L’AQUILA – Si è svolto ieri nel piazzale del Parco del Castello, all’Aquila, il lancio della raccolta firme “stop border violence”, per chiedere all’Europa di applicare l’articolo 4 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea che afferma: “nessuno può essere sottoposto a tortura, né a pene o trattamenti inumani o degradanti”.
Per presentare quello che prenderà il valore di un vero e proprio atto giuridico, è necessario raccogliere un milione di firme di cittadini di almeno sette Stati membri dell’UE così come previsto attraverso lo strumento di Iniziativa dei Cittadini Europei una sorta di legge di iniziativa popolare.
“Quello di oggi è stato prima di tutto un momento di aggregazione per riprenderci i grandi temi come le migrazioni e il rispetto dei diritti umani”, ha affermato Maria Grazia Gianforte portavoce della Rete solidale aquilana, una rete composta da associazioni, movimenti, partiti e soggettività, nata durante l’emergenza del Covid e che oggi ha scelto di aderire alla campagna stop border violence.
“E’ bello che la società civile si riappropri di questi tempi, perché* non possiamo restare a guardare un’Europa che continua a violare i suoi stessi principi scritti nella carta dei diritti fondamentali, perpetrando violenze nell’ambito degli Stati membri e nei Paesi terzi con cui l’Europa ha stretto accordi per impedire l’ingresso nel proprio territorio dei richiedenti asilo” conclude Gianforte. Violenze che avvengono in Croazia, Francia, Grecia, Italia, Spagna, come in Libia e Turchia, dove gli abusi sono diventati il tratto dominante della governance europea nella gestione del fenomeno migratorio. Per questo l’iniziativa dei cittadini europei chiede l’istituzione di meccanismi di monitoraggio volti a rilevare e fermare gli abusi dei diritti fondamentali e gli atti lesivi della dignità umana, tanto alle frontiere che nello spazio comune europeo; il recesso ovvero la non stipulazione pro futuro di accordi internazionali in materia di contenimento dei flussi migratori con Stati terzi colpevoli di gravi violazioni dei diritti umani; la definizione di standard minimi di accoglienza validi per tutti i Paesi membri e per l’interno periodo di permanenza sui loro territori; l’eventuale previsione di sanzioni specifiche in caso di violazione delle normative UE.
“Ci dicono che dopo il Covid c’è una forte domanda di lavoratori stranieri – ha affermato Sally Kane, responsabile nazionale delle politiche migratorie della Cgil – se le cose stanno così ci sono 600mila migranti senza titolo di soggiorno che potrebbero coprire questi posti se solo si cambiassero norme come la Bossi-Fini che producono irregolarità. Irregolarità che fa sì che queste le persone siano sfruttate e lavorino in nero creando così dumping tra lavoratori”.
“Il giorno prima della mia partenza sono morte 54 persone, ma questa cosa non mi ha impedito di partire il giorno dopo perché dietro di me non c’era speranza – ha affermato Bensiaka Bakayoko Presidente della costituenda associazione per la Solidarietà degli stranieri in Abruzzo -. Arrivato in Europa ho capito che non avevamo gli stessi diritti degli altri e che ci vedono come quelli che vengono a rubare il lavoro, ma nessuno racconta come lavoriamo, paghiamo le tasse e siamo anche una parte della ricchezza dell’Europa. Per noi oggi questa firma non è solo una firma ma un gesto di umanità perché siamo noi oggi a decidere il futuro delle prossime generazioni, siamo noi a decidere che nel futuro nessuno venga giudicato per il colore della sua pelle”.
Con il il cosiddetto decreto Cutro – ha affermato Fabrizia Rea, operatore dei progetti di accoglienza Arci Solidarietà L’Aquila – il Governo impedisce ai richiedenti asilo di entrare nel circuito Sai che quindi viene destinato solo ai titolari di protezione e contestualmente taglia le risorse ai Centri d’accoglienza per servizi di assistenza psicologica e legale e per l’insegnamento dell’italiano, peggiorando di fatto i decreti sicurezza del 2018, parzialmente eliminati dal successivo ministro Lamorgese“. “Oggi siamo qui come lavoratori migranti a combattere lo sfruttamento anche per i giovani lavoratori italiani che oggi sono sfruttati come noi, tanto è vero che cercano di uscire dall’Italia per andare da un’altra parte – ha affermato Yacouba Saganogo dell’Unione dei sindacati di base Abruzzo – Vogliamo una politica che ci permetta di vivere e non di sopravvivere”.
Download in PDF©