MOBILITAZIONE DAVANTI ALL'EMICICLO: "RITIRARE LA DELIBERA DI GIUNTA, ANCHE I SINDACI SONO CONTRARI". RESTA IL NODO DELLA CACCIA AL CINGHIALE

PARCO SIRENTE: 17 ASSOCIAZIONI VS REGIONE ”NO TAGLIO 8 MILA ETTARI DI AREA PROTETTA”

3 Luglio 2020 14:05

L'Aquila -

L'AQUILA – Undicimila firma, al momento, per dire no al taglio di 8 mila euro protetti del Parco regionale Sirente Velino.

La petizione è stata indetta da un fronte di 17 associazioni che contesta la decisione della Regione: WWF Abruzzo, LIPU, Italia Nostra – Consiglio delle Sezioni d’Abruzzo, Mountain wilderness, Salviamo l’Orso, Ambiente e/è Vita, Altura, Enpa, Cai Abruzzo, Fare Verde Abruzzo, Appennino ecosistema, Federazione Nazionale Pro Natura, FederTrek, Dalla Parte dell’Orso, Gufi – Gruppo Unitario per le Foreste Italiane, Cooperativa Ecotur, Orso and Friends.

La mobilitazione è stata presentata nel corso di una conferenza stampa che si è tenuta davanti a palazzo dell'Emiciclo, sede del consiglio regionale, all'Aquila.

Presenti Giuliano Mellai (Fare Verde), Antonello Santilli (Wwf L'Aquila), Filomena Ricci (delegata regionale Wwf), Stefano Orlandini (Salviamo l'Orso), Gaetano Falcone (Cai Abruzzo), Vincenzo Giusti (Italia Nostra), Laura Asti (Federazione nazionale Pro Natura), Giovanni Damiani (Gufi), Giampiero Cammerini (Altura e Wwf Lazio). 





“Il fronte è compatto con 17 associazioni – ha detto Filomena Ricci, Wwf -. E' partita una petizione, abbiamo raccolto più di 11 mila firme. La Regione vuole proporre un taglio di 8 mila ettari sull'unico Parco regionale, il Sirente Velino. Un Parco che non ha avuto negli anni una gestione brillante: è stato commissariato e lo è ancora dal 2015, in totale ha passato più tempo così che in gestione ordinaria. L'unico Parco che ospita aquile, camosci, orso marsicano. Ci aspetteremmo che la Regione, che si vanta di essere quella “Verde dei Parchi”, avesse un progetto di rilancio per l'area protetta, attraverso il confronto con le popolazioni locali e non tagliando pezzi di territorio protetto. Già è stato fatto in passato: c'è un cuneo di territorio “libero” che entra all'interno dell'area protetta”. 

“Non si capisce come – ha detto Stefano Orlandini – il taglio di una fetta del territorio, fatto senza alcun tipo di logica ecologica, possa cambiare il problema dei danni da cinghiale. Riconosciamo l'emergenza, su cui peraltro si è operato a fine anni '90 con la caccia di selezione e con i “chiusini”, ma in questo caso non si ottiene alcun vantaggio. Non si capisce quale è la logica, se non quella di favori clientelari a pochi cacciatori a cui si riapre il territorio. La riduzione del cinghiale può essere fatta come si fa nel Parco nazionale del Gran Sasso, attraverso le trappole e la caccia e di selezione. Viene a cadere, dunque, una delle principali ragioni per cui si promuove il taglio. Anche la voce di autorizzazioni paesaggistiche più agevoli per le ristrutturazioni non è assolutamente vera. Sappiamo che i sindaci sono in maggioranza contrari al taglio: si facciano sentire e mettano all'angolo qualche facinoroso che fa passare il taglio come una richiesta di tutto il territorio. Per non fare nomi: il sindaco di Fagnano Alto”.

“Sappiamo che l'assessore Imprudente (Lega) – ha incalzato Orlandini -, proprio per non fare una cosa che è datata 2016, ha chiesto ai sindaci una nuova deliberazione comune per dar forza alla decisione. Una richiesta caduta nel vuoto: anche chi era favorevole nel 2016, per esempio Rocca di Mezzo, oggi è contrario. Non si capisce perché si debba fare una cosa per inerzia.  Noi non siamo talebani, se ci sono da fare aggiustamenti non c'è problema, ma a seguito di studi scientifici e per mantenere una continuità ecologica. Non sono tanto gli 8 mila ettari tagliati, ma il come viene fatto, in maniera vergognosa”. 

” La valorizzazione – ha detto Gaetano Falcone – va fatta non solo per quanto concerne la questione dei cinghiali, l'attenzione va posta ai servizi, ai trasporti, alle farmacie, agli uffici postali”. 





“La aree protette – ha concluso Antonello Santilli – sono una ricchezza per i territori montani che altrimenti rimarrebbero fuori dalla logica dei servizi. I Parchi devono essere tutelati, non eliminati o ridotti”.

Le associazioni hanno spiegato che nella delibera di approvazione della nuova perimetrazione si afferma che “la modifica dei confini, così come proposta dai Comuni, non incide sulle peculiarità ambientali e naturalistiche del territorio, che gode comunque delle tutele previste dalle misure di conservazione generali e sito-specifiche per le Zone Speciali di Conservazione (ZSC) e per la Zona di Protezione Speciale (ZPS), ricadenti nel territorio del Parco”. “Non c’è nessuna evidenza scientifica – dicono le associazioni – che possa confermare una tale affermazione. Anche perché se in un territorio vengono istituiti Siti di interesse comunitario come quelli citati, vuole dire che c’è la presenza di specie e habitat di interesse conservazionistico. Una tale decisione poi crea anche una confusione normativa in quanto per realizzare azioni all’interno di Zsc e Zps sarà comunque necessario effettuare la procedura di Vinca, ma ai cittadini si va a togliere il ritorno in promozione e compensazione dello stare all'interno di un parco ben gestito.

Quello che cambia è il regime venatorio, nei Sic, nelle Zps e nelle Zsc l’attività venatoria, seppure con alcune limitazioni, è consentita. Di fatto, l’azione della Regione avrà come risultato quello di aprire alla caccia territori che oggi ne sono esclusi perché compresi nel Parco, pensando in tal modo di risolvere il problema dei danni all’agricoltura, di migliorare le condizioni degli imprenditori agricoli danneggiati dai danni da cinghiale, come si legge nella relazione che accompagna la proposta di legge”.

“Perché invece di pensare alla riduzione del perimetro non si è agito per risolvere queste criticità? – ha detto il cartello di associazioni – L’attuale giunta ha oggi la possibilità di ribaltare questo percorso di mala gestione, per questo le associazioni chiedono che venga ritirata la delibera che approva la riperimetrazione del Parco regionale, che si apra un confronto con tutti i portatori di interesse e in particolare con le associazioni che sono portatrici di un interesse comune e non di parte, che si ascolti la voce degli oltre 11 mila firmatari che chiedono un rilancio e una nuova gestione del Parco regionale. La politica regionale non ha mai investito con serietà su questo Parco, oggi da questo scontro può nascere un rilancio dell’area protetta, a partire dalla scelta delle figure apicali, come un presidente di profilo nazionale capace di dare al nostro Parco il giusto posto che merita tra le aree protette nazionali”.

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