COVID: MENO INFEZIONI OSPEDALIERE MA ANTIBIOTICI RENDONO BATTERI RESISTENTI

24 Settembre 2020 18:35

Italia - Sanità

ROMA- La pandemia di Covid-19 si intreccia con l’emergenza legata all’antibiotico-resistenza.

La maggiore attenzione all’igiene indotta dalla pandemia sta aiutando a controllare il fenomeno delle infezioni in corsia, che ogni anno provocano 16 milioni di ricoveri in Europa.

Ma, allo stesso tempo, proprio un eccessivo uso di gel antibatterici e antibiotici contro il coronavirus può provocare, in futuro, un aumento di batteri resistenti.

In Italia ogni anno si stimano circa 200.000 infezioni provocate da “superbatteri” e spesso vengono contratte in corsia da pazienti già debilitati, uccidendone circa 10.000.





Quella delle infezioni ospedaliere “è stata in passato un’epidemia tenuta sottotraccia” ma “la prevalenza tra i ricoverati è di circa l’8%, e può andare, a secondo del reparto, dall’1-5% al 23%”, ricorda Gianni Rezza, direttore generale della Prevenzione Ministero della Salute, intervenendo al web congress organizzato dalla Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli Irccs.

A causare tutto ciò, in passato, un eccessivo e poco attento uso di antibiotici, che ha selezionato e fatto proliferare i batteri più resistenti, come l’Eschirichia coli resistente a cefalosporine o lo Stafilococco aureus resistente alla meticillina.

Tra le conseguenze del Covid per la salute pubblica, vi è anche quella di contribuire ad aumentare questo problema.

“Oltre il 90% dei pazienti Covid ricoverati ricevono antibiotici ed è chiaro che un uso così importante potrebbe portare a un’ulteriore aumento della resistenza”, sottolinea il presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, Silvio Brusaferro.

Sempre Brusaferro, alcuni mesi fa, aveva messo in guardia dal rischio collegato “all’utilizzo eccessivo di antibatterici”, che pure stanno contribuendo, nel breve periodo, a ridurre le infezioni in corsia.





“Con l’igienizzazione frequente delle mani imposta per evitare la diffusione di contagi Covid, abbiamo registrato un crollo dei fenomeni di infezioni ospedaliere e questo costituisce un elemento cardine per contrastare il fenomeno”, spiega Marco Elefanti, direttore generale del Gemelli.

Tuttavia, osserva Patrizia Laurenti, professore associato di Igiene all’Università Cattolica, “l’elevato impatto ambientale dei disinfettanti chimici, l’effetto biocida che si esaurisce in fretta e il possibile sviluppo di resistenza ai biocidi, sono fattori che ci impongono di andare oltre il metodo di sanificazione basato sullo sterminio dei patogeni”.

Un’arma in più in questo senso arriva da un metodo innovativo di sanificazione degli ambienti ospedalieri, tutto italiano, e basato sul ripristino di una equilibrata competizione tra batteri “buoni” e “cattivi”.

L’efficacia del Pchs è stata valutata in alcune stanze del Policlinico Gemelli: dall’analisi della carica batterica di campioni prelevati si è visto che, dopo la sanificazione, quella dei patogeni rimane bassa e, allo stesso tempo, non si rischia di sterminare tutti i batteri lasciando campo libero solo ai più pericolosi.

“Mi auguro – conclude Walter Ricciardi, ordinario di Igiene alla Cattolica e direttore scientifico del congresso – che da qui parta un controffensiva, in grado di mettere a disposizione uno strumento potenzialmente importante, non solo per l’Italia ma anche all’estero”.

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