IL PROCURATORE COMO: ''PER I GIUDICI PROTEZIONE CIVILE RESPONSABILE''L'AQUILA IL GIORNO DOPO: LA RABBIA E LA DELUSIONE DEI CITTADINI

GRANDI RISCHI: LE ASSOLUZIONI INGUAIANO BERTOLASO, VERSO RICHIESTA DI PROCESSO

11 Novembre 2014 08:20

Regione - Cronaca, Video

L’AQUILA – La sentenza di Appello che condanna a due anni il solo ex vice capo della Protezione civile, Bernardo De Bernardinis, assolvendo gli altri sei componenti della commissione Grandi rischi, aggrava la posizione dell’ex capo del dipartimento nazionale di Protezione civile nonché sottosegretario Guido Bertolaso.

Lo fa intendere l’avvocato generale della procura generale della Repubblica, Romolo Como, che nel processo di secondo grado aveva chiesto la conferma della pena di 6 anni di reclusione per i 7 componenti della Cgr.

La sentenza del Collegio presieduto da Fabrizia Francabandera ha disposto sei assoluzioni e una condanna a 2 anni di reclusione, riformando quasi completamente la condanna di primo grado a 6 anni di carcere per omicidio colposo e lesioni colpose nei confronti dei 7 esperti che il 31 marzo 2009 hanno riunito la commissione a 5 giorni dalla scossa del 6 aprile che avrebbe distrutto il capoluogo abruzzese, provocando 309 morti.

Gli assolti sono Franco Barberi, Enzo Boschi, Giulio Selvaggi, Gian Michele Calvi, Mauro Dolce e Claudio Eva.

Bertolaso è indagato in un filone parallelo al processo alla Grandi rischi, nato dopo la diffusione nei giorni del processo di primo grado di una telefonata intercettata con l’allora assessore regionale alla Protezione civile Daniela Stati in cui parlava di “operazione mediatica perché vogliamo rassicurare la gente”.

Proprio Como, nelle prossime settimane, sarà chiamato a chiederne l’archiviazione o il rinvio a giudizio dopo che per ben due volte il pubblico ministero della procura della Repubblica dell’Aquila Fabio Picuti aveva chiesto il proscioglimento, due volte respinto dal gip prima che il fascicolo fosse avocato dalla procura generale che lo ha affidato a Como.

“Devo prima capire come si è arrivati a questa sentenza, leggerò il dispositivo e poi le motivazioni ma devo ritenere questo verdetto collegato a Bertolaso – spiega ora il magistrato – Visto che il collegio ha concentrato le responsabilità sul vice capo della protezione civile De Bernardinis, evidentemente la cattiva informazione è stata ascritta alla Protezione civile e non agli scienziati”.

“Quindi – continua il pg – l’operazione mediatica tesa a rassicurare gli aquilani è stata attribuita non agli scienziati riuniti, ma al dipartimento”.

Como lascia intendere anche che i tempi per il giudizio su Bertolaso si allungano: i giudici hanno 90 giorni per il deposito delle motivazioni. “Voglio valutare tutto, i miei pensieri sono a caldo”, chiude.

L'AQUILA IL GIORNO DOPO: LA DELUSIONE DEI CITTADINI

Una città talmente tramortita da restare quasi anestetizzata.

È l'impressione che lascia L'Aquila il giorno dopo la sentenza in Corte d'appello del processo Grandi Rischi che ha ribaltato l'esito del primo grado assolvendo sei tra scienziati e membri della commissione, e condannato il solo Bernardo De Bernardinis, ex vice capo della Protezione Civile, a due anni con la condizionale.

“Già la città era sonnolenta di suo, ora con questo nuovo colpo in testa reagirà ancora meno”, è il laconico commento dell'avvocato Roberto Madonna, legale di un'associazione cittadina.

Ma è il popolo più minuto che fotografa bene il sentimento vero della città.

“Ormai sono garantisti solo per i delinquenti”, ha infatti detto Adriano, che nel sisma del 6 aprile 2009 ha perso fratello e nipote.

Il gestore del giornalaio davanti a piazza D'Armi ammette che “viviamo giorno dopo giorno senza più aspettarci nulla, le cose vanno sempre in quella direzione. Questa sentenza non starà bene a nessuno”.

