L’AQUILA – La ratifica della riforma del Meccanismo europeo di stabilità (Mes), conosciuto anche come Fondo salva-Stati, è stata respinta l’altro ieri dall’Aula della Camera.
A un passo dal Natale, dunque, si chiude una questione che si trascina da anni.
Restano, per ora, un no composto da Lega, Fratelli d’Italia e Movimento 5 Stelle senza l’appoggio diretto di Forza Italia e Noi Moderati, che si sono astenuti, ed una inevitabile rabbia dell’opposizione (e dei suoi megafoni non solo mediatici), visto che a favore della ratifica hanno votato Partito democratico, Italia Viva e Azione, che hanno chiesto le dimissioni del governo causa crisi, richiesta rispedita al mittente.
Il tema del Mes e della sua riforma, in ogni caso, è solo uno dei tanti, troppi esempi su cui in pochi non hanno fatto confusione – del resto il Mes, specie per chi lo avrebbe voluto e lo vorrebbe ancora ad ogni costo, ha un significato totalmente diverso da quello che ha in realtà – sia dal punto di vista politico che sul versante dell’informazione.
Col risultato, come spesso capita in circostanze simili, che ai cittadini che certe istituzioni e decisioni le subiscono direttamente è stata destinata una “melassa” pressoché impossibile da digerire, mentre nel frattempo il Patto di stabilità, argomento che evidentemente conta davvero in ambito europeo a differenza del Mes, ha appena ricevuto il via libera anche dall’Italia nonostante il vento non pareva soffiasse in quella direzione, con tutto quel che ne consegue sull’economia reale, ossia sulla pelle viva delle persone, e in termini di bufere politiche.
In un tale scenario, a tentare di mettere ordine è stato ed è, tra gli altri, il professor Alessandro Mangia, uno dei massimi esperti di Diritto pubblico dell’economia in Italia.
E lo ha fatto, Mangia, da Ordinario di Diritto costituzionale nella prestigiosa Facoltà di Giurisprudenza di Milano Cattolica, anche durante la prima, terribile fase dell’emergenza Covid-19, sfornando un saggio, scritto con un linguaggio volutamente accessibile ai più, intitolato “Mes: L’Europa e il Trattato impossibile” (Morcelliana editore).
A tre anni di distanza e a ratifica naufragata, è assolutamente intatta l’urgenza di fare chiarezza a tutto campo – toccando, quindi, altri capitoli, come la moneta Euro, il ruolo della Bce, per finire all’Abruzzo che si aggrappa al turismo e al Pnrr perché molto altro non ha più, che soltanto in superficie e ad un occhio disattento risultano scollegati.
Ed è per questo che AbruzzoWeb ha intervistato il professor Mangia a pochi giorni da quella che poi sarebbe stata la mancata ratifica del Mes e ad un mese dalla sua partecipazione all’edizione 2023, la dodicesima consecutiva, della conferenza internazionale a Montesilvano (Pescara) “Euro, mercati, democrazia”, dal titolo “Non è come sembra” e organizzata come di consueto da a/simmetrie – Associazione italiana per lo studio delle asimmetrie economiche.
Professor Mangia, il Mes è tornato prepotentemente in cima a una certa agenda politica, o molto probabilmente non è mai sceso dal “podio” che sembra conti davvero. Lei che del Mes ha inteso parlare chiaramente soprattutto per chi non sa cosa sia e per chi crede di conoscerlo, ci dice a che punto siamo con l’agenda di cui sopra, forse scritta ed imposta da forze politiche ed economiche oltreconfine?
Guardi, non credo affatto che ci sia un’agenda di potenti forze politiche che complottano contro l’Italia. Si tratta di normali dinamiche di rapporto fra Stati in una fase difficile per tutto il Continente. Ci rendiamo conto che dal 2020 ad oggi abbiamo avuto prima la Pandemia e poi, in Ucraina, la prima guerra convenzionale di lunga durata in Europa da trent’anni a questa parte? Il tutto all’interno di un quadro istituzionale di pessima fattura che ha dimostrato di non saper funzionare. Che è quello europeo. Ci sarebbe da stupirsi se non si fosse tutti in una situazione di difficoltà estrema. Se a questo aggiunge che l’attuale Commissione e la maggioranza che le ha dato vita nel 2019 – per 17 voti, se ricordo bene – ha perseguito politiche e agende fatte di “transizioni” verso la deindustrializzazione con una guerra alle porte, direi che la situazione è ancora buona. Qui non è una questione di complotti o agende. È la questione di un Continente che non sa più cosa fare, ma non può sconfessare le politiche e le dichiarazioni degli ultimi quattro anni. In questo quadro le pare che quella del Mes sia una grande questione europea? È una questione italiana, ma in minima parte europea.
