LA DENUNCIA DI APPENNINO ECOSISTEMA: “LA MAFIA DEI PASCOLI E’ DOVUNQUE IN ABRUZZO”

27 Settembre 2023 11:04

Regione - Cronaca

L’AQUILA – “I preziosi habitat di alta quota dell’Abruzzo, tutelati dalla Rete Natura 2000 dell’Unione Europea e da numerosi Parchi e Riserve Statali e Regionali, sono pesantemente danneggiati dai comportamenti illegali di moltissime aziende zootecniche, che lasciano al pascolo vacche e cavalli in forma brada, spesso anche nel periodo invernale (come vietato da normative nazionali e regionali), lucrando truffaldinamente i cospicui contributi dell’Unione Europea loro concessi invece “per il miglioramento del pascolo”, in base al Piano di Sviluppo Rurale Regionale”. Lo afferma l’associazione  aquilana Appennino ecosistema in riferimento alla indagine sulla mafia dei pascoli.





“Ogni tentativo di regolamentare in modo certo e moderno le attività allevatoriali sulle nostre montagne o di applicare le norme vigenti poste a protezione degli ecosistemi montani si scontra con interessi, protezioni e connivenze a tutti i livelli che bloccano ogni iniziativa, tanto da far pensare ad una pesante influenza della criminalità organizzata: così, il Piano e il Regolamento della Riserva Naturale Statale Monte Velino (che imporrebbero una gestione equilibrata e moderna dei pascoli, con regole e sanzioni certe) elaborati nel 2022 sono stati immediatamente attaccati e insabbiati dagli allevatori locali e dalle Amministrazioni Locali e Regionale; così, il Piano del Parco e quello dei Pascoli del Parco Naturale Regionale Sirente Velino attendono la loro approvazione da decenni, insabbiati da resistenze a tutti i livelli”.

“Così, le indagini che misero in relazione il grande incendio del Morrone del 2017 con lo scontro tra opposte cosche mafiose di allevatori per accaparrarsi alcuni milioni di contributi dell’Unione Europea in pieno Parco Nazionale della Majella ancora non vedono alcun esito, dopo oltre cinque anni da quei terribili fatti; così, il Regolamento di attuazione della Legge Regionale Abruzzo n. 3/2014 (che imporrebbe regole e sanzioni certe per tutta la materia delle foreste e dei pascoli) attende da ormai dieci anni la sua approvazione da parte del Consiglio Regionale, bloccato da resistenze innominabili; così, gli stessi Regolamenti dei Parchi Nazionali del Gran Sasso e della Majella attendono da oltre vent’anni la loro approvazione da parte degli Enti Parco e del Ministero dell’Ambiente, senza che nessuno faccia pressione perché la Legge n. 394/1991 sia finalmente attuata”.

“Il pascolo brado di vacche e cavalli costituisce oggi una delle principali minacce all’integrità degli ecosistemi e delle specie montane. La presenza di enormi quantità di questi animali (ogni anno si contano decine e decine di mandrie di 50-100 bovini e centinaia di equini) liberi di muoversi senza controllo e spesso presenti anche nel periodo invernale, sta infatti provocando gravi danni alle praterie naturali, agli ambienti umidi ed ai boschi di montagna in tutti gli Appennini Centrali, che fino a pochi decenni orsono conoscevano la presenza soltanto degli ovini, presenti solo nel periodo estivo, sempre ben custoditi e, soprattutto, di gran lunga meno dannosi per l’ambiente. Ogni anno, con l’avvio alla monticazione del bestiame domestico, si notano gravissimi danni a carico degli habitat tutelati dall’Unione Europea (in particolare, quelli prioritari 6210*, 6230* e 9210*) dovuti al pascolo brado di bovini ed equini, spesso lasciati al loro destino in montagna anche nel periodo invernale e senza alcuna custodia”.





“Oltre che dannoso, il pascolo brado e/o nel bosco è vietato da norme di carattere generale e dalla Legge Regionale n. 3/2014. Nei territori protetti da Zone Speciali di Conservazione o Zone di Protezione Speciale dell’Unione Europea, inoltre, il pascolo oltre i limiti temporali fissati per la monticazione e la demonticazione è vietato  con delle  sanzioni e i proprietari sono punibili per i danni arrecati dai loro animali agli habitat anche in base all’art. 733-bis del codice penale (distruzione o deterioramento di habitat all’interno di un sito protetto), che prevede l’arresto fino a 18 mesi e l’ammenda non inferiore a 3.000 euro. Tali condotte illegali sono tanto più gravi in quanto si realizzano soprattutto nel territorio dei Parchi Nazionali d’Abruzzo, Lazio e Molise, del Gran Sasso e Monti della Laga, di quello della Majella, nella Riserva Naturale Statale Monte Velino e nel Parco Naturale Regionale Sirente Velino (e spesso nelle loro Zone A di Riserva Integrale), dove sono  vietate in modo assoluto se esercitate in forma brada e/o nel bosco. I proprietari sono punibili, in questi casi, anche in base all’art. 13 e art. 30, c. 1 della L. n. 394/1991 (interventi in assenza del nulla osta dell’Ente Parco ed in difformità dal Piano del Parco)”.

“Appennino Ecosistema chiede all’Autorità giudiziaria e a tutte le Forze di Polizia, e in particolare ai Reparti preposti dei Carabinieri, di sviluppare un’incisiva azione che consenta di arginare i numerosi fenomeni di pascolo abusivo, gravemente dannosi per l’integrità degli ecosistemi e delle specie protette dai Parchi, dalle Riserve e dall’Unione Europea, anche in modo da tutelare le forme di allevamento esercitate in modo equilibrato e nel rispetto dell’ambiente e della normativa vigente”.

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