GOVERNO, POLEMICHE PER NORMA SUI RAVE. OPPOSIZIONI: “BAVAGLIO SU MANIFESTAZIONI”

1 Novembre 2022 20:06

Italia - Politica

ROMA – Sono racchiusi in nove articoli i primi provvedimenti varati con un decreto dal governo Meloni. Un testo pubblicato in Gazzetta ufficiale che rende immediatamente esecutiva la nuova norma sui rave, sull’ergastolo ostativo, rinvia a fine dicembre l’applicazione della riforma Cartabia e definisce le nuove regole in tema di Covid.

La norma che vieta i rave illegali è cristallizzata nell’articolo 5 del decreto.

Introduce il reato di “invasione di terreni o edifici per raduni pericolosi per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica”, prevede pene per gli organizzatori o i promotori dei raduni che vanno dai tre ad un massimo edittale di sei anni di reclusione o multe che oscillano tra i mille e i 10.000 euro.

La norma aggiunge inoltre che “per il solo fatto di partecipare all’invasione la pena è diminuita”.

Il rischio di avere una condanna è dunque anche per chi partecipa all’evento: nei loro confronti il giudice, al termine del processo, deve applicare una diminuzione che può arrivare fino ad un terzo rispetto al massimo della pena prevista.

La norma si applica quando più di cinquanta persone invadono in modo “arbitrario” terreni o edifici, pubblici o privati e da ciò ne può derivare “un pericolo per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica”. La nuova disciplina, prevista all’articolo 434-bis del Codice Penale, dispone la “confisca delle cose” utilizzate per commettere il reato nonché quelle “utilizzate per realizzate le finalità dell’occupazione”.





Nel testo viene poi apportata una modifica al Codice antimafia disponendo le misure di prevenzione personali per chi si macchia del nuovo reato. Ciò consentirà l’applicazione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza per gli indiziati.

La prima parte del decreto numero 162 è dedicato anche alla norma che “salva” l’ergastolo e i reati ostativi su cui pendeva la pronuncia di incostituzionalità della Consulta. Per accedere ai benefici penitenziari al condannato per questo tipo di fattispecie non basterà la sola buona condotta carceraria o la partecipazione al trattamento. Il provvedimento dell’Esecutivo stabilisce che il condannato dovrà anche fornire “elementi specifici” che consentano di escludere l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata o il rischio di ripristino di tali contatti. La norma, quindi, stabilisce che non ci sarà “nessun automatismo” nel meccanismo di concessione dei benefici penitenziari, e il giudice di sorveglianza, prima di decidere, dovrà acquisire una serie di pareri, compreso quello del Procuratore nazionale antimafia ed antiterrorismo.

Entro la fine dell’anno, invece, dovrà entrare in vigore la riforma Cartabia per garantire il rispetto delle scadenze e degli impegni presi con l’Europa. Il decreto rimanda la sua applicazione al 30 dicembre. Per consentire agli uffici giudiziari una efficace applicazione della riforma sarà al lavoro anche una task force composta dai vertici di tutti i dipartimenti del ministero della Giustizia coinvolti che si occuperà di perfezionare le misure organizzative.

Infine, per quanto riguarda il Covid, il decreto prevede il ritorno in servizio per circa 4 mila medici no vax e lo stop all’obbligo vaccinale per le professioni sanitarie. Una decisione presa “tenuto conto dell’andamento della situazione epidemiologica che – è detto nel provvedimento – registra una diminuzione dell’incidenza dei casi di contagio” e dovendo “far fronte alla preoccupante carenza degli esercenti le professioni sanitarie”.

Intanto, la norma sui rave fa insorgere il fronte delle opposizioni che lanciano un “allarme democrazia” per l’ambito di applicazione della stretta estesa a tutti gli assembramenti. Cortei sindacali e manifestazioni politiche comprese.

“Il Governo ritiri” la norma. “È un gravissimo errore. I rave non c’entrano nulla: è la libertà dei cittadini che così viene messa in discussione”, scrive su Twitter il segretario del Pd Enrico Letta. Subito murato da Matteo Salvini (“indietro non si torna, la leggi finalmente si rispettano”) e rintuzzato da fonti del ministero dell’Interno con cui si accende uno scontro.

“La norma – precisano infatti dal Viminale – interessa una fattispecie tassativa che riguarda la condotta di invasione arbitraria di gruppi numerosi tali da configurare un pericolo per la salute e l’incolumità pubbliche” e quindi “non lede in alcun modo il diritto di espressione e la libertà”.





“Le precisazioni del Viminale – controreplica il segretario dem – non cambiano la questione giuridica che abbiamo posto. Anzi, la
precipitosa e inusuale precisazione conferma che hanno fatto un pasticcio. Che si risolve solo col ritiro della norma”.

Anche il leader pentastellato, Giuseppe Conte, non usa mezzi termini osservando che “il modo con cui si è intervenuti è raccapricciante”.

Tanto per il numero (50 persone) che verrebbe considerato come sufficiente a far “derivare un pericolo per l’incolumità pubblica o la salute pubblica”, quanto per l’arbitrarietà e la discrezionalità – è il suo ragionamento – che sarebbe nelle disponibilità delle autorità preposte a
decidere sulla sicurezza e sull’ordine pubblico.

Ad accendere ulteriormente gli animi delle opposizioni giunge anche la puntualizzazione del presidente delle Camere Penali – Gian Domenico Caiazza – che spiega che essendo previste pene superiori ai cinque anni, con il nuovo reato, le intercettazioni sono assolutamente possibili. Si tratta “di una norma talmente generica e a maglie così larghe che potrà trovare applicazione nei casi più disparati e con grande discrezionalità. Una legge dal sapore putiniano”, osserva però il presidente di Più Europa Riccardo Magi.

“Ha fatto benissimo il governo a intervenire sui Rave party”, controribatte il vicepresidente del Senato, Maurizio Gasparri, ricordando che erano anni che “si parlava della necessità di stroncare questi fenomeni”.

In attesa di un coordinamento delle opposizioni, che ancora resta nell’alveo delle buone intenzioni, i partiti di minoranza sembrano però oggi marciare compatti: “È una disposizione che colpisce manifestazioni di protesta paragonandole a quelle sotto cui ricadono misure di prevenzione antimafia”, osserva Angelo Bonelli (Avs). Un giro di vite che porta con sè una certezza, gli fa eco il collega Nicola Fratoianni che vede nell’intervento “un pretesto per inserire norme con pene pesantissime che potranno essere utilizzate in ben altri contesti: dai cortei
sindacali, alle mobilitazioni studentesche o alle proteste dei comitati e dei movimenti come quelle che in questi mesi si sono sviluppate a Piombino”.

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