GRAN SASSO, TONNELLATE NAFTA RUSSA IN LABORATORI. ACCUSE A INFN, “ESPERIMENTO LVD NON BLOCCATO”

A DENUNCIARLO DURANTE IL WORKSHOP ISTITUZIONALE IN CONSIGLIO REGIONALE E' STATO L'AMBIENTALISTA DE SANCTIS. LE NORME VIETEREBBERO LA PRESENZA DI SOSTANZE PERICOLOSE PER LA FALDA ACQUIFERA, MA DALLE CARTE EMERGE CHE C'È PARTNERSHIP CON L'ACCADEMIA DI SCIENZE DELLA FEDERAZIONE RUSSA, PROPRIETARIA DELLE APPARECCHIATURE E DELLA PERICOLOSA SOSTANZA. SMANTELLAMENTO AVVIATO NEL 2021, MA POI L'AFFIDAMENTO DEI LAVORI E' STATO REVOCATO AD INIZIO DI QUEST'ANNO​.

di Filippo Tronca

8 Novembre 2024 08:38

Regione - Cronaca, Politica

​L’AQUILA – Nelle settimane in cui la messa in sicurezza dell’acquifero del Gran Sasso è tornata prepotentemente alla ribalta, prosegue nei prestigiosi Laboratori di fisica nucleare l’esperimento Lvd (Large volume detector), che utilizza 1.040 tonnellate di acqua ragia minerale, ovvero nafta pesante idrogenata, “altamente infiammabile e potenzialmente inquinante, e che in base alle norme non potrebbe essere lì a poche decine di metri dall’acqua che bevono 700mila abruzzesi”.

A denunciarlo è stato il referente del Forum H20, e consulente ambientale, Augusto De Sanctis, nel corso del workshop istituzionale di mercoledì nella sala ipogea del Consiglio regionale, convocato dai consiglieri regionali del Pd Pierpaolo Pietrucci, vicepresidente della Commissione Bilancio, e Sandro Mariani, presidente della Commissione Vigilanza, sulla scottante vicenda della messa in sicurezza dell’acquifero del Gran Sasso, minacciato proprio dalla vicinanza dei Laboratori e dell’autostrada A24-A25.

Ma l’aspetto più sorprendente è che carte alla mano venute in possesso da questa testata, lo smantellamento già progettato e appaltato si è fermato a gennaio 2024, con la revoca dell’affidamento dei lavori, per il mancato accordo con l’Accademia di Scienze della Federazione Russa, partner del progetto, e “proprietaria della maggior parte delle apparecchiature a regime di deposito doganale per un valore di 1 milione di euro”, ed anche di circa tre quarti della pericolosa acqua ragia minerale, 743 tonnellate. Ci sono insomma problemi di dialogo soprattutto a seguito del deterioramento dei rapporti tra la Russia e l’Italia con la sanguinaria invasione dell’Ucraina avviata dal Vladimir Putin a febbraio 2022.

Ha dunque ironizzato De Sanctis, “trovo davvero incredibile che uno dei motivi che impedisce l’allontanamento di tonnellate di sostanze potenzialmente altamente inquinanti, come impone la legge, e il buon senso, visto che stiamo parlando di questioni attinenti la pubblica incolumità, sia quello di problemi per così dire diplomatici con la Federazione russa. Ricordo che all’Ucraina gli vendiamo le armi, e che alla Russia è stata requisita in Italia la raffineria di petrolio della Lukoil a Priolo Gargallo in Sicilia. Non credo che Putin ci bombarderà solo perché smantelliamo un esperimento…”

Ad intervenire tra gli altri nel workshop è stato il commissario straordinario per la messa in sicurezza dell’acquifero Pierluigi Caputi, in carica dal settembre 2023 e che ha sostituito nello stesso ruolo Corrado Gisonni, nominato ad agosto 2019. Ma i lavori, dopo cinque anni di attesa, si sono fermati ancor prima di partire, con una ventina di carotaggi, per un intorbidimento dell’acqua di falda, a causa della rottura del collettore di drenaggio di cui ancora ignote sono le cause. Per l’avvio dei lavori propedeutici già si erano verificati enormi disagi con il senso unico alternato in una sola canna della galleria, con il semaforo verde ogni 15 minuti, che però ha determinato attese anche di oltre un’ora.

