L’AQUILA – “Anche se il tampone per ottenere il green pass fosse gratis, non avrebbe alcun senso. Il green pass è uno strumento illogico e punitivo di esclusione sociale ed economica, che non ha alcuna giustificazione sanitaria ed apre a scenari pericolosissimi per la nostra democrazia già in difficoltà”.
A parlare è Olga Milanese, avvocato del Foro di Salerno, nel pieno del clima infuocato per la questione della certificazione verde, il cui obbligo, per lavoratori sia pubblici che privati, scatta oggi, venerdì 15 ottobre, dopo una settimana in cui la tensione è salita a livelli caldissimi, scaturita da quanto accaduto a Roma sabato scorso, nel giorno della manifestazione no green pass durante il quale, tra l’altro, è stata presa di mira, da neofascisti e neonazisti, la sede romana del sindacato Cgil e ci sono stati scontri con la polizia, e con gli scioperi, pesanti, che cominciano oggi in tutto il Paese.
Eventi, quelli di Roma, che per l’avvocato Milanese sono chiarissimi: “È accaduto – il suo commento su quanto accaduto – che migliaia di persone hanno manifestato pacificamente dimostrando che gli italiani non vogliono né il green pass, né questo governo. E come sempre è accaduto che si è tentato di delegittimare la protesta con qualche infiltrato violento sul quale potesse essere catalizzata l’attenzione”.
Milanese, insieme a Luca Marini, docente di Diritto internazionale alla università “Sapienza” di Roma, già vice presidente del Comitato Nazionale per la Bioetica e Francesco Benozzo, docente di Filologia romanza all’Università di Bologna e responsabile scientifico di centri di ricerca internazionali di Antropologia, Linguistica e Consapevolezza civica, compone il comitato organizzativo per il referendum abrogativo del green pass obbligatorio, per arrivare al quale è recentemente partita una raccolta firme ancora in corso.
“Fresca” di (rarissime) ospitate in tv, “In un clima a dir poco ostile”, dove si è beccata persino i “cazziatoni” – da lei giudicati “privi di logica” – da parte di giornalisti come Massimo Giletti e Andrea Scanzi (lo stesso Scanzi che a fine febbraio del 2020 giudicò il Covid-19 “un semplice raffreddore e non una malattia mortale”, lamentandosi per gli annullamenti di un suo lavoro in teatro per poi piazzarsi, come nulla fosse, dall’altra parte della barricata per suonarle a chi la pensava esattamente come lui), l’avvocato, che tra le altre cose si rammarica del fatto che in Abruzzo non abbia trovato colleghi favorevoli alla battaglia, spiega ad AbruzzoWeb i motivi che l’hanno spinta ad attivarsi, non soltanto insieme a chi fa parte del mondo della giurisprudenza, in una vicenda oggettivamente molto complicata e con ovvi oppositori tra le fila sia del mondo accademico, che in quello dei media mainstream.
Tra questi, Giancarlo Carofiglio, scrittore, ex magistrato ed ex politico italiano, ha definito “buffonata” proprio la vicenda del referendum.
“Alla domanda ‘Perché?’, rispondo spiegando che tutto è iniziato diverso tempo fa quando io ed altri colleghi e professionisti, ma anche studenti di diverse facoltà, non solo di Giurisprudenza, abbiamo deciso di impegnarci, ognuno nel proprio ambito di competenza, per cercare di capire più a fondo il problema della pandemia in diversi contesti”, afferma l’avvocato Milanese a questo giornale.
“Ai primi di agosto – continua – il professor Marini e il professor Benozzo hanno lanciato un appello alle istituzioni, mentre io ho scritto un manifesto contro il Green Pass che ha raccolto diverse adesioni importanti, come quelle del giurista e docente universitario Ugo Mattei, del filosofo Giorgio Agamben, del giornalista e autore televisivo Carlo Freccero, del presidente emerito di Sezione della Cassazione Paolo Sceusa, oltre a migliaia di firme da parte dei cittadini. Il manifesto è stato successivamente inviato in forma di petizione al Quirinale, alla Corte Costituzionale, al Presidente del Consiglio, al Senato e alla Camera ed è stato anche oggetto di discussione alla I Commissione Affari costituzionali. L’incontro con Marini e Benozzo è avvenuto proprio grazie alla notorietà acquisita dalle diverse iniziative intraprese”.
“In Abruzzo (dove ha tenuto banco, tra mille polemiche e critiche nei confronti del governatore regionale, Marco Marsilio, la vicenda della convocazione, lunedì 11 ottobre scorso, del tavolo di confronto richiesto dal movimento #Nogreenpass #Nontoccateiminori, ndr), purtroppo, non abbiamo trovato colleghi favorevoli alla nostra battaglia. In questa storia, va detto, non ci sono opzioni bis. A chi contesta la strada del referendum, dico che può muoversi nella maniera che ritiene migliore, purché, però, si muova, come noi stiamo facendo”.
