L’AQUILA, PREMIO DONNA 2023: “BISOGNA SEMPRE CREDERE NELLA GIUSTIZIA”

6 Luglio 2023 21:48

L'Aquila - Cultura, Gallerie Fotografiche

L’AQUILA – “Ho deciso di denunciare quando una notte di giugno mi sono affacciata dalla finestra dopo aver sentito degli spari, nello stesso momento in cui tutti abbassavano le tapparelle. L’ho fatto anche pensando ai miei figli. Ho avuto molti momenti di sconforto ma non mi sono mai pentita. Bisogna credere sempre nella giustizia”.

Nelle parole della giornalista Federica Angeli, cronista di giudiziaria e di nera del quotidiano “La Repubblica”, sotto scorta dal 17 luglio 2013 per le sue inchieste sulla criminalità organizzata ostiense, il senso del Premio nazionale Donna 2023, giunto alla V edizione, promosso dalla Onlus Antonio Padovani.

Giustizia e legalità i temi che hanno animato la manifestazione che si è svolta oggi pomeriggio a Casale Signorini, all’Aquila, e che AbruzzoWeb ha seguito in diretta.

Il premio, che ha tra le finalità la tutela e il rispetto per le donne, la crescita professionale e sociale e il rifiuto di ogni forma di violenza fisica e psicologica nella sfera personale in ambito lavorativo, ha visto quest’anno due premiate d’eccezione: la giornalista Angeli, appunto, e Tina Montinaro, moglie di Antonio Montinaro, caposcorta del giudice Giovanni Falcone, ucciso nella strage di Capaci il 23 maggio 1992, quest’ultima non ha potuto partecipare.

All’evento, moderato dalla giornalista e scrittrice Monica Pelliccione, hanno partecipato istituzioni e rappresentanti della politica locale,  sono intervenuti Gianni Padovani, presidente Onlus Antonio Padovani, Luigi D’Eramo, sottosegretario di Stato al ministero dell’Agricoltura, Cinzia Torraco, prefetto dell’Aquila, Fabrizia Francabandera, presidente della Corte d’Appello dell’Aquila, Roberta D’Avolio, presidente Associazione nazionale Magistrati d’Abruzzo.

Ha portato la sua testimonianza il generale dell’Arma dei Carabinieri, Antonio Cornacchia, amico personale del giudice Falcone, colui che ritrovò il corpo dell’onorevole Aldo Moro all’interno della Renault 4 rossa, in via Caetani, a Roma. All’epoca dei fatti Cornacchia, autore nel 1977 anche dell’arresto di Renato Vallanzasca e obiettivo di quattro attentati, era comandante del nucleo investigativo di Roma, con il nome in codice “Airone 1”.





Nel corso della manifestazione è stato presentato “Storie di donne”, edito dalla onlus Padovani: un libro-testimonianza che racconta di soprusi e violenze fisiche e psicologiche vissute dalla donne.

Donne che incarnano i valori della giustizia, di quei principi per i quali vale la pena lottare e che per questo hanno dedicato la loro vita alla causa, combattendo mafia e criminalità organizzata.

Angeli ha raccontato la sua storia che ha molto colpito i presenti. Tutto nasce con un’inchiesta: “nel 2013 avevo l’ambizione di dimostrare giornalisticamente che a Ostia non c’era più quel gruppo di ciminalotti arrivati da Capistrello e Avezzano, considerati come rubagalline, volevo dimostrare che erano mafiosi. L’omertà, le intimidazioni, i legami con i pubblici funzionari, tutto questo l’ho cercato come riscontro alla mia tesi. Volevo vedere se si trattava effettivamente di mafia. Una notte del giugno 2013, sento una ragazza gridare e poi due colpi di pistola, apro la grata e vedo uno Spada che scappa. Come me sono affacciati tutti i residenti della strada quella notte. Spada dice a tutti di rientrare, che lo spettacolo è finito. E tutti rientrano dentro casa, un rumore agghiacciante, tutti che abbassano simultaneamente giù la tapparella. Io ho deciso di andare a denunciare anche per i nostri figli. Sei ore dopo ho avuto la scorta. Ci sono stati tanti momenti di sconforto ma non mi sono mai pentita”.

Per Montinaro, assente per motivi familiari, è intervenuta Pelliccione spiegando: “La sua è una vita piena di impegno, che in parte le è stata strappata da giovanisisma nella strage di Capaci. Gli uomini della scorta hanno nomi e cognomi, e suo marito ha perso la vita insieme al giudice Falcone. Tina mi ha pregato di parlare di quel giorno. Lei sapeva benissimo che il marito avrebbe perso la vita, tutti ne erano consapevoli, ma sono andati avanti senza timore. Dopo la tragedia lei ha scelto di restare a Palermo come testimonianza viva per decenni del sacrificio. Ha deciso di restare lì, il motivo della sua esistenza è diventato onorare la memoria di suo marito e lanciare una testimonianza ai giovani, percorrendo in lungo e in largo l’Italia per far toccare con mano cos’è la mafia. Il messaggio è ‘andate avanti, combattete sempre contro i soprusi’.

Nel suo intervento la presidente della Corte d’Appello Francabandera ha spiegato: “C’è una mafia che cambia, che si infiltra anche nella società. Grazie a chi non si volta dall’altra parte, come Federica Angeli, che si è scelta il suo eroismo, e Tina Montinaro, che è eroina per caso. Grazie all’attività del prefetto e alle misure di prevenzione, la mafia nel territorio non vediamo i processi di mafia. Sono certa che questo territorio sia molto ben presidiato, che sia anche economicamente sano2.

E ancora:  “Le donne giudici sono il 55%, età media di 47 anni. Abbiamo sfondato il tetto di cristallo ma questo ingresso massiccio di donne ha fatto la differenza per la società.

La presidente dell’associazine Magistrati D’Avolio ha ricordato di aver ricevuto lo stesso premio anni fa: “e in quell’occasione mi sono chiesta il perché, io faccio solo il mio lavoro…”.





Il prefetto Torraco si è soffermata in un excursus sulla legislazione antimafia  e sui  conseguenti passi in avanti: “etica e legalità sono prefettamente incarnate dalla coraggiosa lotta alla criminaltià organizzata di questi due importanti esempi. Il percorso della lotta alla mafia è una traiettoria aperta e in evoluzione che si nutre di conquiste, il mio auspicio è che possa alimetarsi della tenacia di Federica e Tina. Il nostro dovere è di tutelarle e proteggerle. Sono modelli che ci si ispirano”.

È intervenuto anche il sottosegretario Masaf, l’aquilano Luigi D’Eramo: “In questi anno sono stati fatti una serie di passi importanti nella lotta alla violenza contro le donne, come la conquista del codice rosso, che ho seguito insieme alla collega Stefania Pezzopane. Sono convinto che debba continuare l’azione di produzione legislativa insieme ad una maggiore applicazione delle norme sui territorio. Ringrazio magistratura e forse dell’ordine per il loro lavoro. Dobbiamo aumentare il lavoro anche con le istituzioni locali, con Regione e Comuni, anche quelli più piccoli,  che troppo spesso sono senza strutture adeguate. La politica deve aumentae la capacità di essere presente.

Gianni Padovani ha raccontato: “La onlus nasce nel 2016 dopo la morte di mio padre, avvenuta a novembre 2015. Nella sua vita ha avuto la priorità di dedicarsi ai più deboli. Tra le altre cose, riteneva il ruolo della donna instostituibile nella società. Ecco che nasce questo premio dedicato alle donne”.

 

 

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