MESSINA DENARO: “30 ANNI PER CATTURARLO? STRANO”, CITTADINI DI PRETURO SI INTERROGANO

REPORTAGE DALLA FRAZIONE AQUILANA IN PROSSIMITÀ DEL SUPERCARCERE DOVE È RINCHIUSO AL 41 BIS SUPERBOSS DI COSA NOSTRA. "“QUI GENTE SEPOLTA VIVA" "MALATO, SI È FATTO CATTURARE"

di Filippo Tronca

18 Gennaio 2023 15:38

Regione - Cronaca

L’AQUILA – È un giorno come un altro di metà gennaio, grigio e piovoso, a Preturo, frazione ad ovest dell’Aquila. O forse no, dopo che poco lontano, nel supercarcere Le Costarelle è stato recluso niente meno che Matteo Messina Denaro, il superboss di Cosa Nostra, dopo trent’anni di latitanza trovato lunedì scorso in  una casa nel centro del Campobello di Mazara, nel trapanese, a pochi chilometri dalla sua Castelvetrano, con sopra la coscienza stragi e decine e decine di efferati e bestiali delitti, e con un tumore da curare. A fargli compagnia, nel supercarcere aquilano, si fa per dire, visto che sarà rinchiuso in regime “duro” di 41 bis, altri pezzi da novanta della criminalità organizzata.

Francesca, la titolare del bar “Il primo caffè” di Preturo, conferma ad Abruzzoweb, “qui in paese non ci siamo accorti di nulla, da Pescara è arrivato al supercarcere di notte, passando da una altra strada. Lo abbiamo appreso dai giornali la mattina seguente”.

E rivela, “la vicenda ha provocato discussioni anche accese qui al bar, è diventata inevitabilmente l’argomento del giorno. E l’opinione prevalente, da quello che ho potuto ascoltare, è che Matteo Messina Denaro si sia fatto catturare, visto che è gravemente malato. L’importante comunque è che sia stato preso, e che sconti il suo debito con la giustizia”.

Gli altri avventori confermano quanto anticipato dalla titolare del bar. Spiega ad esempio il signor Stefano Palumbo: “Quello che penso è che lo potevano prendere anche prima. Mi chiedo come abbia fatto a essere latitante per trenta lunghi anni, nascosto a pochi chilometri dal suo paese natale, dove tutti lo conoscevano. Le cose non tornano…”





Rincara la dose un operaio di passaggio, in tuta da lavoro, che chiede di restare anonimo: “Il boss Salvatore Provenzano si era nascosto in un casale con le pecore, in mezzo alla campagna, viveva come un eremita. Messina Denaro se ne andava in giro per bar, locali e ristoranti, con la sua faccia, che tutti conoscevano, visto che l’identikit girava da anni…”

E aggiunge, a specifica domanda,  su un tema di attualità, come il 41bis esteso anche a reati non di mafia: “la convivenza con il carcere non qui non ha dato mai problemi, del resto dentro c’è gente sepolta viva  al carcere duro, isolata dal mondo, come se non esistesse”.

“Sepolti vivi”, per la cronaca sono oggi alle Costarelle altri nomi pesanti di Cosa Nostra, come quelli di Filippo Graviano, Carlo Greco e Ignazio Ribisi; il boss della ‘ndrangheta Pasquale Condello, e della camorra  Paolo Di Lauro senior e Ferdinando Cesarano. E poi la brigatista rossa Nadia Desdemona Lioce, e Felice Maniero, boss della cosiddetta Mala del Brenta, ora però in regime di semilibertà. In passato è stato rinchiuso a L’Aquila anche Totò Riina, il boss dei boss, con cui è iniziata la sanguinaria carriera criminale dello stesso Messina Denaro. Ed anche Leoluca Bagarella, Raffaele Cutolo e Francesco Schiavone.

Fuori dal bar, in paese, non ha dubbi Simone Mansueti, imprenditore, che con un sorriso ironico commenta: “Se Messina Denaro ad un certo punto ha deciso di farsi curare dal tumore a spese dalla sanità pubblica, senza pagarsi di tasca sua una clinica privata, ha fatto la mossa migliore. Dopo aver fatto indisturbato quello che voleva per trent’anni”.





Concorda al suo fianco il signor Guido Montalto, pensionato, “dopo trent’anni non si può dire che sia stata una grande vittoria dello Stato, c’è qualcuno che non poteva non sapere dov’era. Spero ora che si faccia davvero chiarezza sulla rete delle complicità e coperture”.

Poco lontano, l’edicola.  Spiega la titolare Mara Lepidi,  “questo arresto non ha determinato più di tanto un aumento della vendita dei giornali, siamo rimasti nella media”, e commenta: “per quanto siamo lontani mille miglia dalla Sicilia, ho notato che qualcuno ha paura ad esprimere una sua opinione. Personalmente mi ha stupito il fatto che prima si era detto che il boss sarebbe stato rinchiuso in una località segreta, poi invece è stato detto ai quattro venti e al mondo intero che sarebbe stato rinchiuso qui a Preturo”.

A rifiutarsi inizialmente di commentare e a chiedere l’anonimato, un altro residente di Preturo. Poi incalzato dal cronista tiene a precisare, “non è per omertà, siamo persone oneste, la mafia qui non c’è, qui nessuno ti spara addosso se dici qualcosa di fuori posto. I boss e criminali dentro al carcere per noi sono stati sempre come fantasmi. È che semplicemente non ho nulla da dire di importante, non si può avere una opinione su tutto”.

 

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