Passi necessari, secondo Milanese, visto che poi “la situazione, dopo l’istituzione del green pass, è andata degenerando rapidamente. Il primo incontro telefonico avuto con Marini era finalizzato proprio a cercare di capire come frenare questa deriva, a trovare delle soluzioni per contrastarla. Dopo aver analizzato le varie opzioni, siamo giunti alla conclusione che tutte le strade avrebbero dovuto essere percorse, inclusa quella referendaria, unitamente alle altre di natura giudiziaria e civile che non abbiamo mai abbandonato. In altre parole, stiamo attuando tutte le possibili soluzioni riconosciute dalla nostra Costituzione”.
“Se ci facciamo tutti il vaccino, in terapia intensiva non finisce nessuno e ci riprendiamo le nostre libertà senza passare per il green pass? L’idea che il vaccino debba essere una precondizione per il riacquisto delle libertà che la nostra Costituzione considera immanenti nell’uomo è errata, sotto il profilo sia giuridico – è il pensiero della giurista – fortunatamente molti medici hanno mantenuto lucidità e onestà intellettuale. Bisogna dire e ricordare sempre che purtroppo o per fortuna nel nostro ordinamento vi sono delle garanzie costituzionali che non possono essere ignorate oppure annullate. Ed una di queste è il diritto alla libertà di cura ed alla scelta della cura”.
“Non dimentichiamo che stiamo per sancire la libertà di scegliere come e quando morire, ma penso che prima di questo venga la libertà di decidere come vivere – vuole a questo punto precisare Milanese – La nostra Costituzione tutela il diritto alla Salute, che è un diritto, si badi, non un dovere, ma tutela anche tanti altri diritti considerati che sono considerati fondamentali e forse anche più importanti della ‘mera’ sopravvivenza del corpo, come ad esempio il diritto al rispetto della dignità umana, della persona, del cittadino, che si compone, a sua volta, di una serie di innumerevoli diritti complementari tra loro, sebbene la parola diritto ormai venga da molti ritenuta quasi un’offesa: il diritto allo studio, all’istruzione, alla partecipazione alla vita economica e sociale della nazione, diritti che intanto possono essere riconosciuti a tutti in quanto le spese correlate al loro libero esercizio sono ampiamente sostenute anche dalle nostre tasse”.
Ecco perché “Creare uno strumento che agisce dall’alto e che pretende di selezionare i cittadini attraverso il conferimento di una patente di legittimità con cui si decide chi può accedere a un servizio e chi non può, è altamente pericoloso. E non è il fatto che sia oggi collegato al vaccino a renderlo inaccettabile o pericoloso, perché lo sarebbe anche se fosse collegato ad altri fattori, non soltanto sanitari, come, per esempio, il clima, oppure, per tornare al tema sanitario, all’obesità. Secondo questo ‘schema’ della esclusione, ad esempio, dalle cure gratuite, di cui ormai si parla come se fosse una cosa normale, il posto letto potrebbe essere negato ad un soggetto obeso o iperteso, oppure affetto da diverse problematiche di salute in ragione del solo fatto che non abbia seguito un regime di alimentazione o uno stile di vita corretto”.
“L’obeso non infetta? Vero, ma potrebbe occupare un posto letto necessario ad altre persone considerate ‘in regola’ con un pass – contesta ancora l’avvocato – Peraltro nel caso di questo green pass, la ragione di prevenzione del contagio non è sostenibile posto che è universalmente ammessa la circostanza che i vaccinati possano essere positivi e dunque contagiare altre persone. Se si volesse adottare una massima precauzione nella prevenzione di infezioni potenzialmente lesive, dovremmo adottare il medesimo criterio per tutti i virus potenzialmente contagiosi, e questo non è sostenibile”.
Dunque, “È chiaro che la soluzione non può consistere nell’isolamento e nella segregazione di chiunque sia portatore di un virus contagioso. E poi, piangiamo, giustamente, i morti giornalieri per il Covid-19, ma dimentichiamo i 50 mila morti che ogni anno abbiamo per infezioni ospedaliere e senza contare chi subisce strascichi gravi in seguito a quelle stesse infezioni, tanto per fare il paio con gli strascichi da long Covid. Sono dati e realtà di cui nessuno si preoccupa, perché non è comodo, perché non è utile alla prosecuzione di una situazione emergenziale, perché per occuparsene bisognerebbe investire sulla sanità pubblica, cioè fare il contrario di quanto fatto fino ad oggi”.
Sintetizzando, “Qui c’è una garanzia di accedere liberamente a un vaccino che deve rimanere un diritto, non un dovere. La prevenzione è un diritto dei cittadini, non un dovere, le cure sono un diritto dei cittadini, non un dovere. Se passa definitivamente il messaggio che quello alla cura è un dovere, si spalancano le porte a scenari terribili che invaderanno anche altri campi della vita e della società. E già troppe persone stanno pagando le conseguenze di una indebita ed ingiustificata sospensione degli stipendi o addirittura del licenziamento perché obbligate a possedere una tessera identificativa ed a sostenere un costo insostenibile di accesso al lavoro”.
