“IL PARTITO DEMOCRATICO HA DISTRUTTO LA SINISTRA”. DE AMICIS, “IN EUROPA POLITICHE FALLIMENTARI”

21 Marzo 2021 10:34

Italia - Politica

L’AQUILA – “Per capire e comprendere l’equivoco politico del Partito democratico come partito di sinistra o progressista, bisogna risalire alle discussioni e alle polemiche risalenti a più di venti anni fa. Se ne discuteva a sinistra e dentro il sindacato. E molti erano quelli che consideravano i Ds come una formazione che aveva cancellato tutti i diritti che nel dopoguerra avevano costituito la struttura portante della rinascita della società italiana, la rinascita del movimento operaio socialista e popolare. I Ds avevamo a suo tempo abbandonato lavoro per tutti. Dignità, uguaglianza, diritti sociali, solidarietà”.

È la riflessione di Alfonso De Amicis, esponente aquilano del Movimento EuroStop, che riportiamo integralmente di seguito.





Si erano convintamente adeguati alla logica della globalizzazione e delle leggi del mercato. Una idea per cui le magnifiche e sorti progressive di questo convincimento, più ideologico che reale, avesse portato benessere per tutti e soprattutto non ci sarebbero state più guerre. La realtà empirica dei fatti ha smentito tutte queste frescacce. Poi essi, attraverso una fusione tutta comandata e diretta dai think tank del pensiero neoliberale hanno dato vita al Pd, che avrebbe dovuto e potuto dominare la scena politica italiana dentro un europeismo fine a se stesso. Un europeismo mercantilistico ed a trazione teutonica, con la riunificazione a spese delle banche italiane. Così, la quercia rotta, la margherita secca e l’ulivo senza tronco diedero vita, più che a un nuovo soggetto politico, a un assembramento elettorale che nel corso del tempo ha raggiunto un grado di subalternità e soggezione alle politiche liberiste che ne sono diventati i principali interpreti ed esecutori.

Non credo che lo abbiano fatto per opportunismo e che le loro politiche siano imputabili a qualche personaggio anche pittoresco, vedasi Renzi. Tutti costoro dall’89 hanno guadagnato un’altra collocazione storica. Collocazione storica raggiunta con soddisfazione. Molti non vedevano l’ora di liberarsi da concetti politici che consideravano ormai orpelli. In questi, anni attraverso le loro politiche, hanno sistematicamente cancellato mezzo secolo di lotte: e qui sarebbe impietoso ricordare tutte le loro malefatte, dalle politiche sul lavoro alle privatizzazioni, alle controriforme sul diritto societario e sul diritto civile, eccetera. Questo raccogliticcio elettorale si è posto come strumento di stabilizzazione politica interna e europea. Solo che questo programma imposto dalla governance della Commissione Europea non ha fatto i conti con la geopolitica e con la crisi del 2008, crisi che non è ancora passata; e neppure ha fatto i conti con la sua criminale politica deflazionista che ha compresso fino al midollo i propri salari, riducendo a zero un mercato di 400 milioni di persone. Ora i nodi arrivano al pettine. E il Pd, dal suo presunto elemento stabilizzatore, è stato estromesso da Draghi che ne assume fino in fondo il comando in nome e per conte di un’Europa che vorrebbe “competere” con Cina e Stati Uniti, risultandone però l’anello debole proprio per le politiche ottuse menzionate poc’anzi.





I dati di oggi sono impressionanti. La Cina, dati di febbraio anno su anno: investimenti fissi +35%, produzione industriale +35,1%, vendite al dettaglio+33%. Ora gli Usa hanno fatto un piano annuale di 1.900 miliardi di dollari, quello europeo è di 7 anni. Gli americani che hanno un certo pragmatismo hanno capito che se vogliono “competere con l’altro attore mondiale”, le armi nude e crude non sono sufficienti e a modo loro rilanciano la domanda interna puntando su una forma specifica di plusvalore relativo. Qui da noi, invece, si continua ancora sul plusvalore assoluto cioè sfruttamento della mano d’opera, compressione dei salari aiuto incondizionato alle imprese. Sta tutta qui la crisi e la mancanza di prospettiva del Pd, più che degli altri partiti. La sua politica si era fondata su queste nefaste prospettive. Ed esse, oltre a mostrare la corda, sono risultate negative sial sul piano interno che internazionale. Mentre qui si puntava ancora sull’industria pesante, in altre parti del pianeta si sviluppavano le nuove frontiere della quarta rivoluzione industriale.

Questo sancisce il fallimento totale di una classe politica che aveva pensato che con l’89 fosse finita la storia. Con l’intervento della Commissione Europea per il tramite di Draghi c’è il tentativo disperato di tenere sull’Europa Unita e mettersi sul profilo degli altri attori internazionali. Un modo non più unipolare, ma multipolare. Tentativo a mio avviso vano, perché poggiato su vecchie politiche recessive.

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