A una manciata di metri dal Natale, siamo sempre lì: ratifica sì, ratifica no, il Mes sanitario (che non “esiste”), l’Europa, a detta di chi il Mes lo ha sempre invocato, “bloccata a causa dell’Italia”, eccetera. Almeno qui evitiamo di buttarla in caciara e cerchiamo di spiegare cosa avrebbe significato sì al Mes e no al Mes.
Guardi, che l’Europa sia bloccata dall’Italia che non ratifica il Mes è semplicemente una frottola che è stata messa in giro per fini interni anni fa. E che continua ad essere usata per fini interni. Sa, una buona frottola non si butta mai via. Del Mes all’estero importa poco o nulla, per dirla in modo gentile. Guardi che adesso, se non ce ne siamo accorti, alla data del 18 Dicembre 2023, in Europa sono preoccupati dell’approvazione del Nuovo Patto di Stabilità, per evitare di tornare, al 1° gennaio 2024, dopo Pandemia e Guerra Ucraina, alle rovinose regole di bilancio comuni che dal 2011 in poi ci hanno condotto a questa situazione. È questo quel che importa in Europa. Tanto che, vista la difficoltà a trovare un accordo, si sta pensando di congelare tutto, e attendere le prossime Europee del Giugno 2024. Il che, detto per inciso, sarebbe la sola cosa sensata da fare. Dell’approvazione della riforma del Mes interessa poco o niente, ma interessa molto a certe parti della politica italiana che sollecitano interventi esteri per cavalcare la questione. E gli interessa non da oggi, perché la sponda europea è ciò che sorregge queste forze. Un poco interessa alle casse locali tedesche, ma hanno il peso che hanno. Si dice che interessi per la situazione non proprio rosea di Deutsche Bank, ma è un’affermazione poco credibile. Se non senza senso. Se salta Deutsche Bank, il Mes non è sufficientemente capitalizzato per intervenire efficacemente. Viene giù tutto. E comunque guardi che il Mes c’è già. Ed opera dal 2014. Il problema semmai è che ha smesso di funzionare dal 2014 e vive da allora – e cioè da dieci anni – pagando stipendi e non facendo nulla. Se interessa a qualcuno, interessa al “funzionarato” del Mes ed agli altri che ci lavorano.
Perché?
Rifletta: se fosse un ente pubblico interno, il Mes sarebbe stato definito da anni un inutile carrozzone e se ne sarebbe chiesto lo scioglimento con gli stessi argomenti usati per il taglio dei parlamentari due anni fa. E cioè “cricca, casta, corruzione”. Solo che in questo caso sarebbero “cricca, casta e inefficienza”. E ci sarebbero stuoli di indignati in televisione giorno sì, giorno no. Basterebbe spiegare – come ha fatto bene Giuseppe Liturri nel recente convegno di a/simmetrie due settimane fa in Abruzzo, a Montesilvano – che lo stipendio medio al Mes è di 280mila euro, che vanno dalla segretaria al Direttore generale, e altro che polemiche sul costo dei parlamentari. E spiegare che in tempi di tassi al 4.5 per cento, in cui tutte le istituzioni finanziarie hanno guadagnato come mai negli ultimi anni, i funzionari del Mes sono riusciti ad andare in perdita non di poco, non facendo praticamente nulla. Il punto è che una normale istituzione finanziaria deve rendere conto della sua gestione. Il Mes non risponde al nessuno. E questo è clamoroso.
In che senso?
Mettiamola così: il Mes dal 2014 , e cioè da quasi dieci anni, è una banca senza clienti. E va in cerca di clienti per giustificare la propria sopravvivenza. Ha avuto un ruolo tra il 2012 e il 2014, ai tempi dell’ultimo finanziamento alla Spagna. E da allora non ha fatto più niente, se non investire malamente i capitali che custodisce. Si rende conto che in realtà, il Mes sanitario di cui si parlava ancora un anno fa – e che per fortuna è scaduto il 31 dicembre 2022 – era in realtà un’offerta in saldo da parte di una banca senza clienti. Il cui management non ha responsabilità verso gli azionisti, che sono poi gli Stati.
