LECITO ASCOLTO DEI COLLOQUI BR LIOCE DETENUTA ALL’AQUILA: CASSAZIONE BOCCIA RICORSO

di Gianpiero Giancarli

17 Agosto 2023 08:50

L'Aquila - Cronaca

L’AQUILA – La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso  della brigatista rossa Nadia Desdemona Lioce, ergastolana irriducibile, mai pentita, detenuta nel carcere di massima sicurezza dell’Aquila, la quale contestava il provvedimento che consentiva il controllo audio dei suoi colloqui per la durata di tre mesi. Il ricorso, per la Cassazione,  è inammissibile in quanto la Lioce è al 41 bis e si applicano regole più restrittive. Nel penitenziario ci sono detenuti noti alle cronache  pertra i quali dal 17 gennaio  il boss di Cosa Nostra Matteo Messina Denaro che sta combattendo con il tumore al colon e di recente è stato ricoverato al San Salvatore per occlusione intestinale.





La Lioce, foggiana, 63 anni, ha partecipato agli omicidi dei giuslavoristi Massimo D’Antona nel 1999 e Marco Biagi nel 2002.  E’ stata  arrestata nel 2003 dopo un conflitto a fuoco sul treno Firenze-Roma nel quale perse la vita un poliziotto. E’ rinchiusa alle Costarelle di Preturo dal 2005.

Alla base della decisione i giudici, che hanno ritenuto corretto il provvedimento del tribunale di sorveglianza aquilano, il fatto che “sebbene viga un divieto di controllo auditivo dei colloqui dei detenuti con i familiari e altri visitatori volto a garantire la segretezza dei colloqui, la ricorrente non si confronta con il fatto che la stessa è sottoposta al regime differenziato del 41 bis per il quale si applica la regola più restrittiva in tema di colloqui visivi o telefonici”.





“La detenuta ha diritto a un colloquio ma con obbligo di controllo auditivo e di registrazione, sebbene previa autorizzazione dell’autorità giudiziaria, come nel caso in esame  nel quale l’ascolto auditivo era stato autorizzato dal magistrato”.

La sentenza, che è  dello scorso aprile ed è stata pubblicata di recente,  condanna la Lioce a pagare 3mila euro alla cassa delle ammende per via del ricorso inammissibile. I giudici della Suprema, pertanto, hanno confermato l’ordinanza dello scorso novembre del tribunale di sorveglianza.

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