FUMETTI: PISAPIA, IL ”PROGETTISTA” DISNEY, ”COSI’ HO REALIZZATO LA GUIDA TURISTICA DI PAPEROPOLI”

di Alberto Orsini

16 Febbraio 2018 06:44

Italia -

L’AQUILA – È il “progettista” per eccellenza delle città di Walt Disney, che trasforma in progetti veri e propri edifici disegnati da decenni in mille modi diversi; è un geografo di quegli stessi luoghi che racconta attraverso itinerari turistici veri e propri; è anche un autore completo, di quelli, cioè, che scrivono e disegnano le proprie storie consegnando un prodotto “chiavi in mano”.

Blasco Pisapia, 50 anni, campano trapiantato a Milano, architetto e fumettista, racconta ad AbruzzoWeb le varie tappe che lo hanno portato a stilare il “Topo Travel”: una vera e propria guida della città di Paperopoli, teatro prima di lui inesplorato in modo organico, ma solo a brandelli nelle varie storie, delle gesta di Zio Paperone e parentame.

Con la speranza, che lascia accesa, di poter ripetere la stessa operazione anche per la Topolinia, la città di Topolino e Pippo. Pisapia è stato anche progettista di parchi di divertimento, e racconta il suo sogno in materia.

Come è nata l’idea del Topo Travel? Ti sei candidato o ti è stato proposto?

Il Topotravel nasce come ideale prosecuzione del ciclo “Tutti a casa di…”, che avevo realizzato, sempre per Topolino, più di dieci anni prima, e in cui venivano mostrate la case degli abitanti di Paperopoli più famosi. L’avventura era proseguita l’anno successivo con il Disney Global Publishing, per il quale avevo messo a punto le mappe delle città dei paperi e dei topi e le viste di circa cinquanta edifici. Quando a Valentina De Poli è venuta l’idea di una vera e propria Guida di Paperopoli, con tanto di itinerari tematici, sono stato ben felice di poter continuare la mia esplorazione di questo universo fantastico.

Come hai coniugato la realizzazione di strutture di fantasia, che non rispondono alle leggi ingegneristiche e architettoniche, con gli studi professionali che hai svolto?

In realtà, come afferma Massimo Cacciari, abitare viene prima di costruire. Non è un paradosso: è l’idea che abbiamo di un luogo che ci guida nel compito di dargli una definizione, ed è sempre un’idea astratta, magari un po’ folle e visionaria, che sta alla base di ogni esperienza progettuale, anche della più solida, sobria e ragionevole.

Qual era lo scopo iniziale di questo Atlante? Lo ritieni centrato o avresti voluto aggiungere altri luoghi o altre caratteristiche?

Sicuramente, al momento di immaginare i diversi percorsi di visita, abbinandoli di volta in volta a un personaggio-guida, è stato necessario operare una scelta. Ci sarebbe ancora tanto da mostrare… È difficile racchiudere un mondo complesso, che è stato raccontato in tanti modi diversi, in una rappresentazione compiuta. Ma non è vero lo stesso per ogni città?

Che genere di lavoro di documentazione è stato svolto, quanta mole di materiale hai consultato?

Ho tenuto presenti, ovviamente, i luoghi imprescindibili descritti da Carl Barks e Don Rosa, oltre a spulciare le moltissime altre storie che presentano descrizioni di luoghi significativi, per poi selezionare i landmark da inserire nella stesura definitiva. Mi sono basato dapprima sulla mia memoria, per poi procedere a una ricerca più sistematica.





Ci sono luoghi completi di tua creazione?

Una parte consistente del lavoro è stata quella di dare forma a luoghi e a edifici che non l’avevano mai avuta, o che, al contrario, nel tempo erano stati visualizzati in modi molto diversi tra loro. Ho provato a definire, per ciascuno di essi, un carattere peculiare, e di capire che cosa questi luoghi avevano da raccontare e li ho quindi ‘assemblati’ cercando di rimanere fedele a questo genius loci.

Svolgendo questo lavoro di insieme molto dettagliato sulla città di Paperopoli hai notato qualcosa di questo universo che prima non ti era lampante?

