DIEGO CAJELLI, COSI’ PORTO DAMPYR A L’AQUILA ”UNA STORIA TRA IL FANTASY E LA CRONACA”

di Sara Ciambotti

3 Febbraio 2013 10:08

L'Aquila -

L'AQUILA – Raccontare la realtà su un foglio, all'interno di una griglia, sceneggiare dialoghi ascritti nei baloon. È questo il lavoro di Diego Cajelli.

Nato a Milano ma cittadino del mondo, attraverso la sua passione diventata poi una professione, Diego ha scritto alcuni albi di Demon Hunter e poi la fortunata serie Pulp Stories. Firma di punta della Sergio Bonelli Editore, ha sceneggiato il fumetto Napoleone e successivamente alcuni numeri della serie Dampyr, Legs Weaver e Zagor.

È di questi giorni l'uscita dell'albo numero 155 di Dampyr, ambientato nell'Aquila post-sisma e nell'ormai nota zona rossa.

Per oggi AbruzzoWeb non parlerà della sua vita da ragazzo di strada, né della sua passione per i film poliziotteschi, ma racconterà la nascita, crescita e sviluppo del lavoro di un fumettista.

E anche i mal di pancia che ha un italiano come molti di fronte alla gestione di una tragedia che ha colpito una città come L'Aquila.

Chi ha pensato di ambientare questo numero di Dampyr all'Aquila?

È stato Mauro Boselli, creatore del personaggio e curatore della testata a suggerirmi l'ambientazione aquilana. Mi ha guidato nella scrittura della sceneggiatura, spronandomi a scrivere nel modo più “libero” possibile, collocando gli eventi nella realtà, muovendo critiche e facendo commentare ai personaggi la situazione. Ci tengo a dire che per il fumetto italiano da edicola, è una cosa rara aprire a riflessioni quasi giornalistiche.





Come ha fatto a districarsi tra i vicoli aquilani, le fontane, le piazze e i castelli? L'ha aiutato qualcuno del posto?

Boselli era molto convinto della validità di questa storia, al punto di andare all'Aquila di persona, e scattare una serie di fotografie che sono servite come documentazione per questo albo. Poi abbiamo usato tanto Internet e io ho fatto qualche domanda ai miei contatti locali.

Quanto c'è di invenzione e quanto di reale in questo numero?

Dampyr è una serie horror sovrannaturale. La componente fantastica è una delle colonne portanti del personaggio. L'uso delle tematiche horror in Dampyr è sempre basato sui miti, le leggende e il folklore mondiale. Ho studiato quelli che erano i principali miti e misteri legati all'Aquila, e li ho trasformati e adattati alle esigenze del racconto. Per cui si potrebbe dire che la componente fantastica è stata collocata in un teatro degli eventi reale. Scoprire L’Aquila dei templari, della “doppia Gerusalemme”, o le leggende legate ai “ritornanti” abruzzesi sono state per me vere sorprese. Pane per i denti di uno scrittore horror!

Come fa un disegnatore a riprodurre gli ambienti di una città? In questo caso, come ha fatto Fabrizio Russo a rappresentare così fedelmente alcuni luoghi cuore della città e, ahimè, della zona rossa?

Fabrizio Russo è un disegnatore estremamente realistico, quasi fotografico. Lavoriamo fianco a fianco nello stesso studio. Abbiamo usato tantissima documentazione fotografica. La difficoltà maggiore è stata “aggiornare” le immagini. Infatti, durante la lavorazione dell'albo alcune aree sono state sistemate e Fabrizio ha dovuto correggere i disegni.

Ci sarà un seguito nel capoluogo abruzzese?

Mai dire mai!





È il primo numero che scrive sull'Aquila?

Sì. In precedenza ho scritto un albo simile, ambientato in Italia, sempre basandomi sulla mitologia locale. Dampyr andava al parco dei mostri di Bomarzo (Viterbo, ndr).

È mai stato in città? Che ne pensa della situazione che stiamo vivendo e che purtroppo ha sempre meno risonanza mediatica?

Purtroppo non sono mai stato all'Aquila! Spero di rimediare prima o poi! Personalmente, sono indignato per come è stata gestita la vostra situazione e per come siete stati trattati.

Ha viaggiato molto, è appassionato di politica, facendo un mix dei due aspetti, quali sono stati gli errori nella gestione “mediatica” del dramma, che ha fatto sì che ormai non se ne parli più?

Sono molto pessimista nei confronti del mio Paese. Dal mio punto di vista il problema non è soltanto “mediatico”, ma coinvolge tutto il sistema, parte dalla politica, passa per i media, attraversa gli interessi della finanza, arriva ai tristi intrallazzi tipici della mentalità italica. Però, e lo dico con la morte nel cuore e un biglietto di sola andata per l’estero quasi in tasca, la maggioranza dei nostri compatrioti segue quel tipo di schema. La “casta” dei politici non è formata da individui distaccati dalla realtà, anzi, rappresentano alla perfezione la maggioranza del paese reale. Per cui c’è poco da fare. A parte spezzare questo rapporto da “Sindrome di Stoccolma” che ci lega ancora a questa penisola, e ci fa sperare che forse, prima o poi, le cose cambieranno. Certo che cambieranno. In peggio.

Verrà mai a trovarci?

Mi piacerebbe, tutto sta nel riuscire a organizzarsi!

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