L’AQUILA – “Ci sono persone costrette a vivere per anni con le dentiere che svolazzano, perché hanno ricevuto informazioni errate, sull’impossibilità per loro di potersi sottoporre ad intervento di impianto dentale con nuovi denti fissi, per le più svariate ragioni. Ritengo che vada fatta un’operazione verità”.
Parola del dottor Marco Parravano, direttore nel Centro di Implantologia dentale dell’Aquila, che ad Abruzzoweb ha deciso di fare chiarezza, su quelle che lui definisce “profezie spacciate per diagnosi”, sulle reali potenzialità e la praticabilità della riabilitazione dell’intera arcata dentaria per mezzo degli impianti.
Anche in presenza di determinate patologie come la cardiopatia, il diabete e l’osteoporosi, che in passato rappresentavano ostacoli insormontabili per l’implantologia “oggi sono fortunatamente viste con un occhio più specialistico, più esperto e più consapevole della effettiva relazione fra la terapia chirurgica in atto e l’entità della patologia esistente”.
Inoltre con l’introduzione della figura dell’anestesista negli interventi implantari, con il controllo avanzato dei parametri vitali e con l’utilizzo di tecniche chirurgiche più rapide e meno invasive come la soft implantology (implantologia dolce senza ricorrere all’apertura di lembi gengivali), oggi fortunatamente queste patologie vengono definite delle controindicazioni relative e non assolute alla implantologia.
Oltre alle patologie sopra citate rimangono ancora molto menzionate a caratteri cubitali come assolute barriere alla implantologia la scarsità d’osso presente nello scheletro mascellare e la famosissima malattia dentale chiamata “piorrea” oggi identificata nella nuova veste di “parodontopatia”.
Evenienze che in effetti in passato rappresentavano effettivamente un ostacolo. Ma che ora sono una consolidata routine, grazie ai progressi scientifici e alla messa a punto di diverse tecniche di intervento, qui di seguito descritti nel dettaglio che favoriscono il rapido inserimento di impianti anche con ridotta presenza di osso assicurando la contemporanea eliminazione della parodontopatia come malattia “spauracchio”.
Un giudizio autorevole, del resto, quello di Parravano, che gestisce nel capoluogo abruzzese una struttura che vanta una equipe di 17 fra medici e paramedici con sei sale operative di cui una chirurgica, una sala degenza post-operatoria, una sala raggi con Tac un laboratorio odontotecnico annesso e un centro di formazione.
Dove spiega il dottore, “siamo in grado di estrarre denti malati e irrecuperabili, modificare l’anatomia ossea e gengivale, eliminare patologie parodontali contestuali presenti inserire impianti nelle sedi progettate con il computer e posizionare nuovi denti fissi, tutto questo nell’arco di sette, massimo otto ore”
Primo mito da sfatare: non tutti possono sottoporsi ad interventi di implantologia.
“Capita fin troppo spesso di fare consulenze a pazienti che affermano di aver ricevuto diagnosi, – osserva a tal proposito il dottore , secondo cui l’idea di mettere impianti sarebbe per loro fantascienza a causa di questo o quell’altro impedimento. C’è chi è diabetico, poi c’e quello con la pressione alta, la signora con l’osteoporosi e quella con la piorrea. Immaginate che danni fanno le informazioni sbagliate.
C’è poi la più la più frequente informazione errata che viene fornita ai pazienti: “non c’è abbastanza osso per mettere gli impianti”.
Ma anche in questo caso, assicura Parravano, ci si trova di fronte ad un “mito-tabù”.
“Questi pazienti si sono fidati per lungo tempo di quella diagnosi infausta e alla fine rassegnati hanno accettato il loro triste destino gravato da problematiche fisiologiche e psicologiche legate alla difficoltà di mangiare e sorridere serenamente. Fortunatamente oggi ci sono tecniche affidabili e riconosciute – spiega infatti il dottore – che consentono di inserire impianti anche in situazioni estreme. Basta conoscerle e saperle attuare. Capita piuttosto spesso che vi sia un’esigua quantità di osso mascellare ma questo non rappresenta un ostacolo grazie alle nuove tecniche implantari che oggi permettono soluzioni radicali e immediate evitando ricostruzioni ossee e lunghi tempi di attesa. Nel corso degli ultimi anni, gli studi sull’implantologia si sono concentrati nel ricercare terapie rapide semplici ed affidabili per avere una immediata protesizzazione con nuovi denti fissi nella stessa giornata ed inoltre per risolvere casi complessi dove la quantità di osso residuo a disposizione per gli impianti dentali è insufficiente. Queste ricerche hanno sviluppato diverse tecniche implantari all’avanguardia utilizzate in caso di carenza di osso mascellare, fondamentale sostegno dell’impianto”.
