L’AQUILA – “Stamani Roma, si è chiuso il procedimento di primo grado nei confronti del professor Ferdinando Di Orio, con la caducazione dell’iniziale accusa di concussione mossagli dal collega, professor Sergio Tiberti, e la derubricazione del reato di concussione in quello meno grave induzione indebita”.
Così gli avvocati Mauro Catenacci e Guido Calvi, difensori dell’ex rettore dell’Università dell’Aquila, in una nota, commentano la sentenza di condanna a tre anni di reclusione del loro assistito con l’accusa di aver indotto il suo collega docente Sergio Tiberti a consegnargli somme non dovute.
I due legali, che annunciano appello, parlano di induzione indebita e non di concussione, reato per il quale Di Orio stato rinviato a giudizio e sul quale si è aperto il processo a Roma, rifacendosi alla riforma Severino dell’ottobre 2012.
“Si tratta – si legge ancora nella nota – di una figura introdotta nel 2012 dalla legge Severino, che prevede la punibilità sia di chi paga che di chi riceve, e che in questo caso è stata applicata al solo prof Di Orio, e non anche al professor Tiberti, in ragione di un principio di irretroattività della legge penale”.
Per gli avvocati Catenacci e Calvi, quest’ultimo ex componente non togato del Csm, “se insomma la presunta commissione dei fatti contestati fosse avvenuta dopo il 2012, sarebbero stati condannati sia accusato che accusatore. Per quanto qualitativamente e quantitativamente meno grave di quella inizialmente ipotizzata, anche questa accusa è comunque ritenuta dai difensori, del tutto insussistente e verrà pertanto assoggettata ad appello non appena saranno rese note le motivazioni della sentenza”.
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