“IN ABRUZZO NON SIAMO ALLEATI CON RENZI E CALENDA”, AFFERMAZIONI DI CONTE MINANO CAMPO LARGO

27 Febbraio 2024 17:51

Regione - Politica

L’AQUILA – “In Abruzzo non siamo alleati con Renzi e Calenda. Sono forze civiche con candidati che si rifanno a loro.”

A qualcuno in Abruzzo fischieranno le orecchie, ad ascoltare quanto affermato da un euforico leader del Movimento 5 stelle Giuseppe Conte, a poche ore dalla vittoria della sua Alessandra Todde in Sardegna, candidata del campo largo del centrosinistra, costruito intorno all’alleanza tra Partito democratico e pentastellati. Un campo largo che però nell’isola non ha visto la partecipazione di Azione di Carlo Calenda e di Italia Viva di Matteo Renzi, che hanno invece appoggiato con liste civiche e senza simbolo, rimediando una batosta, il candidato terzo incomodo Renato Soru, imprenditore fondatore di Tiscali ed ex governatore sardo, che non ha superato la soglia di sbarramento del 10%.

Il punto è però che notoriamente in Abruzzo, ad appoggiare assieme a Partito democratico e al Movimento 5 stelle il candidato presidente Luciano D’Amico, contrapposto al presidente uscente Marco Marsilio, di Fdi,  Azione e Italia viva ci sono eccome, e non sono affatto nascoste, come ha lasciato intendere Conte, dietro liste civiche. Azione corre con il suo simbolo, Italia viva si è alleata con il Psi, nella lista “Riformisti e civici”, schierando un buon numero di dirigenti, tesserati e amministratori dei due partiti. Tanto che sarà domani in Abruzzo la deputata di Italia Viva Maria Elena Boschi, ed già fatto un tour elettorale il leader di Azione Carlo Calenda.

A non far cadere le parole di Conte è stata la consigliere regionale di Forza Italia, ex M5S, e candidata alle elezioni regionali nella circoscrizione di Chieti Sara Marcozzi.





“Invito Conte a informarsi o a smettere di mentire: il M5S in Abruzzo – dopo aver messo e fatto evaporare veti su entrambi – è alleato sia dell’uno che dell’altro, e quando arriverà nella nostra regione vedrà il suo simbolo in mezzo a quello degli altri due. Sia chiaro, Conte ha tutto il diritto di vergognarsi della coalizione abnorme che ha contribuito a costruire e che appoggia, ma almeno abbia il coraggio di dire la verità. Come può una coalizione che rinnega sé stessa prima del voto presentarsi in modo credibile di fronte agli abruzzesi?”.

E questa sortita di Conte, che sarà anche lui in Abruzzo giovedì prossimo, non può certo fare piacere al segretario regionale di Italia Viva, Camillo D’Alessandro, che ha esultato, alla fine dei conti, anche lui per la vittoria di Todde in Sardegna: “Cosa lega la Sardegna all’Abruzzo? La stessa idea di prepotenza che viene sconfitta; l’idea dei padroni d’Italia, non fratelli, che pensano di poter imporre i candidati. Lì lo hanno fatto ed hanno perso ed in Abruzzo hanno una pretesa addirittura maggiore, quella di farci subire per un’altra legislatura un romano. E’ un’idea di prepotenza che non ha a che fare con il potere, ma con un’idea padronale della regione. Nessun automatismo tra Sardegna ed Abruzzo, se non un filo rosso che lega i prepotenti d’Italia da lì, dove sono stati sconfitti, a qui, dove gli abruzzesi si sono resi conto che ce ne possiamo liberare“.

Lo stesso dicasi per il deputato e segretario regionale di Azione, Giulio Sottanelli: “Dalla Sardegna arriva un segnale che conferma la bontà della scelta di Azione in Abruzzo. D’Amico è la persona giusta e sono certissimo che l’esito dell’elezione sarda sia ulteriormente propulsivo per la vittoria finale, che cambierà le sorti della nostra Regione. Qui c’è bisogno di attrattività e di crescita, con i giovani che dovranno convivere con una realtà che vanti parametri almeno pari a quelli del Nord. Sono molto fiducioso e speranzoso nella vittoria di Luciano D’Amico, prossimo Governatore”.

Non solo, Carlo Calenda dopo la disfatta sarda ha dichiarato a Huffpost: “Alle Regionali correre da soli, pur con un progetto come è successo in Sardegna e in Lombardia con Letizia Moratti non è fattibile e non lo faremo più. Perché per un candidato terzo – nonostante l’8% in Sardegna e il 10% in Lombardia non siano da buttare – sono improponibili. Anche per questo in Abruzzo siamo all’interno di una coalizione larga”. Come fatto appunto in Abruzzo e alla domanda, “Ora le toccherà ragionare per forza con Giuseppe Conte?”, ha così risposto: “Alle regionali è impossibile fare altrimenti. Certo, non a tutti i costi”.

Ma del resto non è la prima volta che, al netto di inopportuni scivoloni dialettici, il Movimento 5 stelle ha mostrato insofferenza per gli alleati centristi nel campo largo.





In autunno in Abruzzo, quando la coalizione doveva essere ancora costituita,  le dichiarazione secondo le quali i pentastellati non volevano Italia viva dentro, provocarono le legittime ire del segretario regionale D’Alessandro. E perentorio è stato anche il niet all’ipotesi di candidare presidente l’ex deputato e parlamentare Carlo Costantini esponente di Azione, come in tutti i modi aveva cercato di fare Sottanelli, per poi fare buon viso a cattivo gioco, e accettare la candidatura più condivisa, del professor Luciano D’Amico.

Ed ora non solo Conte, ma anche i candidati alle regionali abruzzesi insistono sul concetto, di “campo giusto”, da qualcuno letto come una evoluzione “purista” ed “escludente” del campo largo.

Ha detto infatti l’ex presidente del Consiglio: “lavoriamo sempre per realizzare un ‘campo giusto’, un progetto solido, concreto e serio con le altre forze politiche e civiche ma che siano compagni di viaggio affidabili. La chiarezza, la linearità condivisa e anticipata ripaga. Meglio avere un progetto politico con obiettivi chiari e impegnarsi a realizzarli invece che fare un cartello elettorale, un cartello di sigle che vuol dire fare più che un campo giusto quello che definisco un ‘campo minato’, perché inizi a governare ma poi ti dividi su tutto”.

 

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