L’ANIMA DI UNA TERRA IN UN PIATTO RICCO DI SAPORI E PROFUMI, ROPPOPPO’ CANTA LE VIRTÙ TERAMANE

di Filippo Tronca

1 Maggio 2022 09:31

Teramo - Abruzzo, Video

TERAMO – “In chiave religiosa le virtù sono sette; pertanto, devono essere sette, per esempio, i legumi, sette gli ortaggi, sette gli odori, sette i giorni di preparazioni, sette le “fandelle”. Le virtù hanno una valenza economica e sociale; economica perché legata alle ultime provviste dell’anno da consumare e da sostituire con le primizie, un piatto “del risparmio”, povero e ricco nello stesso tempo. Ma le virtù sono anche simbolo della socialità come rafforzamento dei rapporti interpersonali di ieri e di oggi”.

La terra teramana in un piatto, le mitiche Virtù, raccontate quest’anno da Franco Palumbo, in arte Roppoppò, popolarissimo musicista, in una canzone e in un video girato nella cantina di Porta Romana a Teramo, ospite dello storico gestore Marcello Schillaci

Il video di Roppoppò già fa incetta di condivisioni su youtube. Il testo della canzone è stato scritto assieme a Simonetta Sacripanti originaria di Villa Ripa di Teramo, insegnante di italiano e storia all’istituto Di Poppa Rozzi.

Recita una delle strofe, in impeccabile vernacolo: “Quand’è bbunә li vәrtù, sә magnә da mill’ann’ e cchjù. M’arcummannә giuvәndù ‘mbarә a farlә purә tu. La lendә e cicә sicchә, fasciulә cannәllinә, cәcerchjә e li biscillә, la favә e li tundinә. Cә vo’ settә legumә pә’ sta spәcәalәtà carotә ajә e cipollә, però nәn po’ manga’.

Ed è proprio il primo maggio, il giorno consacrato a Teramo non solo alla festa dei lavoratori, ma appunto alle Virtù,  specialità gastronomica a cui è stato dedicato un vero e proprio “Disciplinare” e che si presenta solo in apparenza come una minestra dai toni verdi, ma con la caratteristica di mantenere intatta la singolarità dei sapori dei numerosi ingredienti.

“L’idea è stata concepita anni addietro, ma poi i diversi temi dei brani composti fino ad oggi non mi hanno dato molto spazio alle tradizioni culinarie locali – spiega Abruzzoweb Roppoppò -. In seguito, assistendo alla presentazione di un libro di una mia amica riguardante la vita di allora che si tramanda, è rifiorita l’idea di scrivere un pezzo che avesse la finalità di diffondere anche attraverso la musica una preziosa ricetta originale da mantenere viva e da trasmettere alle nuove generazioni”.

Del resto spiegà l’artista, “le virtù sono un piatto fortemente legato ai ricordi che risalgono alla mia infanzia. Sin da piccolo la mia famiglia ha rispettato questa tradizione da condividere con parenti e amici, preparando e gustando un piatto così ricco che è parte integrante della teramanità. Ricordo in particolare la mia vicina di casa Cecilia, la cuoca del paese, che già una settimana prima iniziava la preparazione delle virtù ripulendo le madie e tuttora ho in mente il suo ritorno dalla campagna con una cesta colma di erbe spontanee facendo sosta da zia Filomena che le riforniva gli odori”.





Conclude Palumbo: “In questi tempi bui di guerra, è interessante leggere le virtù per via analogica. Ogni ingrediente rappresenta un popolo che ben si sposa con un altro affinché a piatto finito risulti un’opera di integrazione, convivenza pacifica e, si spera, duratura nel tempo”.

IL TESTO DELLA CANZONE

Li vәrtù tәrramanә
(Musica Franco Palumbo – Testo: Franco Palumbo e Simonetta Sacripanti)

Li vicchjә a li fandallә dә sanguә tәrramanә,
tramandә ‘na rәcettә, da cocә pianә pianә.
Pә’ farlә tale e qualә ‘nda è la tradizzijonә,
cә vo’ ‘na sәttәmmanә pә’ la lavurazzijonә

Quand’è bbunә li vәrtù,
sә magnә da mill’ann’ e cchjù.
M’arcummannә giuvәndù
‘mbarә a farlә purә tu.

Lu primә maggә a Termә, com’è d’andic’ usanzә
’n bbona cumbagnije sә magnә ’sta pjәtanzә.
A tutta ‘llà gendә chә la vo’ prәpara’
jì candә’sta canzonә pә’ faijәl’arcurda’.

Apprimә dә la Pasquә, li bbellә tәrramanә,
pulavә la crәdenzә e l’archә dә lu panә,
la pastә fattә a mmanә e callә ch’arprәzzavә
sә l’arpunnavә tuttә pә’ quandә jә sәrvavә.

Quand’è bbunә li vәrtù,
sә magnә da mill’ann’ e cchjù.
M’arcummannә giuvәndù
‘mbarә a farlә purә tu.





La lendә e cicә sicchә, fasciulә cannәllinә,
cәcerchjә e li biscillә, la favә e li tundinә.
Cә vo’ settә legumә pә’ sta spәcәalәtà
carotә ajә e cipollә, però nәn po’ manga’.

Mәsәrәcordijә e annitә, spәnacә e cәcuriattә, burraggәnә, scarolә e ’ndiviә e fәnucchiattә, scrәppignә, spirnә e ‘mbijtә, carciofә e pәpәrellә,
li cotәchә e li pitә cә vo’ dә lu purcellә.

Quand’è bbunә li vәrtù,
sә magnә da mill’ann’ e cchjù.
M’arcummannә giuvәndù
‘mbarә a farlә purә tu.

Sta cosә che vә dәchә, l’avat ‘a capì bbonә:
<<stù piattә prәlәbbatә n’haè ‘nu mәnәstronә.>>
E tuttә st’ingredjendә chә jì so’ nnumәnitә,
sә cocә a unә a unә e ‘nzimbrә va ‘mmischijtә.

Ma quallә che so’ dattә angorә nna è tuttә, ci’amanghә la panzattә e l’ossә dә prәsciuttә.

Pәrtәsannәlә, majuranә, sellәrә, vasәnәcolә,
ujә, salә, papә, salviә, mәnduccә e pummadorә.

Sә fa vullә’ la pastә all’uddәmә mumendә
ma li vәrtu’ n’dè da ess’ asciuttә e manghә lendә
e ‘nzommә l’ingredjendә te da essә simbrә settә ma ognunә, coma po’, s’assettә la rәcettә.

E quandә nghә na partә vi a magna’ li vәrtù
mignә quallә chә cә truvә, ma fajә pruva’ purә lli tu. E dapù sә casomajә è troppә la razzijonә,
a la matinә appressә sә magnә a culazzijonә.

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