GUARDIAGRELE – “La pandemia deve insegnare che a tutti può accadere di fare i conti con la fragilità, a tutti può accadere di ritrovarsi ad assistere una persona cara che ha una grave patologia, come è toccato in sorte a noi caregiver. Ed è in questi momenti che a fare la differenza è il trovare un aiuto, un supporto, la solidarietà del prossimo. Quello che anche noi di Progetto Noemi abbiamo cercato di garantire anche nel corso di questo terribile anno”.
La riflessione è di Andrea Sciarretta, papà di Noemi, la bimba di 8 anni di Guardiagrele (Chieti) affetta da atrofia muscolare spinale (Sma 1) e presidente della onlus Progetto Noemi, che si batte da anni sul fronte dei diritti dei caregiver, ovvero delle famiglie che assistono h24 i figli e figlie under 18 con disabilità gravissime, e che conta oltre 330 soci di cui 40 famiglie di caregiver, sulle 120 circa censite in Abruzzo.
Nell’intervista in diretta streaming con Abruzzoweb, Sciarretta traccia un bilancio dell’intesa attività svolta nel 2020, anno terribile segnato dall’epidemia del covid-19.
Ma per quanto riguarda l’attività di Progetto Noemi, da ricordare positivamente, nonostante tutto, importanti risultati, come l’adeguato finanziamento garantito dalla Regione Abruzzo al bando che assicura un assegno mensile ai caregiver impossibilitati a lavorare, che ammonta quest’anno a ben 600mila euro. E ancora l’implementazione sul fronte delle attrezzature e della formazione professionale del personale medico, del reparto di terapia sub-intensiva pediatrica che è operativo da due anni all’ospedale di Pescara, nato grazie all’impegno e alla lotta di Progetto Noemi.
Ma ci sono anche ombre, spiega Sciarretta, si pensi al fatto che “le famiglie con disabili gravi a carico in questo anno di pandemia ha dovuto affrontare pesanti difficoltà. L’emergenza ha bloccato l’assistenza domiciliare e le terapie, quindi il carico assistenziale è cresciuto. C’è poi l’aspetto economico, e va detto che dal governo il caregiver non ha avuto nessun tipo di ristoro”.
Andrea Sciarretta, partiamo da una delle misure più importanti per i caregiver, il bando reginale che assicura un assegno mensile alle persone che per assistere il figlio disabile non possono lavorare. Come è andata quest’anno?
Il bando è stato istituto nel 2015, da noi richiesto con forza perché la maggior parte delle famiglie ma soprattutto la mamma caregiver per poter assistere il proprio figlio non ha altra scelta che abbandonare il lavoro. Nel 2015 però la dotazione finanziaria è stata di soli 120.000, a beneficio di appena 12 famiglie. Ebbene, nel 2019 la dotazione finanziaria è salita a 550.000, e quest’anno a 600.000, che garantirà un importante aiuto a 57 famiglie, ovvero la totalità di quelle che hanno fatto domanda e che avevano i requisiti.
Polemiche però si sono registrate per il mancato finanziamento della legge regionale sul caregiver, uno strumento più ampio e strutturale, che non comprende solo l’aiuto economico ma numerose azioni di sostegno e valorizzazione della figura del caregiver. Come è potuto accadere, tenuto conto che la legge è stata approvata nel 2016?
Già prima dell’approvazione, essendo stati consultati, avevamo subito detto che quella legge, estendendo eccessivamente il concetto di caregiver, oltre chi si occupa di disabilità gravissima h24 in età pediatrica, non poteva funzionare, che sarebbe stato impossibile finanziare. Ed è quello che è accaduto. Gli atti di indirizzo non sono stati mai approvati, la legge è rimasta sulla carta, e poi è arrivata la legge nazionale che l’ha superata. Diciamo che si è perso tempo prezioso e non si è ottenuto alcun risultato concreto.
Altra grande conquista di progetto Noemi è la creazione nel 2018 del reparto di terapia sub-intensiva pediatrica all’ospedale di Pescara. Come sta funzionando, cosa altro occorre fare per potenziare questo essenziale servizio?
