DON GALLO: IL RICORDO DI CHI LO HA CONOSCIUTO BONIFACIO LIRIS, ”ANARCHICO PURO COME GESU”’

di Roberto Santilli

24 Maggio 2013 08:01

Regione -

L’AQUILA – La morte di Don Andrea Gallo, il prete che ha dato rifugio e cure a tutti i derelitti che incontrava lungo il cammino, ha lasciato un vuoto enorme nel cuore e nell’anima di chi lo ha seguito e conosciuto.

Alla notizia della scomparsa all’età di 84 anni dell’anziano comunista col Vangelo in mano, un’enorme onda emotiva li ha travolti. Tutti.

Tra chi ha visto e toccato con mano la vita di Don Gallo non solo negli scritti di fuoco, ma anche in quel di Genova, dove si occupava degli ultimi del mondo nella comunità di San Benedetto, c’è l’aquilano Bonifacio Liris, da anni innamorato dell’opera del combattente genovese.

“Si spegne una di quelle luci che nascono una volta ogni cent’anni”, commenta Liris con commozione a poche ore dalla scomparsa del prete sempre munito di sigaro.

“La vittoria di Don Gallo, nel mio caso, è l’avermi fatto avvicinare al suo messaggio cristiano, quello vero, quello dell’umiltà e della lotta morale per riscattare gli ultimi – spiega l’aquilano – senza che io fossi un cristiano vero e proprio. Io sono un dubbioso, sarò sempre un dubbioso. E Don Gallo mi ha conquistato. Mi ha portato sul suo mondo prendendomi con tutti i miei dubbi”.





Lei ha visitato la comunità di San Benedetto, a Genova. Un luogo indimenticabile.

Verissimo. Lo ricordo un uomo forte, nel senso morale della parola, ma anche molto energico. Vederlo così debilitato nell’ultimo periodo mi ha fatto male, specie se lo paragono al Don Gallo che ho conosciuto a Genova. In molti lo hanno definito, a torto, un prete mediatico. Basta arrivare sulla porta della comunità per capire che non era così. Suoni il campanello, qualcuno viene ad aprire e ti accoglie. Lui era lì, in mezzo a tossicodipendenti, sbandati di ogni genere, prostitute, gente che ha subìto la durezza dell’esistenza. Raccogliere, per esempio, i disperati dei Carrugi di Genova e lottarci insieme per ricominciare a vivere non ha nulla di mediatico, è una missione pura, è la messa in pratica dell’unico, vero, messaggio di Cristo. Quando andai da lui per conoscerlo, fu un tossicodipendente ad aprire la porta. Don Gallo gli aveva restituito la normalità di certi gesti, la libertà di certi gesti, in un ambiente semplice, spartano, con libri e vestiti per chi si è ritrovato nudo accatastati ovunque.

Il paragone con Fabrizio De André, con il messaggio di un cantautore unico come De André, è giusto secondo lei?

Assolutamente sì. De André ha dato voce con le sue canzoni agli sconfitti, ai diversi, ai poveracci di questa Terra. Don Gallo li ha conosciuti e aiutati a rimettersi in cammino. Il suo, d’altra parte, è sempre stato un messaggio sociale in senso spirituale, privo del terrore di avere a che fare con un Dio da qualche parte lassù. La spiritualità terrena di Don Gallo e di De André.

Come le sono sembrati i metodi usati in Comunità per aiutare le persone?





L’esempio migliore è quello del trattamento dei tossicodipendenti. Le cure non si basano sul proibizionismo, come per la Comunità di San Patrignano di Vincenzo Muccioli, ma sulla comprensione delle droghe. Si evita la demonizzazione di qualcosa che fa parte del mondo, perché la droga fa parte del mondo. In questo modo si responsabilizza la persona in difficoltà, la si aiuta a conoscere sul serio lo strumento che la sta distruggendo. In tanti sono usciti dal tunnel così, guardando la droga senza più paure o voglie che poi degenerano. Don Gallo faceva saltare gli schemi e le regole, ha sempre scelto vie da vero combattente, da persona con una grande intelligenza e una grande umanità. Per me è come se avesse usato un aratro per mettere in discussione il terreno e prepararlo per la semina buona.

Quando si è avvicinato all’opera di Don Gallo?

Ricordo che durante la guerra del Golfo, ero ancora un ragazzino, vidi in tv un pacifista cui dicevano tutti che non poteva fare il sacerdote, che doveva stare zitto, lo rivedo, anche se vagamente, come un prete molto in carne che si arrabbiava e non si azzardava a prendersela con l’Islam e i musulmani. La curiosità fu molta, pian piano mi avvicinai e con qualche soldo messo da parte iniziai a comprare i suoi libri, come “Angelicamente Anarchico”, quello che mi ha colpito di più, con il quale ho compreso l’anarchia di Don Gallo, l’anarchia di sostanza, non certo bombarola, l’anarchia pura della non-violenza, la messa in discussione del potere che ognuno di noi deve combattere innanzitutto partendo da dentro di sé.

Le mancherà molto.

Sì, ma non facciamone un santino. Lui era figlio dell’uomo, non figlio di Dio, per questo è riuscito ad andare oltre il dogma e le imposizioni non spirituali. Per questo ha compreso la grandezza di Dio, ma da uomo. Come Gesù.

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