SILVI – Una tradizione di spettacoli viaggianti in tutta Italia da oltre sei generazioni, una lunga e ricca esperienza che ha contribuito a innovare il settore, portando in Abruzzo, in particolare a Silvi Marina (Teramo) la giostra più famosa, il “Bruco Mela”, nel 1987.
Testimonianze, quelle di Daniele Tommasi, detto Danny, 65 anni, e Michela Vegezzi, 68 anni, che ricostruiscono un pezzo di storia di una famiglia di giostrai che da decenni offre al pubblico spettacoli unici, tra sacrifici e soddisfazioni di una vita vissuta tra giostre e fiere, un mestiere che non è solo lavoro, ma uno stile di vita che richiede dedizione, passione e una continua inventiva.
Un racconto, affidato ad AbruzzoWeb, che svela come dietro ogni sorriso di un bambino si nascondano anni di impegno, cambiamenti e tradizioni che si tramandano di padre in figlio, rendendo questo mestiere una vera e propria arte.
Una Tradizione di Famiglia: dalla Giostra a Cavallo alla Rivoluzione del Motore
La nostra famiglia è caratterizzata da una lunga tradizione, in particolare quella di mia moglie. I nostri nipoti rappresentano la sesta generazione. Già i nonni e bisnonni di Michela erano attivi in questo settore, e anche i miei bisnonni lo erano sin dal 1850.All’epoca, il mestiere era praticato da pochi. Le giostre non erano motorizzate, e i cavalli erano utilizzati per farle girare. C’era più spazio per montarle, e tra le attrazioni c’erano barchette in legno che oscillavano, simili alle altalene moderne ma più alte. C’erano anche giostre per esperti, in cui le persone, imbracate, compivano giri completi a 360 gradi. Una delle attrazioni più famose era il “calci in culo”, con seggiolini volanti. In passato esisteva anche il carosello, una giostra con cavalli di legno mossa da un cavallo vero. Nel 1926-1927 arrivò dalla Germania la prima autoscontro in legno, seguita dalle montagne russe, il cui nome deriva dalle colline di neve su cui si scivolava con gli slittini. La prima giostra a motore fu inventata da mio nonno, Vegezzi Oreste, che eliminò i cavalli e utilizzò un motore per far funzionare la giostra chiamata ‘I sette nani’. La struttura, progettata e realizzata da lui, era composta da due fogli di compensato posizionati parallelamente, uniti da un seggiolino per i bambini.
Le Giostre: tradizione e lavoro familiare dal XIX secolo al Dopoguerra
Le giostre sono una tradizione che risale all’Ottocento, quando, prima della guerra, esistevano 4 o 5 famiglie principali, come i Vegezzi, i Piccaluga, i Manfredini e i Picci, che erano i capostipiti. Con il tempo, le famiglie si sono allargate e altre persone sono entrate a far parte di questo mestiere. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, alcune famiglie di Gambolò, in provincia di Pavia, e altre provenienti da Bergantino, nel Veneto, iniziarono a dedicarsi a questo lavoro. La scelta fu dettata dalla mancanza di occupazione nei loro paesi d’origine. In quel periodo, bisognava adattarsi, e poiché questo mestiere era ben remunerato, la gente pagava subito per salire sulle giostre, molti decisero di proseguire in questa attività.
Spettacoli viaggianti: dalla mobilità ferroviaria alla trasformazione autonoma
I giostrai si concentravano principalmente nel Nord Italia, dove lo spettacolo viaggiante ebbe origine, dalla Lombardia fino all’Emilia-Romagna. Questo avveniva anche perché, prima della Seconda Guerra Mondiale, la movimentazione era limitata. Le attrazioni e le carovane venivano trasportate su treni merci, ma questo metodo presentava molte incertezze, poiché non si aveva mai la sicurezza di arrivare a destinazione. Dopo la guerra, si iniziarono a organizzare tour annuali in diverse regioni d’Italia. Chi aderiva si univa al gruppo e seguiva l’intero percorso per tutto l’anno. Con l’arrivo dei camion, però, ogni attività si è resa autonoma, trasformandosi in ditte individuali. Oggi chi gestisce una giostra deve possedere una licenza, partita IVA e adempiere a tutte le formalità burocratiche.
