L’AQUILA – “Oggi a questo centro storico, a parte locali dove fiumi di alcolici vengono scolati, manca ancora tutto quello di cui c’è veramente bisogno, perché non ci si può riconoscere nel ruolo di consumatori o al limite prodotti e basta, così si perde l’idea di città, così che senso avrebbe vivere”.
E’ questo un passaggio della lettera aperta al collettivo dell’ ex Asilo Occupato chiama la cittadinanza e le associazioni ad un percorso partecipativo dal basso riguardo il futuro dello stabile in viale Duca degli Abruzzi, in fase avanzata di ristrutturazione.
LA NOTA
Noi le idee abbiamo provato ad immaginarle come sono, ovvero infinite, e sulla base di questo – escludendo ogni tipo di moralismo che altro non è che negazione della vita – abbiamo creato un luogo dove dare a tutti la possibilità di esprimere se stessi, un luogo dove tantissimi si sono incontrati, hanno imparato a suonare, rappare, cantare, scrivere, a trovare un motivo per uscire da condizioni di vita difficili.
Il flusso di energia che dal 2011 ha pervaso l’Asilo Occupato si è dovuto interrompere lo scorso Gennaio a causa del nuovo sciame sismico e del deterioramento del luogo stesso, che da anni aspetta di essere restaurato. […] Ora è compito dell’Amministrazione Comunale procedere in maniera celere e determinata al compimento dei lavori, gestendo in modo trasparente anche il processo partecipativo per l’utilizzo futuro dello stabile.”
Queste le parole con cui, nel 2017, abbiamo salutato l’esperienza di autogestione portata avanti per 6 anni all’interno dello stabile in viale Duca degli Abruzzi, ancora oggi ricordato come Asilo Occupato… o “liberato”.
Oggi, a distanza di altri 6 anni, il cantiere si è concluso, l’Asilo è ristrutturato, pronto, e presto riaprirà i battenti, non più rossi come li avevamo lasciati ma di un altro colore. Quale? Le pareti, i soffitti, la sala concerti dove è stato suonato di tutto, le stanze che hanno accolto decine e decine di attività, centinaia di idee, migliaia di persone, cosa conterranno?
Oggi a questo centro storico, a parte locali dove fiumi di alcolici vengono scolati, manca ancora tutto quello di cui c’è veramente bisogno, perché non ci si può riconoscere nel ruolo di consumatori o al limite prodotti e basta, così si perde l’idea di città, così che senso avrebbe vivere.
“Città” è lo spazio dove progettare la vita propria e quella in comunità, insieme, partecipando, e non si può non tenere conto di questo aspetto, non si può escludere i cittadini da questo processo importantissimo.
C’è urgente bisogno di spazi dove si possa ricominciare a parlare di partecipazione e soprattutto praticarla, c’è bisogno di uno spazio in centro storico che abbia la funzione che aveva l’Asilo: quella comunicativa, culturale, quella di un luogo in cui “prendere parte” alla costruzione o ricostruzione di qualcosa, cominciando da noi stessi.
Quell’edificio gigante è stato ristrutturato grazie a tutte quelle idee che si sono realizzate al suo interno, che facevano rumore, eco, cassa di risonanza e quindi spesso paura e preoccupazione in chi ci amministra e manda avanti solo le proprie, di idee, di progetti, senza alcun coinvolgimento dei cittadini.
Se non ci fosse stato quel fermento l’Asilo sarebbe oggi come tantissimi altri edifici pubblici vuoti e pieni di polvere e lo possiamo dire perché gli esempi non mancano: finora solo 2 scuole su 57 sono state ricostruite e un cospicuo numero di edifici pubblici sono abbandonati, e altrettanti sono i progetti di lavori iniziati ma mai terminati.
L’Asilo Occupato ha dato l’idea a chi ci governa, di creare in maniera più “istituzionale” quello che si stava già facendo senza soldi pubblici, solo con le risorse autonome di ognuno. È stato il punto di innesco di una possibilità per il futuro.
Ma qual è questa possibilità?
I fondi che vennero stanziati dall’allora governo Berlusconi e dallo S.P.I.C.G.I.L. erano pensati per realizzare un centro multigenerazionale che avesse l’impronta che gli avevamo dato e che potesse dare a questo centro storico la possibilità di una socialità più creativa, più operativa, più costruttiva e più cosciente.
Per ora tutto tace. Non sappiamo se è cambiata la destinazione d’uso e perché al limite non è stato fatto prima, non sappiamo se si intende mantenere fede a quel centro multigenerazionale, se si intende fare un bando partecipativo.
Non lo sappiamo perché, in quanto cittadini sembra che ci sia riservato un posto di spettatori rispetto a quanto viene deciso dall’alto. Spettatori delle ultime file o al limite fuori dai teli neri se non abbiamo pagato il biglietto, fuori da qualsiasi decisione che riguarda la città che abitiamo. Non c’è nessuna partecipazione ma, cosa stiamo aspettando a chiederla? Che intende fare questa amministrazione di quell’edificio ce lo faccia sapere, ne parli alla cittadinanza, alle associazioni, a chi è attivo nel territorio. Noi un progetto lo abbiamo e lo vogliamo realizzare. Le possibilità ci sono tutte.
“Il seme dell’Asilo Occupato si è moltiplicato ed esiste ancora in persone, luoghi, e forme diverse e continua a crescere e credere che, attraverso la cultura, la comunità, l’arte, la musica e l’autodeterminazione, un’altra società è possibile”: eravamo soliti chiudere molti comunicati con questa affermazione, che rappresenta una speranza, ma soprattutto un’esortazione, a comprendere che questa idea o ideale diventa realtà solo con il lavoro e la partecipazione di tutti.
Affinché lo stabile in viale Duca degli Abruzzi, possa tornare ad essere un bene comune, per tutte le persone che vivono o transitano questa città, invitiamo tutte le associazioni, gruppi di persone e singoli individui che praticano cittadinanza attiva in città, a scriverci all’indirizzo email asiloccupatoaq@gmail.com , in modo da iniziare a coordinarci collettivamente per organizzare una serie di incontri pubblici sul tema, in cui confrontarci in un percorso che sia partecipativo, inclusivo e popolare.
Un’altra società è possibile: ma bisogna volerla, crearla.
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