COVID: DE LUCA CHIEDE LOCKDOWN, GUERRIGLIA URBANA A NAPOLI, FUMOGENI CONTRO REGIONE

23 Ottobre 2020 23:09

Italia - Cronaca, Politica, Sanità

NAPOLI – Scene di guerriglia urbana a Napoli, in via Santa Lucia, davanti al palazzo della Regione Campania.

I manifestanti scesi in piazza contro le restrizioni anti Covid, tutti con il volto coperto dalle mascherine, sono riusciti a superare lo sbarramento delle forze dell’ordine e ora in centinaia stanno lanciando petardi e accendendo fumogeni davanti al palazzo mentre le forze dell’ordine rispondono con un fitto lancio di lacrimogeni.

Dal corteo anche bottiglie di vetro contro il muro degli agenti, un centinaio, in tenuta antisommossa.

Uno dei razzi dei manifestanti è finito in mezzo ai curiosi che su via Santa Lucia assistevano alla scena.

Il corteo, che all’inizio contava qualche centinaio di persone, si è ingrossato ulteriormente lungo il percorso, e ha trovato uno sbarramento di forze dell’ordine sul lungomare, all’altezza dell’incrocio con via Santa Lucia hanno cominciato a lanciare bombe carta e fumogeni verso le forze dell’ordine colpendo anche una camionetta dei carabinieri.

I manifestanti hanno cominciato a correre verso la sede della Regione, e contro di loro c’è stato un fitto lancio di lacrimogeni da parte delle forze dell’ordine.

Centinaia di persone si sono radunate in Largo San Giovanni Maggiore, a Napoli, davanti alla sede dell’Università Orientale per protestare contro il coprifuoco e la prospettiva di lockdown.

I manifestanti, autoconvocatisi sui social, hanno mostrato uno striscione con la scritta “Tu ci chiudi, tu ci paghi”, attaccando il governatore campano Vincenzo De Luca e il governo Conte con cori di protesta.

Sono anche stati accesi dei fumogeni.

“A salute è a prima cosa ma senza soldi non si cantano messe”, recita un altro grande striscione.

“Siamo ad un passo dalla tragedia, serve un lockdown nazionale”: con i contagi Covid che superano i 19mila casi in un giorno, il presidente De Luca rende esplicito il pressing che arriva anche dagli scienziati e da pezzi della maggioranza affinché il governo metta in campo un intervento drastico per fermare l’impennata della curva epidemiologica.

Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che deve fronteggiare anche l’attacco di Matteo Renzi sulla gestione dell’emergenza, per il momento dice no: “dobbiamo scongiurare un secondo lockdown generalizzato”.

Ma il premier sa che il tempo stringe e che saranno necessarie nuove misure.





Quali, è l’argomento delle riunioni di queste ore anche sulla base dell’allarme che arriva del monitoraggio settimanale del ministero della Salute e dell’Istituto superiore di Sanità: “la situazione è grave vanno limitati i contatti, la popolazione resti a casa quando possibile. Servono restrizioni di attività non essenziali e della mobilità”.

La linea del governo resta quella ribadita anche oggi dal premier: “dobbiamo contenere il contagio puntando a evitare l’arresto dell’attività produttiva e lavorativa, la chiusura degli uffici pubblici, come la chiusura delle scuole”.

Le ipotesi sul tavolo sono dunque diverse e una decisione non è stata ancora presa: si va da un coprifuoco generalizzato che potrebbe essere anticipato al tardo pomeriggio a chiusure “a tempo”, da un minimo di due settimane a un mese, fino al divieto di spostamento tra le regioni.

L’ennesima giornata convulsa nei palazzi della politica inizia con lo show via Facebook del governatore campano.

“Dobbiamo chiudere tutto e dobbiamo decidere oggi, non domani. Dobbiamo chiudere per un mese, 40 giorni e poi si vedrà, senza soluzioni drastiche non possiamo reggere” dice De Luca che tra sabato e domenica potrebbe firmare l’ordinanza che chiude la regione.

“Nel giro di pochi giorni rischiamo di avere le terapie intensive intasate”.

Sulla stessa linea si muovono anche gli scienziati, ormai da diversi giorni.

Un centinaio tra professori universitari, ricercatori ed esperti hanno scritto direttamente al presidente della Repubblica Sergio Mattarella per chiedere “misure drastiche nei prossimi 2 o 3 giorni” e Giorgio Parisi, fisico dell’università La Sapienza di Roma avverte: “senza misure forti tra due settimane le morti potranno superare le 400”.

Allarme anche dagli anestesisti secondo i quali entro 15 giorni ci sarà un raddoppio dei ricoveri in terapia intensiva e quello sarà il “punto di rottura”.

La linea di De Luca resta al momento isolata tra i governatori e anzi viene contrastata apertamente da Attilio Fontana.

“Un secondo lockdown sarebbe insopportabile per il paese, rischieremo di non essere in grado di risollevarci” sostiene il governatore lombardo chiedendo comunque “sacrifici” ai cittadini.

Anche il presidente della Conferenza Stato Regioni Stefano Bonaccini frena affermando che sul no ad un nuovo lockdown c’è “uniformità di vedute” tra governo e regioni e il ministro Teresa Bellanova ribadisce la posizione di Italia Viva: un coprifuoco nazionale provocherebbe “ripercussioni pesantissime sulla vita delle persone e dell’intero sistema produttivo che il paese non si può permettere”.

Posizione ben più morbida di quella di altri ministri, Roberto Speranza e Dario Franceschini su tutti, che da giorni spingono per misure più dure.





E il premier deve fare i conti anche con le prime crepe nella maggioranza.

“C’è qualcosa che non va nella gestione dell’emergenza – dice esplicitamente Renzi – chiederemo conto nelle sedi opportune di queste lacune, ora lavoriamo”.

Parole non molto diverse da quelle di Luigi Di Maio.

“Alcune cose non vanno, penso alle file di 8-10 ore ai drive in. Su questo, come su altri aspetti, il governo deve lavorare duramente”.

Né il leader di Iv né il ministro degli Esteri fanno nomi, ma il bersaglio è chiaro: il ministro Speranza.

A dare una sponda a Conte è Nicola Zingaretti, invitando alla “responsabilità collettiva” e sottolineando la necessità di “collaborare” tutti insieme per “sbarrare ogni possibile strada” al virus.

Nelle prossime ore l’Italia supererà un’altra soglia psicologica, quella dei 20mila casi in un giorno.

Ed è molto probabile che dopo quel numero si deciderà come intervenire.

Intanto Conte ha visto a palazzo Chigi il commissario per l’emergenza Domenico Arcuri, per fare il punto della situazione e capire come poter supportare al meglio gli ospedali che potrebbero andare in sofferenza: nei magazzini ci sono infatti altri 1.300 ventilatori polmonari che possono essere distribuiti alle regioni in caso di necessità.

E in attesa delle nuove misure, le Regioni continuano ad andare in ordine sparso.

Con Piemonte e Calabria, che si aggiungono a Lazio, Lombardia e Campania, salgono a cinque le regioni che hanno stabilito il coprifuoco dalle 23 o 24 alle 5 del mattino successivo.

E sabato sarà la volta della Sardegna.

Si continuano a muovere anche i sindaci, come quello di Roma Virginia Raggi che ha firmato un’ordinanza che prevede per i minimarket il divieto di vendita di alcolici dalle 21 alle 7 nei fine settimana mentre a Palermo è scattato il divieto di sostare in strada dalle 21 fino alle 5 nelle zone della movida.

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