Non sono intervenuti al workshop invece i rappresentanti dei laboratori di fisica nucleare del Gran Sasso, diretti dal professor Enzo Previtali, e della casa madre, il prestigioso Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn), di cui è presidente il professor Antonio Zoccoli.

Eppure la messa in sicurezza dell’acquifero è diventata una priorità proprio a seguito di una fuoriuscita di trimetilbenzene, utilizzato per l’esperimento Borexino, dai laboratori del Gran Sasso nel 2002, per fortuna senza gravi conseguenze, ma che ha dato adito ad una inchiesta giudiziaria e a un processo. Esperimento poi smantellato, mentre invece resta in corso quello di Lvd, ospitato nella sala “A” dei laboratori. ideato dallo scienziato Antoni​no Zichici, in funzione dal 1992, per cercare e studiare le esplosioni di Supernovae, “intercettando” i neutrini emessi dalle stelle nella loro fase finale.





Come si spiega nel sito dei Laboratori, “poiché i neutrini hanno una piccolissima probabilità di interagire è necessario progettare strumenti che abbiano un volume sufficiente per rivelarli. L’esperimento Lvd è costituito da mille tonnellate di liquido scintillatore, distribuite in 840 moduli. Data l’imprevedibilità del fenomeno, questi strumenti devono funzionare perfettamente e prendere dati continuamente, giorno e notte nel corso di molti decenni”.

Ha ricordato nel workshop sempre De Sanctis: “nel 2018 la Procura di Teramo ha sequestrato e di fatto interrotto la captazione di 100 litri di acqua al secondo, da un cunicolo di servizio dei laboratori. Acqua pura, e potabile che da allora va a finire tutta nel fiume Mavone. Abbiamo calcolato che i​n sei anni abbiamo dovuto fare a meno di 19 miliardi di litri d’acqua, per un valore economico di 20 milioni di euro. Una decisione opinabile, perché ad essere sequestrato è stato l’oggetto del potenziale inquinamento, e non la potenziale causa, ovvero esperimenti che utilizzano sostanze inquinanti, come appunto l’esperimento Lvd”.

E veniamo dunque alle carte, con un necessaria premessa. In quanto i laboratori di fisica nucleare, eccellenza mondiale e vanto dell’Abruzzo, dove si effettuano decine e decine di importanti  esperimenti e ricerche, sono stati realizzati a metà anni ’80, ma senza la necessaria coibentazione e sistemi di totale isolamento rispetto alla falda acquifera, non allora previsti dalle norme, come del resto accaduto al tratto in galleria dell’autostrada. La legge Seveso li classifica ora come “impianti a rischio di incidente rilevante”, dal 2006 poi è in vigore il Testo unico dell’ambiente, nel 2017 è arrivata la delibera di giunta regionale 643, fatta approvare dall’allora presidente vicario Giovanni Lolli del Pd, che imponevano l’allontanamento e la rimozione di potenziali inquinanti in prossimità dalle falde acquifere.

E così per adeguarsi alla normativa, dopo aver smantellato a giugno del  2020 l’esperimento Borexino, a fine 2021, terminato il complesso iter di progettazione e avendo indetto il bando, con rup del procedimento l’ingegnere Stefano Gazzana, Lngv ha assegnato alla De Felice scavi srl, per un totale di 557.787 euro, i lavori di “smontaggio e rimozione completa delle strutture ed apparati connessi” dell’esperimento Lvd,

Poi però, attestano le carte, a rallentare tutto è subentrato il “fattore russo”.

Subito dopo l’invasione dell’Ucraina del febbraio 2022, il direttore dei laboratori Previtali, ha infatti comunicato al rup Gazzana quanto segue: “Stante l’attuale situazione internazionale, relativamente ai rapporti tra la Federazione Russa e lo Stato italiano, non sono in grado di fornirti nell’immediato l’autorizzazione alla movimentazione e alla rimozione delle componenti dell’esperimento Lvd. In tale contesto, sia i Lngs che l’Infn si sono mossi con grande anticipo, per ottenere le autorizzazioni necessarie per lo smontaggio dell’esperimento, ma le relazioni con la Federazione Russa si sono pesantemente deteriorate negli ultimi mesi, portando alla pressoché totale interruzione dei rapporti”.