Giostraio per passione: racconto di una vita unica
Chi ha lasciato questo mondo spesso se ne pente e cerca di tornare. Chi ha davvero il sangue da giostraio non riesce a separarsene. Io non avrei mai lasciato questa vita, anche se molti lo hanno fatto, magari per amore o per cambiare strada. Visto dall’esterno, può sembrare un lavoro semplice, ma non lo è: è una vita di sacrifici e rinunce. Si lavora sempre, senza giorni liberi, ma c’è la libertà di organizzare il proprio lavoro e di essere padroni di se stessi, anche se si lavora il doppio rispetto a un impiegato. Più che un mestiere, è uno stile di vita. In Italia ci sono circa 6.000 licenze per 24.000 giostre. Il 20% è in mano ad imprenditori, mentre l’80% rappresenta una tradizione che si tramanda di padre in figlio.
Una vita in movimento: tra tradizione, scuola e famiglia
Ricordo bene la strada per il collegio, il sabato tornavo a casa felice, ma il lunedì mi svegliavo triste, pensando di lasciare la mia famiglia. Ho frequentato le elementari in provincia di Mantova e le medie a Mantova città. Quando i miei genitori avevano pensato di mandarmi dai nonni a Bergantino, mia nonna venne a mancare, così dovetti andare in collegio. A differenza di me, io e mia moglie siamo riusciti a far frequentare ai nostri figli la stessa scuola, organizzando il lavoro per restare vicino a Milano durante l’anno scolastico. I miei, invece, si spostavano ogni settimana partecipando alle fiere da febbraio a novembre. La scelta del collegio per me fu obbligata dalla necessità, poiché non era possibile cambiare scuola ogni settimana. Per evitare che i miei figli vivessero la stessa esperienza, mia moglie li portava a scuola ogni giorno, con grande sacrificio.
Quando andavamo lontano da Milano, mi alzavo alle 6 del mattino per portarli a scuola. Io, che ho frequentato molte scuole in Liguria, mi sono abituata a cambiare spesso città. Con i miei genitori, che ho sempre rispettato, andavo d’accordo, anche se mia madre mi rimproverava spesso. Ora mia mamma ha 91 anni ed è ancora con me. Per noi giostrai, cambiare spesso luogo e scuola era normale. Non avevamo amici fissi nelle città. Ci incontravamo quando eravamo vicini, ma durante i periodi di distanza, non era facile mantenere i contatti, soprattutto perché, ai miei tempi, non avevamo auto. I figli di giostrai, pur frequentando scuole in tutta Italia, sviluppano una grande vivacità mentale. Non tutti amano questo stile di vita, ma i ragazzi crescono più svegli. L’esperienza pratica spesso compensa lo studio: magari sanno meno di matematica o poesia, ma imparano fin da piccoli l’arte di arrangiarsi. Io, ad esempio, giocavo a pallone, studiavo e andavo bene a scuola. In terza media, avrei potuto continuare gli studi, visto che avevo buoni voti, o proseguire con il calcio, ma ho scelto di seguire la tradizione e diventare un giostraio.
Un incontro casuale, una storia d’amore che nasce
Danny aveva uno zio che gestiva una giostra nella nostra zona e parlava spesso di lui, raccontandomi di un nipote che voleva farmi conoscere. Un giorno, stanca di sentire sempre la stessa storia, gli chiesi quanti anni avesse. Danny aveva 16 anni, io 20, e pensai che fosse troppo giovane per me. Così, non se ne fece nulla. Poi, un giorno, con un suo amico iniziarono a frequentare il mio gruppo di amicizie, e lì scattò il colpo di fulmine.Frequentavo anche ragazzi fuori dal mondo delle giostre, ma non volevo legarmi a loro, sapendo che non avrei potuto separarmi da questa vita. Sono sempre stata onesta. Prima di conoscere Michela vissi per un po’ in Veneto, dove la mia famiglia si era trasferita per lavoro. Andavo spesso a trovare la nonna e gli zii a Milano. Un giorno, mi trovai lì con mio padre e mio zio per alcune commissioni.Ero con la mia futura suocera in roulotte quando, mentre usciva in macchina, Michela ci vide e per curiosità tornò indietro. Fu così che ci incontrammo e iniziammo a frequentarci.Il corteggiamento non fu facile: mi respinse due o tre volte, una volta mi lasciò anche a piedi. Ma io insistetti, e alla fine ci mettemmo insieme ufficialmente quando avevo 19 anni e lei 23. All’inizio, raggiungerla era difficile, avevo 16 anni e senza patente, e il viaggio da Verona a Milano ogni settimana non era facile, ma lo facevo comunque. Non ufficializzammo subito il fidanzamento, i miei genitori non sapevano nulla. Quando decidemmo di sposarci nel 1982, Danny andò da mio padre a chiedergli la mano. Io andai di nascosto da lui e gli dissi: “Giovanni, io e Michela vogliamo sposarci.” Lui rispose: “Sei sicuro? L’hai vista bene? È una canchera, se la prendi poi te la devi tenere”. Poi, fecero delle scommesse dicendo che non saremmo durati più di un anno. Invece, sono passati 43 anni, abbiamo tre figli: Dania, Stefano e Cristian, e 3 nipoti: Allegra Jolie, Penelope Simòn e Nicolas, e stiamo andando avanti abbastanza bene.
