L’ACCUSATORE DI DI PIETRO E’ MARSICANO: ”IDV GESTITA COME ‘COSA NOSTRA”’

di Elisa Marulli

8 Dicembre 2012 08:09

Regione -

L’AQUILA – Socio fondatore dell’Italia dei valori nel lontano 1997 e dal 2000 membro della famigerata associazione “a tre” insieme ad Antonio Di Pietro e alla fedelissima Silvana Mura. Quattro anni dopo, però, ne viene estromesso.

Il motivo? “La gestione familiare come fosse Cosa nostra di tutti i contributi pubblici del partito”.

L’avvocato Mario Di Domenico, originario di Capistrello (L’Aquila) è tra i grandi accusatori del leader dell’Idv comparsi nell’inchiesta di Report dal titolo “Gli insaziabili” che si è abbattuta come un uragano sul partito, contestando le modalità di gestione dei fondi pubblici e passando al setaccio le proprietà immobiliari della famiglia Di Pietro.

Già qualche anno fa, Di Domenico ha messo in discussione il “simbolo di Mani pulite” nel libro-dossier Il colpo allo Stato. Oggi continua a farlo, perché “la politica si fa con l’esempio, e lui ha fallito. Di Pietro deve andarsene, politicamente non serve più al Paese”.

Lei è tra i soci fondatori del partito dell’Italia dei valori e nel 2000 diventa segretario dell’omonima associazione. Nel 2004, però, viene cacciato e sostituito dalla moglie di Di Pietro, Susanna Mazzoleni. Cos’è andato storto?





L’associazione nasce con il fine iniziale di organizzare un partito tra i soci fondatori, ovvero io Di Pietro e la Mura. Dopo qualche anno, però, si sarebbe dovuta aprire anche ai tesserati, ed è ciò che gli ho fatto presente.

Inizialmente mi ha fatto credere che lo avrebbe fatto, per poi invece inserire nell’associazione la moglie. Per ben nove anni hanno continuato a gestire in famiglia, come fosse Cosa nostra, un partito che voleva attuare una riforma morale della politica e portare avanti i nuovi valori del dopo tangentopoli.

Qual era il meccanismo per la gestione dei fondi?

Il “gioco delle tre carte” era questo: il partito si chiama ‘Italia dei valori’, l’associazione anche. All’incasso passava l’associazione familiare, che gestiva e determinava a chi, come e quando, dovessero andare i rimborsi all’interno del partito. Ritengo che sia una cosa vergognosa che, nella storia d’Italia, non era mai accaduta. Che poi fosse fatta dal simbolo di Mani pulite, è ancora più grave.

Lei conosceva Di Pietro da molti anni ma a un certo punto i vostri rapporti si sono rotti. Ha notato che fosse cambiato?

Era un’altra persona. Il denaro cambia le persone, non c’è niente da fare. Quando sono arrivati i soldi, ed erano tanti, le persone non erano più le stesse e la storia era già finita lì.





Nel servizio di Report si indaga anche sulle proprietà immobiliari della famiglia Di Pietro, cresciute esponenzialmente nel corso degli anni. Che idea si è fatto in proposito?

Uscirà a febbraio un mio libro dal titolo Onorevole dica la verità, stia zitto con la prefazione del magistrato Ferdinando Imposimato, che conterrà dettagli che ora non voglio rivelare. Comunque, fosse anche un solo mattone, secondo me ha commesso un reato. E di prove ce ne sono abbastanza.

Secondo lei cosa dovrebbe fare Di Pietro a questo punto? E come vede il futuro dell’Idv?

Ho partecipato alla fondazione del partito, ho elaborato gli otto statuti sui quali è stato costruito. Di Pietro deve andarsene. Si goda le sue pensioni, ma politicamente non serve più al paese. La politica si fa con l’esempio. Se questo è il risultato del segnale che lui voleva dare al paese, ne possiamo fare a meno.

Dal momento in cui me ne sono andato non ci sono più rapporti con lui, ma solo cause pendenti che avranno un seguito giudiziario. A tal proposito, voglio sottolineare che non sono mai stato condannato per diffamazione né esistono denunce penali in tal senso. È solo un’altra panzana che va dicendo in giro. Vorrei precisare, inoltre, che una cosa è la verità della giustizia, tutt’altra è la verità storica.

La politica si fa con l’etica, e di questo deve rispondere. È inutile che ogni volta tiri fuori la sentenza dicendo che non ha commesso reati. Se qualcuno si prendesse la briga di leggerle le sentenze, si renderebbe conto che sono piene di molti punti interrogativi sull’immagine di Di Pietro. Questo per un politico è devastante.

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