Mi è capitato di riflettere sul fatto che per Paperopoli è vero ciò che Albert Camus disse a proposito di Manhattan: “Talvolta, al di là dei grattacieli, il grido di un rimorchiatore ti raggiunge nell’insonnia e ti fa ricordare che questo deserto di ferro e cemento è un’isola”. A Paperopoli, come a New York, la vicinanza del mare, con il suo odore, le sue onde, il suo rumore, non si avverte. Il mare, lungi dall’informare di sé la vita della città, come succede per esempio a Marsiglia, a Napoli o a Barcellona, non compare, se non come sporadico sfondo, salvo saltare fuori quando la storia ne richiede la presenza, in genere sotto forma di banchina portuale da cui salpare in cerca di avventure.

Qual è la struttura più difficile da disegnare?

Sembrerà strano, ma l’edificio che ha presentato più problemi è la casa di Paperino. Tutti i lettori, anche i più distratti, l’hanno vista ritratta in decine di storie, e ciascuno crede di sapere perfettamente come è fatta. Darle una fisionomia plausibile e approfondirne alcuni aspetti restandole fedele, senza tradire quello che il lettore medio si aspetta, è stato un compito meno facile del previsto, anche se molto divertente.

E quella che invece potrebbe essere trasposta nella realtà e anzi, lo meriterebbe?

Chi non vorrebbe poter visitare il deposito di Paperon de’ Paperoni?

Quando vedi altri autori che seguono le coordinate del tuo lavoro che pensieri hai? E quando invece lo stravolgono?

Quando scopro che altri autori hanno preso spunto dalle mie visualizzazioni della città, lo considero un bel segno di apprezzamento per il mio lavoro, e ciò non può che farmi un gran piacere. Detto questo, credo che ogni autore possa e debba sentirsi libero di fornire il proprio apporto alla descrizione e all’arricchimento dell’universo papero, certo rispettando alcuni punti cardine, ma senza l’assillo di dover seguire a tutti i costi un canone rigido. Nessun rischio di ‘stravolgimento’, dunque, in quanto non ritengo che la ‘mia’ Paperopoli sia l’unica possibile.

Che hai pensato quando, a partire da quel lavoro, è stato elaborato un vero e proprio plastico?





Il primo pensiero è stato che il Blasco di otto anni sarebbe impazzito di gioia se avesse potuto vederlo!

Il risultato finale dei modellini degli edifici ti soddisfa?

Ho collaborato alla realizzazione di quasi tutti i modellini, realizzando il disegno che è poi servito come base per la modellazione tridimensionale. In generale, mi ritengo molto soddisfatto, anche se devo confessare che, se avessi potuto studiarli tridimensionalmente e non solo su carta, avrei forse modificato la volumetria di due o tre degli edifici.

Un lavoro del genere è ripetibile anche per Topolinia?

Beh, ‘qualcuno’ disse: “Se puoi sognarlo, puoi farlo!”.

Puoi raccontare la tua esperienza come progettista di parchi? Una Disneyland italiana dove la costruiresti e con quale concept?

È stata un’esperienza lavorativa molto interessante, che mi ha consentito di colmare il gap esistente nella mia esperienza professionale tra architettura costruita e architettura sognata, sperimentando sul campo che anche i luoghi del sogno possono avere una propria concretezza e richiedono un approccio tecnico e pragmatico. Mi piacerebbe si tornasse a parlare del restyling e della riapertura di quello che è stato il primo parco a tema italiano: Edenlandia di Napoli, un luogo della mia infanzia ormai chiuso e in rovina da troppo tempo.

Non sono molti gli autori completi, dovendo scegliere preferisci più sceneggiare o disegnare?

Non considero separati questi due ambiti: le mie sceneggiature sono in forma di storyboard, e già in questa fase inserisco numerose indicazioni compositive e formali che, nella fase seguente, non faccio altro che perfezionare.

Dopo “Il pastore della meraviglia” possiamo aspettarci qualche altra graphic novel? Quali saranno i tuoi prossimi lavori per Disney?

Ho molte storie che aspettano di essere raccontate, disneyane e non. Spero di avere tempo e occasione per tirarle fuori dai cassetti.

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