MILANO – Silvio Brusaferro, presidente dell’Istituto superiore di sanità e altri, tra cui componenti del Cts e dirigenti ministeriali, indagati per epidemia colposa assieme anche ad Attilio Fontana e Giuseppe Conte, avevano “a disposizione”, almeno dal 28 febbraio 2020, “tutti i dati” per “tempestivamente estendere” la zona rossa anche alla Val Seriana. Erano contenuti nel “Piano Covid elaborato da alcuni componenti del Cts coordinati dal prof. Stefano Merler“. Documento che “già prospettava” lo “scenario più catastrofico per l’impatto sul sistema sanitario”.
Lo scrive la Procura di Bergamo nell’avviso di chiusura indagini.
Il direttore dell’Iss Brusaferro, nonostante le raccomandazioni e gli alert lanciati dall’Oms a partire dal 5 gennaio 2020 avrebbe proposto “di non dare attuazione al Piano pandemico, prospettando azioni alternative, così impedendo l’adozione tempestiva delle misure in esso previste”, scrivono ancora i pm.
Solo il 2 marzo del 2020 nel corso di un incontro con l’allora Presidente del Consiglio, il Comitato Tecnico Scientifico aveva evidenziato “la necessità di ‘misure di limitazione di ingresso e uscita oltre che distanziamento sociale'”, ossia di istituire una zona rossa, nei comuni di Alzano Lombardo e Nembro, zona che poi non venne istituita.
“In cooperazione colposa” e assieme ad altri indagati, Conte e il ministro della Salute Roberto Speranza, per i quali si procede separatamente per la competenza del Tribunale dei Ministri, “cagionarono per colpa” la morte di un alcune decine di persone i cui nomi vegono elencati nell’avviso di chiusura delle indagini della Procura di Bergamo. I presunti reati si riferiscono al periodo tra il 26 febbraio e il 5 maggio del 2020.
E ancora: “Il Governatore lombardo Attilio Fontana avrebbe causato “la diffusione dell’epidemia” in Val Seriana con un “incremento stimato non inferiore al contagio di 4.148 persone, pari al numero di decessi in meno che si sarebbero verificati” se fosse stata “estesa la zona rossa a partire dal 27 febbraio 2020”.
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