Sulla possibilità che il green pass venga usato come arma di distrazione mediatica, mentre alle spalle accadono le “cose che contano”, l’avvocato Milanese è convinta che si stia parlando “solo del green pass, ma quasi mai del referendum. Quello che so – dice quindi su questo passaggio – è che siamo nel caos perché il green pass è in netto contrasto con alcune disposizioni sul lavoro ed i ricorsi, letteralmente, ‘fioccano’, alcuni fatti in modo accurato, altri in modo oggettivamente non all’altezza di essere accolti. Questo fa sì che passi l’idea che il green pass sia avallato dai giudici, ma non è così. Siamo nel pieno di un caos normativo che aumenta di giorno in giorno, tanto da rendere complicata la tutela dei cittadini con gli strumenti ordinari che ci offre il nostro ordinamento. Bisogna consultare ogni giorno la Gazzetta Ufficiale per tenere il passo delle modifiche normative”.
“Per capirci – prosegue nella sua analisi – credo che in mezzo a questo caos si stia destrutturando un po’ tutto, anche quello che resta dei capisaldi dei principi sottesi al diritto al lavoro”. Intanto, però, tra il personale medico e sanitario, ma non solo, c’è chi continua ad essere sospeso, o licenziato, se non si vaccina, poiché lì, in quel “settore”.
Nonostante i numeri dicano che ormai la stragrande maggioranza di essi si sia vaccinata con doppia dose, esiste quell’obbligo che il governo non è ancora riuscito ad imporre per legge a tutta la popolazione ma che, non è mai stato un mistero, intende ottenere attraverso il green pass, cioè arrivarci per “sfinimento” – tecnica spiegata senza problemi dal ministro per la Semplificazione e la Pubblica amministrazione, Renato Brunetta – e per questioni economiche, poiché i tamponi, non essendo gratuiti o comunque a prezzi abbordabili per chiunque, può permetterseli, appunto, solo chi ha il portafogli abbastanza “gonfio”.
“Anche medici ed infermieri – spiega allora, sempre da giurista, Milanese – hanno il diritto di scegliere se e come tutelarsi. Non possiamo far finta che i contagi non ci siano anche tra i super vaccinati, perché i dati sono chiari. Dunque, l’obbligo è fuori da ogni logica costituzionale persino per il personale medico e sanitario. A supporto di quanto affermo, va segnalato che chi, da medico, o infermiere, eccetera, lavora nelle strutture pubbliche, non ha mai dovuto sottostare ad obblighi vaccinali per diverse malattie infettive che indubbiamente possono rappresentare un pericolo per i pazienti. Solo per il Covid-19 è arrivata la coercizione”.
“Perché tutto questo? La risposta la può conoscere soltanto chi governa. Mi interessa uscirne, a questo punto. Le ragioni ultime le sapranno solo i nostri nipoti. Forse”.
Tornando all’obbligo vaccinale per tutta la popolazione, Milanese è convinta, Costituzione alla mano, che non sia una strada percorribile. “Non può essere fatto – afferma senza girarci intorno – E, lo ripeto, l’obbligo già esistente in ambito sanitario è illegittimo. A qualcuno non piace dover sentire e leggere che il vaccino è ancora in fase di sperimentazione, come afferma la normativa comunitaria, ma questa è la realtà. Una realtà che, peraltro, si fonda su una sorveglianza attiva praticamente inesistente, per cui anche la motivazione della sussistenza di una platea enorme di vaccinati non è utile a sostenere che possano essere accorciati i tempi per un’autorizzazione ‘non condizionata’ del vaccino. Il virologo Roberto Burioni, sulla Rai (rigorosamente senza contraddittorio, ndr), afferma che in un anno, per miocardite da vaccino, è morta una sola persona, per giunta nella lontana Nuova Zelanda? Probabilmente non sa leggere i dati Vaers e della sorveglianza europea. O forse non li ha potuti leggere, chi lo sa?”.
Secondo Milanese, d’altra parte, “gli effetti collaterali non emergeranno mai al cento per cento, fino ad oggi sono molto sottostimati e sostanzialmente non vengono indagati come si dovrebbe fare in questi casi. Dunque, proprio perché l’obbligo non può essere imposto dal governo, prova ad arrivarci, come è stato detto chiaramente anche dal ministro Brunetta, attraverso lo strumento del green pass, che resta uno strumento di coercizione e di ricatto, privo di alcuna valenza sanitaria”.
“Sulle tv nazionali non mi aspettavo un trattamento diverso – conclude Milanese – ma sono queste le condizioni per poter parlare di referendum. La violenza verbale nei nostri confronti, usata in diverse trasmissioni, è evidente. Quando alcuni personaggi vengono messi di fronte alla logica, alzano i toni per difetto evidente di argomenti. Però sono occasioni per far capire a quante più persone è possibile in quale gravissima situazione ci troviamo”. (red.)
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