L’AQUILA – Che l’avvocato Attilio Cecchini sia stato un legale di prima grandezza è cosa risaputa ma non tutti sanno che questa eccellenza dell’Aquilanità sia stato anche un giornalista grande e impavido con i suoi articoli contro il regime militare scritti per “La Voce d’Italia” con l’aquilano Gaetano Bafile in Venezuela dove scelse di emigrare per voglia di libertà; fu anche corrispondente di Paese Sera in Italia con tre pseudonimi in calce ad articoli infuocati. Pezzi scomodi che davano fastidio anche allo Stato Italiano che negli anni cinquanta inviava in sudamerica bocche da sfamare. Tornò all’Aquila alla fine degli anni cinquanta.
La sua immensa figura è emersa in occasione dell’ultimo atto di un dovutoe opportuno tributo a cento anni dalla nascita. Ieri, infatti, nel teatro dell’Accademia delle Belle arti, il giornalista Angelo De Nicola e il documentarista Gianfranco Di Giacomantonio hanno organizzato l’evento speciale “Don Attilio Cecchini: l’ultima intervista”. Si tratta dell’ultima, inedita, intervista concessa loro il 20 marzo 2018 da Cecchini, scomparso il 5 gennaio 2021 a 96 anni. La sua carriera, con una vita avventurosa, lo ha visto impegnato su più fronti e viene citato persino dal premio Nobel Gabriel García Márquez per il suo lavoro d’inchiesta sulla scomparsa di sette siciliani a Caracas.
Lo stesso Di Gacomantonio, eccellente documentarista, attività per la quale ha ricevuto molti premi, per certi versi ha avuto una esperienza simile avendo subito l’umiliazione del carcere ingiusto nel 2014 da parte del regime dittatoriale ed ebbe anche lui l’occasione di incontrarsi con Marquez.
Tornando a Cecchini, dunque, nell’intervista emergono anche spunti molto curiosi, per spiegare perchè e come decise di emigrare in Venezuela pur essendo, benchè giovanissimo, già un avvocato affermato. Alla base di tutto la voglia di evadere.
Da giovane avvocato, dopo la pratica nello studio legale del penalista Carlo Rossi fece capire subito subito di che pasta fosse fatto “ero sufficientemente presuntuoso”dice al riguardo. “Il mio maestro che non era un civilista “, racconta nell’intervista, “mi affidò, pur giovanissimo, il compito di redigere un ricorso civile per la Cassazione. Si sparse la voce nell’ambiene e l’avvocato Angelo Colagrande senior, che sarà poi sindaco dell’Aquila, grande personalità ed eccellenza del Foro,mi chiese di fargli leggere il ricorso. Io temevo il suo giudizio. Poi, un bel giorno mi consegno una busta con la sua risposta con un elogio: bravo”. Poi la decisione di cambiare vita.
“Che stessi per andare in Venezuela non lo sapeva nessuno”, dice nell’intervista, “tranne i miei genitori cui avevo espresso la mia volontà di emigrare ma avevo anche bisogno di un loro supporto. Io volevo partire come i veri emigranti con la valigia e niente soldi in tasca viaggiando in terza classe, cominciando da zero. E dissi ai miei genitori che avevo solo bisogno di un passaporto sul quale ci fosse scritta la qualifica di trattorista agricolo”. Altrimenti non sarebbe potuto entrare in quel Paese sudamericano. “E allora dissi a mia madre, che all’Aquila era una potenza, che avevo necessità di un passaporto con quella qualifica”. Lo ebbe e salpò per il sudamerica.
Una volta lì scrisse articoli con Bafile, grande cronista pure lui, contro il regime che lo fecero rischiare grosso, ma erano molto incisivi anche i suoi pezzi per Paese Sera. “Avevamo concertato dei pezzi con il direttore Fausto Cohen, e il direttore degli esteri, sapevamo di correre dei rischi siamo stati degli incoscienti e a mezzo secolo di distanza mi domando come sono spravvissuto, abbiamo camminato sulla dinamite”. Cecchini, tra l’altro, mancò di un nonnulla l’intervista a Fidel Castro per via dei troppi impegni del leader cubano.
Nel 1959, dopo la morte della sorella Maria (che lo aveva seguito in Sudamerica) per un proiettile vagante durante una rapina, decise di tornare all’Aquila dove riaprì lo studio e divenne un principe del Foro di rango nazionale intervenendo in tutti i processi di rilievo come il caso Perruzza di Balsorano, oppure per gli arresti nel 1992 della giunta regionale abruzzese con sue forti critiche al “rito ambrosiano”, adottato anche dalla magistratura aquilana ma con meno fortuna, e i processi del post sisma.
Due giorni fa c’è stato un altro omaggio a palazzo di giustizia con testimonianze di alcuni suoi colleghi quali Paolo Vecchioli, Vittorio Fatigati, Biagio Tempesta, Fabrizio Marinelli.
- L’AQUILA: I CENTO ANNI DI ATTILIO CECCHINI: PRINCIPE DEL FORO E GIORNALISTA SCOMODO E IMPAVIDOL'AQUILA - Che l'avvocato Attilio Cecchini sia stato un legale di prima grandezza è cosa risaputa ma non tutti sanno che questa ecce...