sono anche gli anziani i protagonisti, i ‘registi’ di queste esperienze bellissime, che fanno riscoprire lo spirito di squadra, il senso di solidarietà, che fanno intravedere un futuro auspicabile, la luce in fondo al tunnel”.

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