“DIAGNOSI SBAGLIATA SU UN BIMBO”: PERIZIA DEL TRIBUNALE INGUAIA L’ASL AQUILANA

di Gianpiero Giancarli

4 Marzo 2024 08:33

L'Aquila - Cronaca, Sanità

L’AQUILA – I genitori di un  bimbo hanno chiesto i danni  all’Asl dell’Aquila in seguito  a un presunto caso di malasanità che, per fortuna non produrrà danni permanenti  al piccolo dopo un intervento risolutore eseguito al  policlinico Gemelli di R0ma.  Ma la perizia disposta dal giudice sembra dare  ragione ai ricorrenti rilevando, quindi,  possibili errori dei medici ospedalieri. L’ipotetico risarcimento sarebbe comunque limitato visto che i danni biologici non sono permanenti.

Questa la sequenza dei fatti. Subito dopo  il parto, 2 anni fa, la madre  ha notato una  presunta conformazione del cranio anomala ma i  medici del Presidio Ospedaliero di L’Aquila, rassicurandola,    hanno sostenuto che il problema si sarebbe risolto con la crescita del piccolo e con terapie di fisioterapia; la madre, dubbiosa da quello che le era stato  detto dai medici,  si è rivolta al  pediatra che, a fronte delle perplessità,  ha invitato  i genitori del piccolo a confrontarsi con la fisioterapista dell’Ospedale. Costei  ha diagnosticato  una plagiocefalia, nello specifico dolicocefalia, condizione benigna di natura posturale, problema che si poteva risolvere con delle sedute di fisioterapia e accorgimenti, quale cuscino ortopedico.





Nel luglio 2022 il piccolo  ha iniziato la prima seduta di fisioterapia, ma nonostante sedute di fisioterapia e  i vari accertamenti,  i genitori  erano ancora  dubbiosi  sulla analisi fatta dai medici dell’Ospedale di L’Aquila, decidendo poi di portare il bambino al  Policlinico Gemelli di Roma, struttura di eccellenza nel trattamento di patologia cranica.

Il piccolo  è stato visitato da Luca Massimi, medico specialista in neurochirurgia e craniosinostosi, idrocefalia e malformazioni di crani; il professore consigliò  un intervento chirurgico poiché le fontanelle del cranio si erano precocemente chiuse, con una compressione cranica, che poteva portare il piccolo a gravi conseguenze visive, gravi ritardi fisici, disturbo nella deglutizione, per non parlare dell’impatto psicologico del piccolo dovuto al fattore estetico.

Egli avrebbe confermato ai genitori, secondo quanto sta scritto nel ricorso, che la diagnosi effettuata dall’Ospedale dell’Aquila, non era corretta e che se l’intervento fosse stato effettuato quando il piccolo aveva tre-quattro mesi, certamente sarebbe stato meno invasivo perché sarebbero bastati semplici micro tagli del cranio, piuttosto che asportare l’osso centrale del cranio e si sarebbe evitata la trasfusione.





Il Tribunale dell’Aquila, in contraddittorio tra le parti, ha nominato  un collegio di medici i quali, all’esito dei vari accertamenti clinici, hanno concluso  nel settembre 2023 per una responsabilità della ASL “per non aver immediatamente indirizzato il piccolo ad osservazione neurochirurgica nè alla nascita nè alle successive ecografie del luglio e settembre 2022 e questo ha comportato indubbiamente un ritardo diagnostico dell’affezione. Dunque è possibile identificare per il ritardo diagnostico dei sanitari che non indirizzavano il periziato ad approfondimenti ulteriori, un danno biologico temporaneo di 217 giorni al 15%.”

Ora è tutto nelle mani del giudice, nella veste di “peritus peritorum” che deciderà   pure  sulla scorta delle relazioni di diverso segno  delle controparti sull’esito del ricorso presentato dai legali  Nicola Lely e Francesco Alfonsi per conto della famiglia del bambino con contestazioni ancora tutte da dimostrare,

Non è stata fatta la causa penale, scelta sempre più condivisa nella colpa medica,  a fronte della larga messe di assoluzioni, circa il 97 per cento a livello nazionale,  al punto che si parla di depenalizzazione. E le assoluzioni vengono poi esibite nel giudizio civile per alleggerire le posizioni dei professionisti oggetto dei ricorsi e della azienda sanitaria chiamata in causa direttamente.

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