E ancora , si legge, “sono state avanzate richieste specifiche ai ministeri competenti per giunge allo sblocco dell’attuale situazione di stallo e tutti ci auguriamo che in tempi brevi si possano riprendere le attività di smontaggio come così da te previsto nel contratto”.

Ma evidentemente questo accordo con l’Accademia russa non è stato trovato, ed anzi, a gennaio di quest’anno, una delibera dell’Infn ha annullato il contratto con la ditta, a cui è stata pagata una penale di 30.801 euro. Di fatto bloccando lo smantellamento di Lvd, per chissà quanto tempo ancora.





Nella delibera si rimanda, per i motivi di questa scelta, alla relazione allegata del rup Gazzana, che chiarisce ancor meglio i tutti i termini della questione.

“L’esperimento Lvd nasce come una collaborazione e tra Infn e l’Accademia di Scienze della Federazione Russa, per questo motivo buona parte delle apparecchiature che lo compongono sono di proprietà della Federazione Russa, e in quanto tali sono ancora oggi sottoposte a regime di deposito doganale con un ammontare di valore e di diritti superiore al milione di euro”, si precisa infatti.

In particolare, sono di proprietà russa, e quindi si trovano sotto regime di deposito doganale oltre ad altri strumenti accessori: 4.509 fotomoltiplicatori, 621 serbatoi in acciaio inox, 743 tonnellate di acqua ragia minerale”, precisando che “oltre al valore indicato per i diritti doganali per l’ acqua ragia minerale vanno considerate anche le accise dovute per questa tipologia di prodotti” .

Si ricorda inoltre che l’acqua ragia russa presente nell’esperimento è “classificata come infiammabile e pericolosa per l’ambiente (H 411), in particolare nei quantitativi sopra indicatici”,  ed per questa ragione per la quale i laboratori sono “sottoposti agli obblighi previsti dal D. Lgs 1 0 5/2015 e s. m.i. (cosiddetta Legge Seveso)”.

Viene poi illustrato il complesso e  corposo progetto di smontaggio dell’esperimento Lvd, che ha dovuto tener conto delle prescrizioni del Comitato valutazione ambientale della Regione Abruzzo, delle normative sui trasporti pericolosi, e tanti altri vincoli, con la previsione di realizzare anche strutture di sollevamento ad hoc per i serbatoio inox contenenti l’acqua ragia minerale, contenuti in ben 840 serbatoi.

Si menzionano dunque “le interlocuzioni tra la direzione dei Lngv, il management di Infn e la controparte russa, al fine di giungere ad un accordo che autorizzasse lo smontaggio e lo smaltimento dei componenti dell’esperimento, di proprietà dell’Accademia di scienze, e protette da accordi bilaterali siglati ai massimi livelli politici”.

A seguito delle rassicurazioni ricevute sull’avanzamento degli accordi, si è dunque proceduto alla gara. Ma poi alla fine il rup, dopo aver rimandato più volte la consegna dei lavori, ha dovuto gettare la spugna, “a fronte del mutato contesto internazionale”, fino alla revoca dell’appalto, reso del resto ancor più problematico perché nel frattempo i costi erano lievitati, proprio a causa, ironia della sorte, del caro energia e materiali provocato dal conflitto russo ucraino.

Commenta dunque De Sanctis, “io continuo a ritenere che se ci fosse stata la volontà politica, Lvd poteva lo stesso essere smantellato, del resto nessuno mi pare abbia parlato di sequestrare e requisire i macchinari e la nafta pesante, che potrebbero essere restituiti o conservati altrove. Il risultato è che contro le normative vigenti a pochi metri dalla falda acquifera, come ricorda lo stesso rup, ci sono sostanze altamente infiammabili e che rappresentano oggi forse la principale minaccia per la falda”.

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