Per l’esattezza quattro distinte tecniche: quella degli “impianti angolati”, degli “impianti pterigoidei” e degli “impianti zigomatici”, e infine la tecnica “rigenerativa di tessuto osseo”.
“La prima tecnica, quella degli ‘impianti angolati’ – entra nel dettaglio Parravano -, abitualmente utilizzata nel nostro Centro, consiste nell’utilizzo di speciali impianti molto più lunghi di quelli usati dalla metodica classica consentendo la loro applicazione in posizione obliqua rispetto alla cresta ossea, favorendo un migliore sfruttamento della stessa anche con ridotta presenza di osso e garantendo maggiore stabilità. Inoltre la posizione obliqua permette di raggiungere dei punti di appoggio per sostenere i denti, senza andare ad interferire con nessuna struttura anatomica pericolosa, riducendo rischi e aumentando le potenzialità risolutive e soprattutto favorendo l’applicazione immediata dei denti fissi sugli impianti nella stessa giornata.
C’è poi la seconda tecnica, quella degli “impianti pterigoidei”, che Parravano non esita definire “sorprendente”, perché usata in presenza di una notevole riduzione o addirittura assenza di osso nelle aree posteriori, dove sono posizionati i molari superiori.
“Questa metodica – spiega infatti il dottore – attraverso l’utilizzo di speciali impianti lunghi posizionati in differenti e non usuali sedi anatomiche del cranio sostituisce a pieno titolo la classica tecnica, ormai nota che implica la ricostruzione ossea mediante il rialzo del seno mascellare, con lunghi tempi di attesa, maggiori complicanze e minor garanzia di successo”.
Gli impianti pterigoidei garantiscono al contrario la riduzione dei tempi di esecuzione, di circa 30 minuti, dei tempi di guarigione a pochi giorni, l’alta percentuale di successo, e soprattutto evidenzia Parravano, “offre la possibilità di protesizzazione immediata, permettendo al paziente di poter uscire nello stesso giorno dall’ambulatorio con nuovi denti fissi impiantati”.
Per quanto riguarda la tecnica degli “impianti zigomatici”, Parravano spiega che è “da considerarsi l’ultima frontiera nella chirurgia implantare: viene utilizzata quando nell’arcata superiore c’è scarsità o assenza totale di osso nella zona posteriore e dove non è possibile neanche utilizzare la tecnica appena descritta degli ‘impianti pterigoidei’, . Si tratta in questo caso infatti di impianti che vengono fissati all’osso zigomatico, da cui il nome,, che insieme a quelli della tecnica di tipo angolato, messi anteriormente, potranno sostenere una protesi dentaria fissa nell’arco della stessa giornata senza aver ricorso a nessun innesto osseo”.
Arriviamo dunque alla quarta e ultima tecnica, di tipo rigenerativo di tessuto osseo e gengivale, usata in caso di totale ed estrema carenza di osso mascellare quando non è possibile attuare nessuna altra soluzione sopra decritta. Nel Centro del dott Parravano la rigenerazione del tessuto osseo è reso possibile grazie alla preziosa collaborazione con il Centro Immunotrasfusionale della Asl dell’Aquila diretto dal dottor Luigi Dell’Orso.
“Nel nostro Centro questa rigenerazione è coadiuvata dall’impiego dell’estratto piastrinico considerato un nuovo approccio alla rigenerazione dei tessuti ossei e gengivali. Prelevando sangue dal paziente da trattare, nel Centro Immunotrasfusionale è possibile produrre il Prp, un concentrato piastrinico ricco di fattori di crescita (Estratto piastrinico) che fornito alla nostra struttura in forma solida a temperature di – 80 gradi viene successivamente scongelato e mescolato con osso animale o sintetico e innestato nello stesso paziente donatore di sangue favorendo in modo decisivo la rigenerazione dei tessuti ossei e gengivali fondamentali elementi di sostegno per gli impianti.
“Il messaggio fondamentale che voglio lanciare è che laddove esistano progressi scientifici che permettono il superamento di deficit che in passato rappresentavano un ostacolo per migliorare la propria qualità della vita, è doveroso usufruirne e cercare la soluzione quanto più vicina alla perfezione, senza lasciarsi sbarrare il percorso da dubbiose diagnosi senza speranze”, conclude Parravano.
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