L’AQUILA – “Bisogna incrementare il numero di donazioni al centrosud, ad oggi la situazione è migliore nei territori del nord, per questo occorre mettersi all’opera nei vari ospedali con degli staff particolari e promuovere quella che è l’attività di stimolo presso i famigliari, anche partendo dal fatto che il trapianto di cornea, essendo considerato un trapianto di tessuto e non di organo, non implica la ‘trappola’ del prelievo a cuore battente; si può prelevare anche a cuore fermo ed è un aspetto che può tranquillizzare e dare qualche ora in più per la programmazione”.
Così il professor Emilio Balestrazzi, oculista di fama nazionale ed internazionale, già direttore della Clinica oculistica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore al Policlinico Gemelli di Roma, fondatore, negli anni Novanta, della Banca degli Occhi dell’Aquila, che il prossimo 18 maggio sarà nel capoluogo regionale in occasione del sedicesimo corso nazionale dal titolo “Sibo 2024: persone, innovazione e chirurgia”.
Nel corso del convegno, che si terrà nel centro congressi “Luigi Zordan ” della Università degli studi dell’Aquila, promosso dalla Società italiana delle banche degli occhi (Sibo) e a cui hanno aderito tutte e 12 le strutture presenti sul territorio italiano, interverranno, tra gli altri, il presidente della Sibo, Diego Ponzin, e il direttore del Centro nazionale Trapianti, Giuseppe Feltrin. A fare gli onori di casa il direttore della Banca degli occhi dell’Aquila, Germano Genitti, primario del reparto di Oculistica dell’ospedale San Salvatore dell’Aquila, già vice presidente Sibo (attualmente è consigliere), che ha il ruolo di responsabile scientifico del corso.
Balestrazzi, che all’Aquila è stato il maestro di tanti professionisti, oltre a fare appello per una maggiore sensibilizzazione in tema di donazioni, ripercorre le tappe principali che hanno portato alla nascita della Banca degli occhi dell’Aquila, la seconda avviata in Italia dopo quella del Veneto, con il suo apporto determinante e lungimirante.
“Provenivo dalla clinica oculistica della Sapienza del policlinico Umberto I a Roma – spiega – ho acquisito la direzione della clinica oculistica dell’Aquila nel 1988 e da quel momento con il mio gruppo ci siamo messi in moto per svolgere nuove attività, soprattutto per sensibilizzare alla donazione e per fare il più possibile trapianti di cornee di cui in quel momento si sentiva la necessità”.
“Abbiamo iniziato facendo arrivare le cornee dalla Banca degli occhi di Baltimora, allora la Direzione sanitaria ci è venuta in grande aiuto – ricorda -, in quanto non era ancora funzionante una banca degli occhi in Italia. Ci siamo attestati su delle cifre pazzesche per l’epoca, facevamo 150 trapianti di cornea all’anno, numeri che ancora ad oggi non molti riescono a raggiungere nel territorio nazionale. Questo ci portò ad ottenere un finanziamento da parte della Regione che ci permise di istituire la prima Banca degli occhi del centrosud all’Aquila, era già funzionante solo quella del Veneto di Giovanni Rama, grande precursore dei trapianti di cornea”.
“È così iniziato questo grande filone aquilano che ci ha permesso di raggiungere numeri molto importanti, venivano da tutta Italia per fare i trapianti di cornea – spiega ancora -. Nel tempo i numeri sono cambiati tantissimo, all’epoca gli oculisti mandavano i pazienti soprattutto verso due centri, quello di Barcellona o Lione, non c’era una vera regolamentazione che iniziò nell”81 con una legge che autorizzava alcuni centri al prelievo e al trapianto. Tappezzavo tutta L’Aquila di manifesti in cui si invitava alla donazione, mettendo a disposizione un mio vecchio pulmino promuovendo queste operazioni per i trapianti di cornea”.
“In Italia abbiamo numerose banche degli occhi tutte perfettamente funzionanti, tra cui quella dell’Aquila, abbiamo alcuni dei migliori chirurghi al mondo, distribuiti in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale e non ci sono più quelle liste d’attesa infinite di una volta. Oggi i giovani chirurghi sono in grado di ricevere regolarmente tessuti o la cornea intera. Raccogliamo i frutti di un grande progresso, non è quasi mai indispensabile trapiantare tutta la cornea ma possiamo fare trapianti lamellari a seconda del tipo di patologia e questo ci permette di avere decorsi post operatori molto più tranquilli”, conclude.
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