Ma è proprio nell'immensità di piazza D'Armi che il popolo aquilano ha timbrato la sua indignazione con un grandissimo striscione, lungo oltre venti metri, appeso nel luogo di maggior passaggio della città. “Grandi Rischi: molte storie ce lo hanno già insegnato… È inutile fare un processo quando è contro lo Stato. Vergogna!”. E sulla presunta 'inutilità' di questo processo torna proprio l'avvocato Madonna quando allargando le braccia prima dice che “questa sentenza si innesta su un sistema come quello di Mogherini e Cucchi. Un fatto in sé magari non dice nulla, ma se inserito in un sistema, qualche cosa significherà, e tutto diventa diverso”.





Il giorno dopo negli ambienti giudiziari aquilani non c'è sconcerto solo per la sentenza in sé. “Il fatto non sussiste, la Corte d'appello non ha detto che non costituisce reato, ha detto che il fatto non c'è, non che non è colposo”, ha infatti commentato l'avvocato Maria Teresa Di Rocco che difendeva le parti civili.

“Manca il nesso di causalità, evidentemente i giudici scriveranno che non è stato dimostrato che con quelle informazioni non c'era motivo di scappare da casa – ribatte l'avvocato Antonio Valentini, uno dei promotori del processo con le sue denunce – ma condannare solo De Bernardinis non riusciamo a capirlo. Sebbene avessi già scritto di aspettarmi questa sentenza, perché non bisognava toccare i forti, qui manca il nesso di casualità”.

“E condannare De Bernardinis a soli due anni mi permette allora – chiude con amara ironia – di andare nella mia prossima udienza dove devo difendere un automobilista che in un incidente ha ucciso una bambina e chiedere di patteggiare per venti giorni”.

STRISCIONE ULTRAS: ''INUTILI PROCESSI ALLO STATO, VERGOGNA!”

“Molte storie ce lo hanno già insegnato… È inutile fare un processo quando è contro lo Stato… Vergogna!”.

Questo lo striscione del gruppo ultras Red Blue Eagles L'Aquila 1978 del capoluogo abruzzese, comparso già ieri notte sulla rotatoria di piazza d'Armi, nella periferia Ovest del capoluogo, dopo la conclusione-shock del processo d'Appello alla commissione Grandi rischi.

Lo striscione polemizza con la sentenza di secondo grado che ha portato a 6 assoluzioni degli scienziati condannati dal tribunale dell'Aquila per omicidio colposo e lesioni colpose con l'accusa di aver rassicurato gli aquilani, e alla condanna ma con pena ridotta da 2 a 6 anni dell'ex vice capo della Protezione civile Bernardo De Bernardinis.

Gli ultras avevano già realizzato uno striscione sulla sentenza d'Appello del processo per la morte del giovane romano Stefano Cucchi, posizionato nella tradizionale location della rotonda al quartiere Torrione, ma quello è stato stracciato da ignoti. (alb.or.)

LA PROPOSTA SU FACEBOOK, ''DOMENICA 23 CORTEO CONTRO LA SENTENZA”

L'Aquila in piazza contro la sentenza d'Appello che ha assolto gli scienziati della commissione Grandi rischi.

Per ora è solo un evento Facebook, ma c'è già una data e un'ora, domenica 23 novembre, e un luogo, piazza Duomo, il cuore della città.

Subito dopo la sentenza shock su molti piazze virtuali è cominciato il dibattito sulla possibilità di un evento pubblico, con posizioni favorevoli ma anche contrarie. (alb.or.)

LE REAZIONI

SELVAGGI (INGV): “MAI SENTITO COLPEVOLE DI OMICIDIO”

“Rispetto il dolore dei familiari delle vittime del terremoto che in aula hanno gridato 'vergogna' alla lettura della sentenza di assoluzione. Io in primo grado ero stato condannato a sei anni per aver provocato la morte dei loro cari, ma non mi sono mai sentito colpevole di omicidio. Una responsabilità della tragedia avvenuta c'è, ma non è la mia. Non auguro a nessuno la sofferenza che ho provato nel processo”.

Così Giulio Selvaggi, dirigente di ricerca dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia ed ex direttore del Centro nazionale terremoti, in un'intervista alla Stampa.

