L’AQUILA – “Quando il coniglio esce dalla tana… pum… pum… pum…!”, con tanto di gesto mimato dello sparo con il fucile. E ancora, “Io ti distruggo, io non ti faccio vivere”.
Erano di questo tenore, secondo il pubblico ministero del tribunale di Roma Giuseppe Deodato, le minacce che il rettore dell’Ateneo aquilano Ferdinando Di Orio esercitava sul prof dello stesso Ateneo Sergio Tiberti per pressarlo a consegnargli denaro e altre regalie.
Questo e altri dettagli spuntano nella richiesta di rinvio a giudizio per concussione presentata dal pm nei confronti di Di Orio e accolta dal giudice del tribunale di Roma Maddalena Cipriani, che ha fissato il processo per il prossimo 1° ottobre. Sarà il terzo processo in quei giorni con il rettore come imputato.
Va precisato che si tratta di circostanze riferite dallo stesso Tiberti nella sua denunce e nelle successive deposizioni: circostanze confermate nel corso delle indagini, i cui riscontri si basano tra l’altro su una serie di testimonianze.
Anche se saranno i tre gradi di giudizio a dare una parola definitiva sulla colpevolezza del rettore, per ora sia il pubblico ministero, sia il giudice per le udienze preliminari hanno mostrato le idee chiare sulla brutta vicenda che ha diviso rettore e professore, in passato molto amici.
Tra le pagine spuntano tutti i dettagli della presunta concussione, da 141.737 euro, portata avanti “negli anni dal 2001 al 2009”. Quattrini ma non solo, anche automobili complete di assicurazione, vacanze e abiti sartoriali.
In particolare il pm ravvisa “assegni tratti sui conti correnti della Sma Srl della quale il Tiberti era procuratore relativi al pagamento di consulenze pretese dal Di Orio e conferite dal Tiberti; assegni tratti sul conto corrente personale del Tiberti”.
Si elenca poi il “pagamento dell’autovettura Kia Picanto”, e “la differenza di prezzo necessaria per sostituire tale autovettura resa dal Di Orio al concessionario con l’autovettura Citroen C2”, nonché la “rata di premio per l’assicurazione Rca”.
Infine, “rimborso spese per fatture relative a un soggiorno del Di Orio a Napoli (albergo e ristorante)” e anche “pagamento di fattura relativa ad abiti sartoriali ordinati dal Di Orio e pagati dal Tiberti”.
Si tratta del terzo processo ai danni dell’ex senatore, già imputato all’Aquila, udienza il 3 ottobre, per abuso d’ufficio (assieme ad altri due) nell’ambito dell’inchiesta sui maxi affitti dei capannoni per ricollocare le facoltà distrutte dal terremoto, e per diffamazione aggravata, udienza anche questa il 1° ottobre, nei confronti dello stesso prof Tiberti.
Il tutto va inquadrato nel contesto delle elezioni per il nuovo rettore, che resterà in carica per 6 anni, fissate il prossimo 30 maggio. Di Orio, dopo due mandati, non si può ricandidare ed è a caccia del ‘delfino’ che porterà avanti le sue linee di governance degli ultimi 9 anni.
Dall’altro lato, gli ‘oppositori’ del rettore al termine di almeno un biennio di aspra battaglia legale e mediatica avranno l’opportunità di rovesciare il quadro assumendo una posizione di dominio e cercheranno di dare battaglia fino alla fine anche se ancora non c’è un candidato unitario avverso ai dioriani. Alberto Orsini
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