L’AQUILA, LUNGHE LISTE ATTESA PER RIABILITAZIONE: “MIO FIGLIO SENZA TERAPIE, NESSUN AIUTO”

di Azzurra Caldi

26 Febbraio 2022 08:24

L'Aquila - Sanità

L’AQUILA – “Siamo arrivati al punto che un bambino non si può curare perché non ha soldi. Dopo mesi di attese e appelli caduti nel vuoto, con la scusa del covid e della carenza di personale, ne abbiamo la certezza: se non puoi permetterti una struttura a pagamento non importa a nessuno, siamo stati abbandonati”.

È un grido d’aiuto carico di disperazione quello di una giovane mamma aquilana che non riesce a garantire al figlio, un bambino di 4 anni, un trattamento riabilitativo di neuropsicomotricità e logopedia in quanto, nei tre centri di riabilitazione della Asl 1 – a Collemaggio, Pizzoli e San Demetrio Ne’ Vestini – le liste di attesa sono troppo lunghe, non c’è spazio e non c’è personale.





Almeno secondo quanto sarebbe stato riferito: “Nella relazione clinica della dottoressa che ha seguito mio figlio, a seguito di una valutazione psicodiagnostica, è emerso un disturbo medio-grave ‘nell’ambito di un ritardo cognitivo’. Per questo a settembre è stato disposto, ‘con urgenza’ tra l’altro, l’inizio del trattamento che consisterebbe in 4 sedute settimanali, due di neuropsicomotricità e due di logopedia. Non siamo mai riusciti ad accedere a queste cure perché, ci è stato spiegato, un po’ a causa dei percorsi covid, un po’ per liste d’attesa e la carenza di personale, sembra non esserci spazio per mio figlio”.

“In questi mesi non so più quanti ‘eh signora lo so ma…’ mi sono sentita dire. Tutti paletti che, come è evidente, non aiutano il bambino. L’unica soluzione che abbiamo è fare ricorso a strutture private”.

E qui si apre un capitolo ancora più delicato: “Io non lavoro, il mio compagno è uno stagionale. Per il bambino con la 104 arrivano 280 euro che ci aiutano un po’ per le esigenze primarie”.





Ma per quanto riguarda le visite, “dovremo spendere 140 euro a settimana, ovvero 35 euro a seduta. Dopo mesi a cercare una soluzione, dopo aver capito che siamo stati completamente abbandonati, abbiamo deciso di fare comunque quello che per noi è un sacrificio fuori ogni misura. Chiederemo aiuto alle nostre famiglie, non abbiamo alternative. Il bambino ha aspettato anche troppo e non può più ritardare l’inizio di un percorso che già si prospetta lungo e difficile”.

“In tutta questa vergogna dobbiamo ritenerci anche fortunati. Conosco gente che non può contare neanche sulla famiglia per un aiuto economico. Ma c’è qualcuno? La Regione, la Asl, il Comune, qualcuno è disposto ad aiutare davvero i più fragili o sento da una vita solo parole vuote? Come vengono tutelati i bambini?”.

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