Un viaggio tra giostre e sogni: la storia del Brucomela e l’arrivo in Abruzzo
Il Brucomela è nato da un’esigenza: volevo sostituire le gabbie volanti, dovevamo inventare qualcosa di nuovo. Mi ero fissato sul Brucomela, che avevo visto e sembrava adatto. Funzionava bene con i bambini e immaginavo già come sarebbe stato il mio progetto, compresa la gestione. La gestione è fondamentale: se stai in cassa a guardare il telefonino senza osservare il pubblico, non ottieni risultati. Devi coinvolgere la gente con il microfono, la musica e la parlantina. Il giostraio è così: un attimo lavori sulla giostra, poi ti metti la giacca e vai in comune per sbrigare le pratiche. Un giostraio deve saper fare di tutto: avere la patente C per i mezzi pesanti, saper fare il falegname, il carpentiere, l’elettricista e anche la verniciatura. Per anni abbiamo lavorato a Milano, passando 5-6 mesi lì, poi ci trasferivamo in Brianza e infine a Pinarella di Cervia. Come detto avevamo le gabbie volanti, ma con quella giostra lavoravamo poco. Durante l’inverno cercavamo altri lavori, perché non riuscivamo a viverci. Quando acquistammo il Brucomela, lo portammo in piazze dove non c’era, ma in estate trovavamo sempre poco spazio.
Nel 1987, un collega ci propose una piazza a Silvi Marina. Accettammo di restarci per due mesi e mandammo una caparra di 400 mila lire, senza sapere dove fosse Silvi Marina. Partimmo con la “corriera”, la nostra casa viaggiante di allora, il Brucomela, tre figli piccoli e un cane. Arrivati, non c’era nulla: eravamo in un prato isolato e mia moglie mi chiese: “Ma dove siamo arrivati?”. Non c’erano ancora gli altri giostrai, che venivano da Rieti, quindi eravamo praticamente soli. Feci due viaggi per portare la giostra con il treno. Raccontare queste esperienze è facile, ma viverle è stato difficile, soprattutto perché eravamo a 600 km di distanza da casa. Quando arrivammo a Silvi Marina, sebbene ci fossero già altri colleghi con le giostre, ci rendemmo conto che non avevano la nostra stessa esperienza. Il ‘luna park’ è nato al nord e si è poi diffuso in tutta Italia. Portammo alcune innovazioni, come l’uso delle luminarie e dei biglietti sconto, che non erano presenti qui. Avevamo una macchinina che con un megafono girava per il paese due volte al giorno per pubblicizzare le giostre. Queste sono solo alcune delle novità che introducemmo. In compenso in Abruzzo, trovammo grande entusiasmo per le giostre. Forse perché negli anni ’80, fuori dall’estate, c’erano poche opportunità di svago, rispetto all’ Emilia Romagna dove c’era una vasta offerta di divertimenti e molta concorrenza tra piazze e parchi tematici come Fiabilandia e L’Italia in Miniatura. Venire al centro-sud è stato un rischio, ma qui ci siamo trovati molto bene.
Abruzzo: bellezza, tradizione e potenziale inespresso
L’Abruzzo è bellissimo, con persone laboriose e amici leali e genuini. Tuttavia, viaggiando per lavoro in tutta Italia, ho notato la mancanza di una cultura radicata per il turismo e il suo sviluppo. Sebbene esista un potenziale, soprattutto in provincia di Teramo, sembra non esserci un impegno concreto per valorizzarlo. Pescara, invece, è più avanzata dal punto di vista commerciale. In generale, c’è difficoltà nella gestione del pubblico, con la musica che si spegne a mezzanotte, quando i giovani iniziano la serata. La situazione è adeguata per le famiglie con bambini, ma per i giovani c’è poca offerta, costringendoli a spostarsi verso Pescara e Montesilvano. Il cibo è straordinario: adoro le ‘rustelle’ (arrosticini) e la pasta alla pecorara. I pomodori abruzzesi sono i migliori e ogni anno prepariamo la passata di pomodoro. Ovunque andiamo in Abruzzo, troviamo i prodotti tipici a cui siamo affezionati, come il vino e l’aglio rosso di Sulmona.
