CASALBORDINO – Sarebbe stata una granata d’artiglieria a provocare l’incidente di ieri alla Esplodenti Sabino di Casalbordino, che ha mietuto tre vittime. Cosa sia successo e di chi siano le responsabilità sono domande che aleggiano al tribunale di Vasto, dove sta per iniziare la prima udienza davanti al Gup Anna Rosa Capuozzo per la tragedia del dicembre 2020 quando nella stessa azienda un altra deflagrazione provocò tre morti.
Una granata, quindi, e i legali della Esplodenti spiegano lo sconcerto dell’azienda di fronte a questo nuovo tragico incidente.
Sono stati intanto recuperati e portati all’obitorio dell’ospedale di Chieti, a disposizione dell’autorità giudiziaria, i corpi dei tre lavoratori morti ieri mattina: Fernando Di Nella, 50 anni di Lanciano (Chieti), Gianluca De Santis (40) di Palata (Campobasso), e Giulio Romano (56) di Casalbordino. L’area dell’incidente è stata messa sotto sequestro.
Da quanto emerge, c’era Fernando Di Nella sull’ordigno, che viene descritto con un artificiere esperto in demilitarizzazioni che da decenni compiva le stesse operazioni: saranno le indagini a spiegare se in questo caso si sia trattato di spoletta difettosa o di errore umano, ma si sottolineano le stringenti regole di sicurezze messe in campo con le prescrizioni post 2020, le numerose ispezioni e tutti i collaudi operati al termine dei nuovi lavori, costati circa un milione di euro.
Tre famiglie sono intanto distrutte, chiuse nel dolore lancinante.
Gianluca De Santis lascia la moglie Debora e i figli Sara e Mattia. Da Palata in Molise partiva in auto ogni mattina, con il fratello Gabriele, anche lui ha addetto dell’Esplodenti Sabino.
Sconcerto e dolore a Lanciano, che piange Fernando Di Nella originario di Paglieta, residente in via D’Annunzio che era già scampato alla morte nel 2020 nell’altra esplosione che ha fatto anche lì 3 vittime lascia la moglie Giuliana e le figlie Monia e Sara. Era caporeparto e prossimo alla pensione.
Giulio Romano era originario di Casalbordino, aveva lavorato in Inghilterra, a Roma e in Nord Italia. Un amante della musica e suonava infatti in una band e aveva anche un laboratorio di oreficeria. Separato, lascia una figlia e la nuova compagna con cui da poco si era trasferito a Scerni. La madre è una maestra in pensione, lascia anche due fratelli, Stefano Antonio e Luca.
Per ironia del destino, è in programma oggi al Tribunale di Vasto, l’udienza preliminare che segue la richiesta di rinvio a giudizio del procuratore Giampiero Di Florio per la morte di tre lavoratori nella precedente esplosione avvenuta a Casalbordino il 21 dicembre 2020, a causa della quale hanno perso la vita Carlo Spinelli, 54 anni di Casalbordino, Paolo Pepe 45 anni di Pollutri e Nicola Colameo, 45 anni di Guilmi.
Sono dieci gli imputati e la società è sottoposta a procedimento penale per responsabilità amministrativa per omicidio colposo plurimo.
Nicola Mario Di Carlo, sindaco di Pollutri non trattiene le lacrime. “È una tragedia immane. Ieri – ha detto – appena saputo dell’accaduto sono andato subito a Casalbordino per parlare ed essere vicino al collega sindaco Marinucci. Per noi la ferita di tre anni fa non si è mai chiusa e oggi stiamo rivivendo quel dramma. Nella ditta dove c’è stata l’esplosione lavorano due fratelli di Paolo Pepe. Ieri quando sono riscesi dalla fabbrica li ho abbracciati. Ci sono altri operai che conosco bene. È una tragedia e non ci sono altre parole”. Il sindaco di Guilmi, dove abitava Nicola Colameo, Carlo Racciatti, racconta lo stato d’animo del paese che conta poco più di 400 abitanti. “Due fratelli di Nicola Colameo – spiega il primo cittadino – lavorano lì e appena saputo dello scoppio li ho chiamati subito per sapere se stavano bene. Si è riaperto il dolore che non è mai passato anche perché Nicola Colameo faceva parte di alcune associazioni del paese e si dava molto da fare. Ieri sapendo che ci sono tre nostri compaesani che lavorano lì a Casalbordino, il pensiero è andato a loro”.
