L’AQUILA – “Con il preoccupante e crescente fenomeno della fuga dei medici dagli ospedali, in gioco è la tenuta della sanità pubblica italiana, la seconda migliore al mondo, in base ai soldi investiti, caposaldo del nostro grado di civiltà. In gioco c’è il diritto a curarsi anche da parte di chi non ha una carta di credito in tasca, e non può permettersi la sanità privata”.
Non usa mezzi termini, Alessandro Grimaldi, primario del reparto di malattie infettive all’ospedale dell’Aquila e presidente regionale del sindacato di medici e infermieri Anaao-Assomed, da due anni in prima linea sul fronte della pandemia del covid-19.
Un grido di dolore, il suo, a commento dello studio della stessa Anaao Assomed, di cui Abruzzoweb ha riferito, sul fenomeno della “great resignation”, termine inglese che sta a significare il numero crescente di persone in numerosi ambiti lavorativi che lasciano il loro impiego, con il prepensionamento o il licenziamento volontario, fenomeno che riguarda, sempre di anche il Sistema sanitario nazionale. Negli ultimi 3 anni infatti sono stati persi quasi 21mila medici specialisti. Dal 2019 al 2021 hanno abbandonato l’ospedale 8.000 camici bianchi per dimissioni volontarie e scadenza del contratto a tempo determinato e 12.645 per pensionamenti, decessi e invalidità al 100%.
In Abruzzo la percentuale di licenziamenti volontari rispetto all’intero corpo medico è passata dall’1% del 2020 al 3% del 2021.
In tal senso situazione più critica in Molise, 4% di licenziamenti nel 2020 e 7% nel 2021, e in Sicilia 3,8% nel 2020 e 4,5% nel 2021. C’è poi il caso Val d’Aosta dove nel 2020 si è arrivati all’incredibile percentuale di 13% mentre nel 2021 i licenziamenti volontari si sono attestati 2,5%
“La verità è che il medico si sente sempre più vessato – spiega dunque Grimaldi -. I turni sono massacranti, le possibilità di carriera sono limitate, pensate che in Italia si diventa primario normalmente intorno ad un’età media di 60 anni, mentre all’estero abbiamo anche trentenni che occupano posizioni apicali nelle strutture sanitarie”.
Mettiamoci pure che “uno degli sport nazionali è quello di denunciare i medici in caso di presunti errori commessi, per ottenere risarcimenti, e mi pare scontato che che alla fine uno tenda ad andarsene appena ne ha l’occasione, tenuto conto che nelle cliniche private lo stress è minore e gli stipendi sono più alti. Come pure mi pare ovvio che tanti giovani dopo la laurea se ne vanno all’estero”.
Aspetto particolarmente critico, rivela Grimaldi, è nei pronto soccorso: “qui la carenza di personale si fa particolarmente sentire, in termini di disagio generalizzato. Con pochi medici i ritmi sono molto pesanti, comprensivi di turni notturni. E diventa impossibile fare la libera professione, che garantirebbe un’ulteriore entrata economica. Fare carriera? Su 10 medici, uno solo può ambire in media a diventare primario, in tarda età, come detto. E poi sei sempre in prima linea, prendendo insulti e anche le botte, come confermano purtroppo tanti fatti di cronaca, da parte dei parenti dei pazienti arrabbiati in fila da ore”.
Insomma prosegue nel l’impietosa analisi Grimaldi: “siamo andati a finire che la specialità più ambita è quella della dermatologia che rispetto ad altre discipline presuppone un minor carico di stress, responsabilità e rischio, e non presuppone la reperibilità notturna”.
La ricetta proposta da Grimaldi è quella che l’Anaao va predicando da anni: più risorse, stipendi più alti, concorsi e ancora concorsi per aumentare il personale. Concorsi che si stanno facendo, anche in Abruzzo, finalmente, sottolinea il medico, “ma occorre accelerare, e in tal senso il collo di bottiglia è negli uffici amministrativi delle Asl, necessari a velocizzare l’iter”. E poi occorre ripensare la programmazione universitaria, rivedendo il numero chiuso alle facoltà di medicina.
Il tempo stringe, e la posta in gioco è altissima, conclude Grimaldi.
“Nonostante tutto la sanità italiana, attesta l’autorevolissimo Bloomberg, è la seconda al mondo per qualità del servizio erogato rispetto alla spesa. E siamo quest’anno uno dei Paesi in Europa che spenderà di meno in sanità il rapporto al Pil. Il sistema sanitario in questi anni ha superato una prova difficilissima, quella del covid-19. Grazie anche alla passione, alla professionalità e allo spirito di abnegazione dei medici. Se viene meno anche l’attaccamento allora davvero le cose si mettono male”
“Forse i cittadini non si rendono pienamente conto che i numeri del rapporto Anaao sulla fuga dagli ospedali pubblici – ammonisce Grimaldi -: significa di fatto andare verso una sanità sempre più privatizzata, in cui un cittadino che non ha la carta di credito in tasca e un’adeguata disponibilità economica semplicemente non può permettersi un gran numero di cure, e nella migliore delle ipotesi potrà avere accesso a una sanità di serie B, per i poveri. Già oggi ci sono 30 miliardi di spesa dei cittadini che vanno verso la sanità privata, alimentata anche dalle liste di attesa ancora drammaticamente lunghe per mancanza di investimenti nella sanità pubblica, che pure potrebbe garantire le stesse prestazioni e di pari qualità, ma purtroppo a queste condizioni con tempistiche spesso inaccettabili”.
“Il grado di civiltà di un paese si misura imprimi nell’accesso alle cure da parte di tutti i cittadini a prescindere dal censo. Per questo dovremmo essere consapevoli con orgoglio che ancora l’Italia è un Paese molto più civile, rispetto a tanti altri Paesi, basti pensare agli Stati Uniti, dove invece la sanità è praticamente totalmente privatizzata, con un imbarbarimento delle relazioni sociali e della coesione civile”, l’amara chiosa. Filippo Tronca
Download in PDF©