Sullo sfondo di tutto questo, un nome che spesso ricorre è quello della Grecia. C’è da tremare, oppure l’Italia non può finire come la Grecia?
Anche queste sono semplificazioni. La vicenda Greca, che qualcuno (l’ex premier Mario Monti) ha avuto il coraggio di ridefinire “Il più grande successo dell’Euro”, credendo di esser spiritoso, è stata una lezione per le stesse istituzioni che l’hanno pilotata. I Greci sono stati espropriati e taglieggiati per anni, con riduzione di stipendi e pensioni, aumenti del costo della vita e svendita di ogni bene pubblico. Questo non ha fatto bene alle istituzioni europee, anche se ha fatto molto, molto bene a chi ha approfittato di questa situazione. Perché i soldi usciti dalla Grecia sono stati un ottimo affare per molti. Ma la Grecia non è l’unico caso. Subito prima era stata la volta delle Tigri Baltiche a subire la periodica tosatura implicita nelle ricette economiche inscritte nei Trattati. Il risultato è stato impoverimento ed abbattimento del tasso di disoccupazione attraverso l’emigrazione. Paesi come la Lituania, che viene venduta come un altro successo dell’Euro, ha visto passare la sua popolazione da 4 meno di 2,8 milioni. Ed è ferma lì. E lo stesso vale, più o meno, per Lettonia ed Estonia.
In cosa sta il rischio, dunque?
Sta nel fatto che con questa riforma – che ha moltissime cose che non va – si attribuisce ad una Banca che non ha clienti e con cui non voglio fare affari, nonostante le sue ripetute offerte in saldo: il Mes sanitario, appunto – il potere di guardarmi conti di casa e decidere se sono in difficoltà finanziarie. E decidere se far sapere in giro a chi mi finanzia che, secondo lei, io sono in difficoltà. Praticamente farebbe quello che fanno le Agenzie di rating contro le quali ci si era scagliati ai tempi della Grecia. Solo che le Agenzie di rating almeno in teoria, sono indipendenti rispetto agli investitori/finanziatori. Qui il Mes sarebbe al tempo stesso chi mi presta i soldi a strozzo e chi decide che devo prendere i soldi a strozzo. È talmente incredibile da essere ridicolo. E ci si stupisce che si possa propagandare una cosa del genere. In un mondo normale chi proponesse una cosa del genere sarebbe sommerso di risate. Invece lo si vede come una rete di sicurezza.
Leggendo il suo libro, attraverso le lenti del e sul Mes, si capisce molto del resto: il ruolo della Bce, della moneta unica, dei Trattati. Nel 2023 è costretto a ripetersi, insomma.
Effettivamente sarebbe anche ora di occuparsi d’altro, ma se i temi sono questi non si può fare a meno di parlarne. Tanto più che il Trattato originario del 2012 è molto fragile nelle sue fondamenta, però nessuno ha interesse a far valere questa fragilità, almeno pe il momento. Però è una cosa che pesa. Questa è una delle ragioni non dette della pressione alla ratifica. Che è poi quella di sanare i molti vizi di un Trattato approvato e ratificato in modo, diciamo così, irrituale.
In Abruzzo, Mes e anche Pnrr vengono nominati insieme agli evergreen “turismo” ed “eccellenze del territorio”. In una regione che aveva un tessuto industriale e di ricerca di alto livello.
Non è solo l’Abruzzo ad aver patito questa sorte. La deindustrializzazione procede, con intensità diversa, in tutta Italia. Aree un tempo motore industriale del Paese, come avviene nel Nord Italia, stanno cercando di riconvertirsi sul turismo e i servizi senza avere le risorse e il territorio dell’Abruzzo. Non è un caso che questo avvenga. È solo la manifestazione locale di un fenomeno che attraversa tutta Italia e ora sta toccando la stessa Germania. Che, se non cambia qualcosa, tornerà presto ad essere il “Malato d’Europa”. Per questo le prossime Europee saranno cruciali. Se non si inverte la rotta con un’altra Commissione questo destino è inevitabile, tanto più in un quadro geopolitico come quello che stiamo vivendo.
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- MES NAUFRAGATO, MANGIA: “TRATTATO IMPOSSIBILE, E’ BANCA SENZA CLIENTI CHE NON RENDE CONTO A NESSUNO”L'AQUILA - La ratifica della riforma del Meccanismo europeo di stabilità (Mes), conosciuto anche come Fondo salva-Stati, è stata respinta l'altro ie...