“Questa vicenda ci impone una riflessione sul rapporto tra la scienza e una società che avrà sempre più a che fare con problemi di rischio. La popolazione aumenta e vive in aree pericolose – osserva Selvaggi – Noi scienziati siamo chiamati a svolgere un lavoro che ha riflessi diretti sulle scelte politiche. E di problemi simili ne avremo sempre di più”.

“In un'area ad elevata pericolosità bisogna essere preoccupati sempre, a meno che siamo certi di vivere in una struttura sicura – spiega Selvaggi – È risaputo che le scosse di terremoto non possono essere previste. Dopo ogni evento ci sono sempre le scosse successive di assestamenti ma non prevedibili quanto ad intensità. Quindi non possiamo fare previsioni per il futuro”.





BOSCHI: “ABBIAMO FATTO IL POSSIBILE E L'IMPOSSIBILE”

“Noi sismologi abbiamo fatto tutto il possibile e l'impossibile per indicare l'alta pericolosità sismica dell'Abruzzo”.

Enzo Boschi, presidente dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) all'epoca del sisma aquilano del 2009, ha commentato così la sua assoluzione in appello nell'ambito del processo alla commissione Grandi rischi.

“Abbiamo perseguito tutte le strade possibili – ha aggiunto – fino a ottenere una mappa di pericolosità sismica su scala nazionale. Uno strumento pubblicato non su riviste scientifiche, ma sulla Gazzetta ufficiale”.

Boschi ha ripercorso brevemente le tappe della Commissione. “Ho saputo con esattezza il 30 marzo 2009 alle 19 che l'indomani la Commissione doveva riunirsi all'Aquila – ha ricordato – Io ci sono arrivato preparato insieme a Giulio Selvaggi (ex direttore del Centro nazionale terremoti ndr). Fino al momento di partire siamo stati a preparare le mappe di pericolosità sismica, con tanto di rapporto sulla sicurezza e la distribuzione delle faglie all'Aquila. È questo il compito di un sismologo”.

Boschi ha anche ribadito che la comunicazione è per legge appannaggio della presidenza del Consiglio dei ministri: “C'era una convenzione fra l'Ingv e la Protezione civile per cui la comunicazione veniva affidata alla Protezione civile”.

Più in generale l'ex presidente dell'Ingv ha valutato che “Quando ci sono le vittime a causa di un terremoto la colpa è delle case costruite male e non dell'evento sismico in sé. Bisogna fare prevenzione, bisogna costruire bene le abitazioni per arrivare a fare delle nostre abitazioni un luogo tranquillo dove rifugiarsi, come avviene in Giappone, e non un posto da cui dover scappare”.

GABRIELLI: “CRITICHE DEL PG COMO? AL MITTENTE”

“I giudici giudicano per le prove fornite nel dibattimento che spetta alla pubblica accusa portare: evidentemente, se c'è stato un problema, non è dovuto a un condizionamento esterno ma a quel che è stato portato al giudice”.

Così il capo della Protezione civile, Franco Gabrielli, interviene sulla sentenza della Corte d'Appello dell'Aquila che ha assolto sei dei sette membri della Commissione Grandi Rischi, rideterminando la pena da sei a due anni per il solo De Bernardinis, allora ex vice capo dipartimento.

Gabrielli, in particolare, si riferisce a quanto sostenuto dal procuratore generale Romolo Como che, nella sua arringa di qualche settimana fa aveva “stigmatizzato come un tentativo di disinformazione le mie valutazioni su alcune espressioni contenute nella sentenza di primo grado”.

Critiche che, conclude Gabrielli, “rimando al mittente”

DE BERNARDINIS VA A CONVEGNO SU DISSESTO

L'ex vice capo della Protezione Civile e presidente dell'Ispra, Bernardo De Bernardinis (l'unico tra i membri della Commissione Grandi Rischi condannato ieri a due anni dalla Corte d'Appello dell'Aquila), è intervenuto agli Stati Generali contro il dissesto idrogeologico organizzato dalla struttura Dimissione di palazzo Chigi.

“Stamattina aveva qualche dubbio, vado non vado – ha detto prima del suo intervento – e invece voglio ringraziare il ministro Galletti che mi ha richiamato all'ordine”.

Nel corso del suo intervento De Bernardinis non ha fatto più riferimento alla condanna parlando di allertamento meteo e dei danni provocati dalle alluvioni in questi anni.

“Abbiamo sempre una quota di rischio residuo – ha proseguito – che non potrà mai essere eliminata”.

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