COVID: DIPENDENTE ASL TERAMO NON VACCINATA VINCE RICORSO AL TAR CONTRO SOSPENSIONE SENZA STIPENDIO

4 Maggio 2022 08:18

Teramo - Sanità

TERAMO – Il Tar Abruzzo ha dato ragione a una dipendente della Asl di Teramo che era stata sospesa senza stipendio dalla azienda stessa perché aveva scelto di non vaccinarsi contro il Covid-19 nonostante l’obbligo: la dipendente, grazie al ricorso al Tribunale ammnistrativo regionale firmato dall’avvocato Eugenio Galassi di Teramo, ha ottenuto il diritto all’assegno alimentare, per un importo pari alla metà del suo normale trattamento retributivo.

In sintesi, spiega ad AbruzzoWeb il legale della dipendente Asl, “Il Tar ha sancito che la sospensione senza stipendio dei lavoratori collide con i principi costituzionali”. La sentenza, la prima in Italia con un profilo simile, è già stata pubblicata su riviste nel campo della giurisprudenza.





“La mia assistita – continua l’avvocato Galassi – era stata sospesa dal 1° gennaio 2022 senza stipendio. Da parte nostra, abbiamo quindi deciso non di impugnare la sospensione in sé, evitando in tal modo di andare contro un principio di diritto specifico addirittura legislativo, bensì la violazione del principio costituzionale relativo al trattamento stipendiale che deve essere comunque garantito in caso di sospensione”.

“Il Tar è stato netto fin sa subito – spiega quindi il legale teramano –. Nonostante la strenua difesa della Asl, che tra l’altro si è affidata a due avvocati milanesi del noto studio legale Deloitte, e il tentativo, sempre da parte della Asl, di agire sulla competenza del caso che però non poteva essere del giudice del lavoro, ma della pubblica amministrazione”.

“La scelta di andare a toccare le ‘corde’ economiche, che poi sono quelle da tutelare, anziché puntare al ‘muro contro muro’ con la legge, si è rivelata vincente. E il Tar non ha potuto far altro che darci ragione”, conclude Galassi.





E lo scorso 28 aprile il Tribunale ordinario di Padova, Sezione Lavoro, ha accolto il ricorso di una lavoratrice nel settore sociosanitario che era stata sospesa dal lavoro e dalla retribuzione per non essersi sottoposta al vaccino anti-Covid.

La lavoratrice – spiega l’avvocato e giurista Giuseppe Palma, in un articolo scritto insieme a Paolo Becchi per NicolaPorro.it – aveva presentato ricorso in via cautelare al Tribunale di Padova chiedendo, dopo aver dimostrato la sussistenza del fumus boni iuris (le ragioni di buon diritto) e del periculum in mora (il grave pregiudizio ai suoi diritti derivante dal provvedimento impugnato), la reintegrazione sul posto di lavoro.

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