Esiste e funziona, con due posti letto di terapia intensiva pediatrica che possono arrivare a 3 posti letto e rappresenta un centro di riferimento fondamentale che prima in Abruzzo non esisteva, per poter dare una risposta in emergenza, a breve distanza, tenuto conto che in caso di complicazioni il fattore tempo è fondamentale. Ora siamo impegnati assieme alla Asl a far crescere questa struttura.
In che direzione deve e può crescere il reparto?
Ad esempio la Asl di Pescara ha avviato una collaborazione in convenzione con l’ospedale Bambin Gesù di Roma per la formazione del personale, quindi l’equipe di Pescara è andata a Roma e quella di Roma è venuta a Pescara. La nostra associazione è poi convenzionata con l’Asl di Pescara e in virtù di questa sinergia siamo intervenuti e continueremo a farlo per incrementare la dotazione delle apparecchiature, per istituire borse di studio e altre iniziative. Non siamo spettatori ma cerchiamo anche di essere attivi e dare un contributo grazie alla solidarietà degli abruzzesi, che è enorme e ci riempie veramente il cuore.
Anche voi però avete fatto importanti donazioni.
Si certo, abbiamo donato 10 televisori all’interno di tutto il reparto di pediatria di Pescara. Prima una famiglia doveva affittarla una televisione, per dare un attimo di svago al proprio figlio. Abbiamo dato un contributo per installazione Ascensore a favore di un nucleo familiare, e per l’acquisto di un veicolo per trasporto disabili. Inoltre con una bellissima sinergia con Comune, diocesi e privati nella mia Guardiagrele, siamo riusciti a dotare di un ascensore la chiesa di Santa Maria Maggiore, in tempi record, ed ora il disabile che vuole superare la barriera che lo divide dalla bellezza, lo può fare.
Come vivono le famiglie di caregiver quest’anno terribile segnato dall’emergenza sanitaria e anche economica?
Io dico sempre che essere disabili e poveri vuol dire essere disabili due volte. Le famiglie con familiari e figli con disabilità gravissima in questi mesi hanno dovuto affrontare pesanti difficoltà. L’emergenza ha bloccato l’assistenza domiciliare e le terapie, quindi il carico assistenziale è cresciuto. C’è poi l’aspetto economico, e va detto che dal governo il caregiver non ha avuto nessun tipo di ristoro, in tutti gli interventi nazionali non esiste la parola “disabile”, né quella di “assistente familiare”. Non ci sono stati i congedi lavorativi che permettevano alle famiglie di poter stare a casa, tenuto conto che un caregiver lavoratore è molto esposto, può essere veicolo di contagio a danno della persona che assiste. In pieno lockdown quando le mascherine erano praticamente introvabili, è stata la nostra associazione ad acquistare oltre 250 mascherine ffp2 distribuendole con l’aiuto della Croce rossa a circa un centinaio di famiglie.
Cosa deve insegnare l’emergenza covid, le tante persone che si sono ammalate, e le tante che sono morte?
Le famiglie caregiver vivono ormai da anni in una sorta di lockdown, sacrificando la vita sociale, indossando la mascherina, cercare di non avere contatti stretti con il prossimo in periodi critici come quello segnati dall’influenza stagionale, per tutelare la salute del figlio con disabilità gravissima. Quello che il covid può insegnare è che a tutti può accadere di vivere una fragilità, a tutti può succedere di ritrovarsi ad assistere una persona cara che ha una grave patologia. Ed è in questi momenti che a fare la differenza è il trovare un aiuto, un supporto, una solidarietà. Spero che sia diventato chiaro per tutti che è non più rinviabile un ripensamento dell’ordine delle priorità, che non possono che essere la sanità e il sociale.
Come si può aiutare il Progetto Noemi?
Il modo più semplice ed efficace è diventare soci, basta andare sulla pagina facebook di Progetto Noemi e sul sito internet, dove ci sono tutte le istruzioni. Diventare soci per dire: io ci sono e combatto assieme a voi.
L’INTERVISTA INTEGRALE
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