Spettacoli viaggianti e parchi fissi: la difficoltà di rinnovarsi
Mi trovo molto bene in Abruzzo, ma dopo un po’ sento la necessità di muovermi. È nella natura del nostro lavoro: il termine “spettacoli viaggianti” lo descrive perfettamente. Dopo qualche mese in un posto, il bacino d’utenza si riduce, quindi bisogna spostarsi su altre piazze. Come rappresentante del sindacato SNIVS (Sindacato Nazionale Italiano Spettacoli Viaggianti), so che molti parchi fissi in Italia sono in difficoltà, sopravvivendo solo tre mesi all’anno senza riuscire a rinnovarsi. Lo spettacolo viaggiante, invece, è prevalentemente a conduzione familiare, con pochi operai da stipendiare, mentre nei parchi fissi ci sono 20-30 persone da pagare. Probabilmente, cercano di contenere i costi ricorrendo agli sponsor.
Un’idea invernale: la nascita della slitta di Babbo Natale
Dal 1982 al 2002, mi sono occupato delle luminarie natalizie, in un periodo in cui gli inverni erano più rigidi. A Milano e in Brianza nacque la tradizione di allestire giostre e parchi anche nella stagione fredda. Un tempo, durante il Natale, tutte le attrazioni si spostavano in Liguria per il clima favorevole. Mia moglie ha trascorso molti anni tra Sanremo, Genova, Savona e La Spezia. Con l’arrivo dei parchi natalizi, ci trasferimmo a Busto Arsizio, dove noi montavamo il Brucomela, c’erano altre giostre, il mercatino di Natale e la pista di ghiaccio. Quando quella piazza divenne meno attrattiva, cercammo nuovi luoghi. Un collega che lavorava con i trenini turistici a Ornavasso mi invitò, ma l’organizzatore preferiva solo attrazioni natalizie. Dopo aver visitato il posto, capii che il pubblico si adattava alle nostre giostre, così decisi di inventare la slitta di Babbo Natale. Andai a Bergantino, dove si trovano le fabbriche delle giostre, per incontrare un amico d’infanzia che si occupava di costruzione e decorazione. Gli dissi: “Dobbiamo creare una slitta di Babbo Natale.” Iniziammo subito a lavorarci e realizzammo lo stampo. Investii dei soldi convinto che sarebbe stato un successo, anche se non fossimo andati ad Ornavasso, poiché la slitta avrebbe potuto essere esposta in altre piazze o davanti a un centro commerciale a Milano. Il prototipo richiese circa un mese e mezzo di lavoro, e quando fu montato, risultò davvero bellissimo. Preparai un rendering e lo inviai all’organizzatore di Ornavasso, che accolse con entusiasmo la mia creazione, la prima slitta in Italia montata su un Brucomela. Fu un’emozione vedere il nostro lavoro riconosciuto. Dal 2014, andiamo ogni anno ad Ornavasso, dove lavoriamo più in inverno che in estate, con la grotta di Babbo Natale.
Un anno di Spettacolo: la pianificazione delle nostre giostre
Pianifichiamo tutto l’anno in anticipo, con le domande già a gennaio. A febbraio partecipiamo al Carnevale Ambrosiano di Milano, un evento importante che si svolge in una piazza ambita. L’organizzazione è gestita dal Comune con regolamenti e graduatorie. Organizzare il parco a Milano non è facile, con costi oltre i 100.000 euro tra luce, suolo pubblico e una cauzione di 30.000 euro per danni trovandoci in centro città. Siamo all’interno del Parco Sempione, e per entrare bisogna farlo dopo le 20:00, poiché i mezzi non sono autorizzati. Servono 4 giorni per montare le giostre e, dopo la verifica della commissione comunale, riceviamo l’autorizzazione per aprire. A causa delle baby gang, apriamo solo nei feriali dalle 14:00 alle 20:00 e nei festivi dalle 10:00 alle 20:00. Per smontare servono 2 giorni, dopodiché ripartiamo. Il nostro calendario include: Carnevale Ambrosiano (febbraio-marzo), Giambellino (aprile), Seveso e festa S. Rita Barona a Milano (maggio), Rieti (giugno), Silvi Marina (luglio-settembre), Baggio a Milano (ottobre), grotta di Babbo Natale ad Ornavasso e Stresa (novembre-dicembre).
Ricordi di gioventù e musica: le giostre e Celentano alla Maggiolina
A noi piacciono Celentano, Battisti e Massimo Ranieri. Una canzone che però mi ricorda la gioventù è ‘I’m Your Boogie Man’ dei KC, quando facevo il DJ nell’autoscontro a 13-14 anni in Veneto. A quell’età, le giostre erano nel quartiere di Milano chiamato ‘La Maggiolina’, e lì passava sempre Celentano verso le 19:00 per andare in chiesa. Noi eravamo a tavola e lui si girava sempre e ci salutava.
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