L’AQUILA – La valutazione dei dirigenti e dipendenti della giunta regionale abruzzese, da cui dipende il premio di produzione annuale, evidenzia ancora una volta “un grado di differenziazione dei punteggi assegnati pressoché nullo”, visto che “tutti i 63 dirigenti, tutte le 290 posizioni organizzative e tutti i 1.335 dipendenti, ad eccezione di una sola unità, si sono collocati nella fascia di merito più elevata”. Con il massimo dei voti che valgono il massimo dell’indennità di risultato, una delle tre voci dello stipendio, assieme alla retribuzione base e quella di posizione.
A denunciarlo è la Sezione regionale della Corte dei conti, in un passaggio della relazione illustrata giovedì scorso dal presidente, Stefano Siragusa, incentrata sul rendiconto del 2019 della Regione Abruzzo, che ha avuto come esito la sospensione della valutazione in attesa del giudizio di costituzionalità della norma dello Stato che ha permesso il piano di rientro ammortizzato in 20 anni, anziché 1o anni, utilizzato dalla stessa Regione Abruzzo al pari di altre Amministrazioni regionali italiane.
Giudizio che ha preso atto dei progressi della Regione nel processo di riallineamento dei rendiconti, ovvero nel far quadrare e certificare nelle voci in entrata e in quelle di uscita del bilancio, dopo una corsa contro il tempo per recuperare l’arretrato, accumulato a partire dal 2013.
Ma ci sono anche passaggi molto duri come quello, già illustrato da Abruzzoweb, sullo stato dell’arte delle 52 partecipate, dove la Corte ha puntato il dito sull’eccesso di consulenze in Abruzzo engineering, sui disavanzi pesantissimi del Centro agroalimentare regionale La Valle della Pescara, del Consorzio di bonifica interno bacino Aterno e Sagittario e del Consorzio di Ricerca Unico d’Abruzzo (Crab), sui debiti dell’Azienda regionale delle attività produttive (Arap), che hanno superato i 49 milioni, sulla lentezza delle liquidazioni e razionalizzazioni.
C’è poi un altro passaggio al vetriolo nella requisitoria del Procuratore regionale Antonio Giuseppone, che mette nel mirino le maniche oltremodo “larghe” con cui l’organismo interno di valutazione, l’Oiv, ha ancora una volta giudicato le performance di dirigenti, funzionari e dipendenti, attribuendo a tutti, come avvenuto nel resto negli anni precedenti, il massimo dei voti, nella fascia di eccellenza che va dagli 81 ai 100 punti, che comporta un premio annuale di 14.868 euro per i dirigenti, 2.043 per i funzionari, e 4.676 euro per i dipendenti, come si può leggere nella scheda pubblicata nella sezione “Amministrazione trasparente” del sito della Regione, relativa all’ultima annualità consolidata ed erogata, quella del 2018.
Va precisato che i funzionari prendono solo 2.043 euro, godendo di una indennità di posizione di circa 14 mila euro annui fissi, e l’indennità di risultato è per contratto una percentuale di quella di posizione.
La stessa passata al vaglio dalla Corte dei Conti, perplessa al pari di un comune cittadino, davanti al fatto che tutti i 63 dipendenti abbiano ottenuto l’ottimo in pagella, al pari dei 290 funzionari e dei 983 dipendenti semplici, dove solo uno e uno soltanto non ha preso il massimo della valutazione, ma si è dovuto accontentare della seconda fascia, da 61 a 80. Vuote le caselle delle altre due fasce, da 41 a 60 punti, e da 15 a 40 punti, sotto i quali non viene prevista l’indennità.
L’Oiv è composto da Pietro Bevilacqua, presidente, Giacomo Verde e Angelo Fingo.
Non sono stati oggetto di analisi, da parte della Corte, le retribuzioni di risultato degli otto direttori, per i quali è previsto un iter differente.
Impietoso il commento del procuratore Giuseppone: “Il fenomeno, già rilevato nelle annualità precedenti, rivela la presenza di un sistema di valutazione inefficace che impone di essere riveduto, ad esempio penalizzando i dirigenti che non differenziano le valutazioni del personale assegnato o migliorando la qualità degli obiettivi, al fine di dare concreta attuazione ai principi che vietano l’erogazione di compensi accessori in assenza di un sistema di valutazione”.
Detto in soldoni, la Regione è invitata a differenziare meglio gli scaglioni di merito per la valutazione, e conseguente quantificazione del premio. Non è possibile infatti che tra gli 81 e 100 punti, tutte le performance siano ritenute ottime, e che chi prende il voto 81 abbia identica gratificazione rispetto a chi ha preso 100.
D’altro canto, osserva ancora Giuseppone, “è appena il caso di osservare come un sistema di valutazione costruito e gestito al solo fine di ottemperare agli obblighi derivanti da specifiche disposizioni normative non restituisce, pur a fronte dei notevoli costi che comporta, alcuna utilità al funzionamento dell’organizzazione sotto forma di stimolo e incentivo al miglioramento della produttività”.
Va ricordato che uno dei precisi impegni presi dal centrodestra di Marco Marsilio, Fratelli d’Italia, e in particolare dall’assessore al Personale, di Fdi anche lui, Guido Liris, è stato quello di mettere mano ai criteri di valutazione, appunto con una maggiore differenziazione. Solo uno dei passaggi della riforma della macchina amministrativa regionale varata nell’estate 2019 e che ha già ridisegnato e razionalizzato la tecnostruttura, con i dirigenti ridotti da 94 a 84, gli uffici da 330 a 301, e con la riorganizzazione gli ambiti di competenza dei dipartimenti.
Il 23 dicembre scorso è stato poi approvato dalla Giunta regionale, su proposta di Liris, l’avviso pubblico per acquisire le candidature per la nomina dei componenti esterni dell’Oiv.
Saranno scelti da un albo nazionale, costituito da cinque anni a questa parte dal Ministero della Funzione pubblica attraverso un bando. Il loro essere esterni all’apparato amministrativo della Regione, e anche di fuori Abruzzo, va evidenziato, rappresenta un passo in avanti, perché in passato l’organismo di valutazione era spesso e volentieri costituto da ex dirigenti regionali, il che li rendeva ancor più di “maniche larghe” e “indulgenti” nel giudicare gli ex colleghi.
Che Liris abbia intenzione di imprimere un cambiamento anche sul fronte delle retribuzioni e dei premi, ne è stato prova il duro scontro, da cui l’assessore è uscito però sconfitto, esploso intorno al tentativo di bloccare a primavera scorsa l’aumento dell’indennità di posizione degli otto direttori, da 50mila a 69.750.
Su iniziativa di Liris e anche del vice presidente della Giunta Regionale, Emanuele Imprudente, l’aumento contenuto in una griglia di valutazione di marzo, è stato stralciato da una delibera del 10 aprile, mantenendo solo le pesature dei 53 dirigenti, anche qui con piccoli aumenti, ma più diversificati in base alla difficoltà e complessità della mansione. Motivando la decisione per l’inopportunità di questo aumento nel bel mezzo della crisi economica determinata dall’epidemia del coronavirus.
Ma sotto la minaccia di un durissimo contenzioso da parte dei direttori, alla fine la giunta ha dovuto fare dietrofront, ripristinando griglia e aumenti in una delibera del 29 maggio, diventata poi esecutiva ad ottobre, retroattivamente fino al 29 maggio, con una determina del direttore generale, Barbara Morgante.
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