ROMA – Le persone con fibrosi cistica in Italia sono state protette con un ‘effetto scudo’ durante l’emergenza Covid-19. Da febbraio a luglio 2020, come spiegato oggi in occasione di una conferenza stampa per la Giornata Mondiale della Fibrosi Cistica, 21 pazienti sono risultati positivi al Sars-Cov-2. Un numero contenuto, frutto dell’attenzione sempre alta a proteggersi e del ricorso alla telemedicina che ha ridotto al minimo gli spostamenti. Ma, per loro l’autunno che arriva è denso di dubbi e paure: per loro, infatti, il coronavirus rappresenta un rischio doppio perché attacca proprio le vie respiratorie, già danneggiate dalla malattia genetica.
“La paura di una possibile carenza di farmaci è molto forte. Problemi nella disponibilità non ci sono e, se ci saranno problemi di consegna, lo gestiremo insieme – rassicura Gianna Puppo Fornaro, presidente della Lega Italiana Fibrosi Cistica (Lifc).
Le terapie vanno proseguite anche nel caso in cui il paziente si ammala di Covid, e in caso di ricovero ci sarà massima collaborazione tra il proprio Centro di cura e il reparto.
Per la mascherina sarebbe bene che ogni paziente si rivolgesse al proprio medico per decidere insieme quella con le caratteristiche più adatte, mentre, aggiunge, “niente panico rispetto alle forniture: ci saranno rifornimenti di mascherine e in caso di carenza potrà intervenire la Lega”.
Questi pazienti saranno una categoria privilegiata quando arriverà il vaccino anti Covid ma intanto gli esperti raccomandano a loro e alle famiglie di fare il vaccino contro influenza e pneumococco il prima possibile. Per chi frequente la scuola, sarà sufficiente un documento del Centro di cura per ottenere, qualora il paziente lo richieda, la didattica a distanza integrale.
“A chi vorrà seguire le lezioni però – ha concluso senatrice Paola Binetti, presidente dell’Intergruppo sulle malattie rare – dovrà esse garantita massima sicurezza. Così come a chi lavora deve essere garantita la prosecuzione dello smart working”.
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