Anna Di Pietro, la compagna di Paolo Pepe, ieri poco dopo pranzo era al cimitero di Pollutri, dopo due mesi circa che non andava sulla tomba del marito. Aveva dei fiori da mettere sulla lapide, quando sul telefonino le è apparso un messaggio: ‘è successo di nuovo’. Da immaginare la prima reazione della donna, difficile pensare cosa sia potuto invece apparire davanti agli occhi del fratello di Paolo, Antonio, che lavora anche lui alla Esplodenti e che era a 40 metri dalla deflagrazione di ieri. Antonio aveva tentato nel 2020 di soccorrere il fratello e gli altri due colleghi, ma ieri come allora, non ha potuto fare nulla. Terribili le condizioni dei tre corpi. Ha raccontato ai pochi con cui è riuscito a parlare che è stato un botto improvviso, incomprensibile viste le severe condizioni di sicurezza applicate dall’azienda dopo la tragedia del 2020, in virtù delle prescrizioni richieste per la riapertura del sito industriale avvenuta non molto mesi fa, dopo il sequestro effettuato dalla Procura di Vasto a suo tempo.
ESPLOSIONE IN FABBRICA: IN ABRUZZO 30 ANNI DI INCIDENTI, DA BALSORANO A CASALBORDINO, I CASI
Con l’ennesima tragedia di Casalbordino negli ultimi trent’anni sono stati undici i casi più o meno gravi di esplosioni di polvere pirica in aziende di fuochi d’artificio o depositi in Abruzzo, a partire da quella di Balsorano (L’Aquila), il 15 luglio 1994, dove furono sei i morti e quattro i feriti.
Diciannove anni dopo, la mattina del 25 luglio 2013, a Città Sant’Angelo (Pescara) una tremenda esplosione, con una nube nera visibile da chilometri, fece saltare in aria la premiata fabbrica di fuochi d’artificio Di Giacomo, con almeno 10 tonnellate di polvere pirica: morirono tre componenti della famiglia Di Giacomo, Mauro, il fratello Federico, un altro parente, Roberto, e poco dopo, arrivato sul posto insieme ai soccorsi, anche Alessio, il figlio 22enne di Mauro, gettatosi nelle rovine della fabbrica nel disperato tentativo di salvare i familiari e investito da una seconda, tremenda esplosione. Rimasero feriti quattro vigili del fuoco, uno dei quali in modo serio: Maurizio Berardinucci, 47 anni, morì il 26 ottobre all’ospedale “Gemelli” di Roma, tre mesi dopo l’esplosione. A lui è stata poi intitolata la caserma del comando provinciale di Pescara.
Dopo quello di dieci anni fa un altro incidente, quasi fotocopia, sempre a luglio: nel 2014 a Tagliacozzo (L’Aquila) saltò in aria l’azienda Paolelli, provocando la morte di tre persone, il figlio 37enne del titolare, Valerio, e due dipendenti, Antonio Morsani e Antonello D’Ambrosio.
E il 21 dicembre del 2020 nuovo incidente alla Esplodenti Sabino di Casalbordino (Chieti), con tre operai morti. Ferrovia e statale 16 Adriatica rimasero bloccate per ore, fu istituita la zona rossa in attesa delle bonifiche.
Nella stessa fabbrica che, con oltre 70 dipendenti, cura, recupera e tratta polvere pirica derivata da bonifiche di ordigni bellici, nel 1992 era morto il 48enne Bruno Molisani, ucciso dall’innesco di una spoletta; e nel 2009 due persone rimasero ferite gravemente in un’esplosione. Nuova tragedia a Teramo nello scorso febbraio, con un operaio 62enne dilaniato da un ordigno in una azienda di fuochi d’artificio
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