L’AQUILA – Sono passati sedici anni dalla morte di Alessandro Orsini, grande giornalista aquilano scomparso il 9 maggio 2009 a poco più di un mese dal devastante terremoto del 6 aprile.
Oggi, nella chiesa di San Bernardino, la sua famiglia lo ha ricordato con una messa in suffragio, semplice e intensa, che ha raccolto alcune delle persone a cui era molto legato, tra l’altro nel giorno della sconfitta della sua amatissima L’Aquila Calcio, da qualche anno L’Aquila 1927, nella semifinale playoff di Serie D contro la Forsempronese, nello stadio “nuovo”, il “Gran Sasso-Acconcia” che non ha fatto in tempo a frequentare e nella cui tribuna si trova la cabina stampa a lui dedicata.
Uno dei tanti casuali segni del destino – la sconfitta dei rossoblù a maggio e dopo una pioggia impietosa che di maggio non ha nulla – che proprio Orsini avrebbe “steso” sulla carta stampata del suo amatissimo quotidiano Il Messaggero per far capire al lettore, in poche ed incisive righe con punte di feroce ironia, che la vita può funzionare anche così.
Quel che è certo, ancora nel 2025, è che è pressoché sempre difficile, quando si parla di Sandro, trovare le parole giuste per celebrarlo e ricordarlo nel migliore dei modi.
Del resto, non è stato soltanto un cronista di razza, ma un osservatore attento e appassionato della sua terra, capace di raccontare con rigore e sensibilità, ma pure utilizzando stilettate ed ironie senza appello, la cronaca, le trasformazioni, le contraddizioni e le ferite dell’Aquila ben prima che il sisma la cambiasse nuovamente nelle fondamenta.
Alla sua voce ed alla sua penna limpide e competenti, si affidavano in molti per capire, per orientarsi, per sentirsi parte di una comunità. Per questo la sua scomparsa, in un momento drammatico come quello del post-terremoto, è stata inevitabilmente avvertita come una perdita collettiva, lacerante. A distanza di anni, la sua figura continua a mancare. Manca alla professione giornalistica, che in lui aveva trovato un punto di riferimento onesto, acuto, incapace di scadere nella banalità, ma manca anche alla città, alla sua vita civile e culturale, alla memoria condivisa di un tempo che si è spezzato e che Orsini avrebbe saputo raccontare come pochi.
A portarne avanti il ricordo, oggi, è anche suo figlio Alberto – che dal giornalismo è stato scelto come accaduto ad Alessandro – tra l’altro ex capo redattore di AbruzzoWeb.it e attualmente giornalista Rai del TG3 regionale abruzzese. Proprio lui, Alberto, continua a raccontare la sua terra con competenza, rigore e onestà, esattamente come faceva suo padre, in perfetta continuità morale con la famiglia composta dalla moglie di Alessandro, Rita Ferella, straordinaria maestra elementare da un po’ in pensione, e dal bravissimo ed educatissimo Andrea.
Non solo nel lavoro quotidiano dell’informazione, ma anche nelle passioni che affianca alla professione: dalla scrittura di librigame all’approfondimento culturale e storico legato all’Aquila, la città sua e del padre, che continua a esplorare, narrare e onorare con intelligenza e sensibilità.
Ricordare Alessandro Orsini, dunque, non è solo un gesto di affetto o di nostalgia. È un atto di responsabilità, seppur scritto da chi non ha neppure un grammo della sua statura morale, verso la memoria collettiva e verso un’idea di giornalismo come servizio alla verità e alla comunità, in un periodo storico in cui pure il giornalismo scivola nella mediocrità più nera, segno dei tempi malati in cui viviamo. E allora, non resta che aggrapparci alla lezione di Sandro, persona speciale che continua a vivere anche grazie a chi ha saputo raccoglierne l’eredità con passione e coerenza. (r.s.)
- LA LEZIONE DI ORSINI, GIORNALISTA DI RAZZA CHE HA RACCONTATO L’AQUILA CON ONESTA’, RIGORE ED IRONIAL’AQUILA – Sono passati sedici anni dalla morte di Alessandro Orsini, grande giornalista aquilano scomparso il 9 maggio 2009 a po...