L’AQUILA – Matteo Messina Denaro è stato operato nella serata di ieri per una occlusione intestinale nel reparto di chirurgia universitaria dell’ospedale San Salvatore dell’Aquila dove il boss della mafia era stato trasferito con ingenti misure di sicurezza dal supercarcere della frazione aquilana di Preturo nel pomeriggio in seguito al peggioramento delle sue condizioni di salute.
Informa questa mattina il garante dei detenuti in Abruzzo, Gianmarco Cifaldi: “Messina Denaro si è risvegliato dalla operazione che è andata molto bene, è vigile e attivo. E’ in terapia intensiva solo per prassi dopo interventi del genere”.
“La degenza in ospedale dipende dalla combinazione tra il consulto sanitario e gli approfondimenti del Dap che deve valutare le azioni tese a garantire la sicurezza interna ed esterna – spiega ancora Cifaldi -. Tutte le azioni combinate tra le Agenzie dello stato, compreso il Garante, vanno a garantire i diritti costituzionali sia per il boss e sia per tutte le persone libere”.
Tuttavia le sue condizioni rimangono delicate: a preoccupare i medici lo stato generale del paziente che dal punto di vista oncologico è seguito dal reparto diretto dal professore Luciano Mutti ed ha ricevuto le cure, in particolare le chemioterapie, nell’ambulatorio ricavato in una stanza del carcere proprio di fronte alla sua cella.
Il ricovero è avvenuto dopo che il difensore abruzzese del boss, l’avvocato Alessandro Cerella, del foro di Vasto, in una intervista ha denunciato l’aggravamento dello stato di salute del suo assistito e la incompatibilità con il regime del 41bis e carcerario, annunciando la presentazione di una istanza in tal senso. Poi, ci hanno pensato il parere dei medici e poi la autorizzazione dei magistrati della procura di Palermo a disporre il ricovero.
Sulla richiesta di scarcerazione annunciata dai difensori di Messina Denaro, Cifaldi sottolinea che “garantiamo il diritto alla salute con personale medico qualificato e tutte le Agenzie dello Stato stanno operando nel rispetto del dettato costituzionale, me compreso”.
È il terzo ricovero al San Salvatore per Matteo Messina Denaro: la prima volta per una serie di controlli, la seconda per per un piccolo intervento per problematiche urinarie, la terza ieri.
Infine un elemento legato all’intervento chirurgico: il boss è stato operato da una equipe diretta dal professor Fabio Vistoli, nuovo primario del reparto di Chirurgia universitaria nonostante nel pomeriggio fossero di turno i chirurghi della divisione ospedaliera guidati dal primario Roberto Vicentini. Proprio coloro che avevano seguito finora Matteo Messina denaro.
Il boss, condannato all’ergastolo per le stragi del 1992-1993, è detenuto all’Aquila dal 16 gennaio scorso, dopo essere stato arrestato a Palermo dai carabinieri del Ros. Proprio la sua malattia ha portato gli investigatori e i magistrati sulle sue tracce.
In un pizzino ritrovato il 6 dicembre a casa della sorella Rosalia è stato trovato un diario clinico del latitante, con le operazioni subite, gli esami e i cicli di chemioterapia.
Nel carcere dell’Aquila, Messina Denaro è seguito da uno staff medico che, in vista del trasferimento, ha realizzato una sala ad hoc vicino la cella, dove effettuare le terapie chemioterapiche. Proprio com’era avvenuto con Bernardo Provenzano, l’altro storico capomafia, che nell’ultimo periodo della sua vita venne ricoverato in una struttura carceraria dell’ospedale di Parma. Subito dopo il trasferimento di Denaro nel supercarcere dell’Aquila, il boss trapanese ha incontrato la figlia e le sorelle.
IL BOSS AI PM: “NON MI PENTIRO’ MAI, PRESO PERCHE’ MALATO”
Nega di aver fatto parte di Cosa nostra, respinge le accuse di stragi e omicidi, specie quello del piccolo Giuseppe Di Matteo, il figlio del pentito rapito, strangolato e sciolto nell’acido dopo 25 mesi di prigionia, smentisce di aver mai trafficato in droga (“ero benestante, mio
padre faceva il mercante d’arte”), sostiene che la sua latitanza è terminata solo per colpa della malattia.
In 70 pagine di interrogatorio, reso al procuratore di Palermo Maurizio de Lucia e all’aggiunto Paolo Guido, Matteo Messina Denaro non concede nulla ai magistrati.
Un verbale depositato nel giorno stesso in cui le condizioni di salute di Messina Denaro, in peggioramento, rendono necessario un ricovero all’ospedale dell’Aquila al reparto di chirurgia.
Nel lungo verbale il boss mette subito in chiaro: “Escludo di pentirmi”. Accetta di rispondere alle domande, ammette solo quel che non può negare: il possesso della pistola, la corrispondenza con Bernardo Provenzano, la vita da primula rossa scelta per difendersi dallo Stato che lo accusa “ingiustamente” e poco altro.
“La mia vita non è che è stata sedentaria, è stata una vita molto avventurosa, movimentata”, dice. “Non sono uomo d’onore. Io mi sento uomo d’onore ma non come mafioso. Cosa nostra la conosco dai giornali”, spiega. “E lei non ha mai avuto a che fare Cosa nostra?”, gli chiedono i magistrati. “Non lo so magari ci facevo affari e non sapevo che era Cosa nostra”, risponde ma sottolinea: “Non h commesso i reati di cui mi
accusano: stragi e omicidi. Non c’entro nella maniera più assoluta. Poi mi possono accusare di qualsiasi cosa, io che ci posso fare”.
Nella lista dei crimini mai commessi c’è anche il traffico di droga.
“Vivo bene di mio, di famiglia. Mio padre era un mercante d’arte”, spiega parlando di Francesco Messina Denaro, padrino di Castelvetrano, morto da latitante e ritenuto uno dei fedelissimi dei corleonesi di Totò Riina. “Io sono appassionato di storia antica da Roma a salire – racconta il capomafia ai magistrati – poi mio padre era mercante d’arte e dove sto io c’è Selinunte.
E sulla cattura ha le idee chiare: “Non voglio fare il superuomo e nemmeno l’ arrogante, voi mi avete preso per la mia malattia”. Fin quando ha potuto, racconta, ha vissuto rinunciando alla tecnologia, sapendo che sarebbe stato un punto debole. Ma poi ha dovuto cedere.
Ai magistrati, per spiegare il cambio di passo sulla gestione della latitanza ha citato un proverbio ebraico: “se vuoi nascondere un albero piantalo in una foresta”. “Ora che ho la malattia e non posso stare più fuori e debbo ritornare qua…”, si è detto dopo aver scoperto di avere il tumore “allora – ha raccontato – mi metto a fare una vita da albero piantato in mezzo alla foresta, allora se voi dovete arrestare tutte le
persone, che hanno avuto a che fare con me a Campobello, penso che dovete arrestare da due a tremila persone: di questo si tratta”.
Su un punto il boss torna più volte: “Una cosa fatemela dire. Forse è la cosa a cui tengo di più. Io non sono un santo…ma con l’omicidio del bambino non c’entro”, spiega negando di aver partecipato al delitto del piccolo rapito per indurre il padre a ritrattare le accuse. Per Messina Denaro il responsabile fu Giovanni Brusca. Ma tiene anche a precisare che in un ‘audio choc diffuso nei mesi scorsi “non volevo offendere il giudice Falcone, non mi interessa… Il punto qual è? Che io ce l’avevo con quella metodologia di commemorazione”.
- MESSINA DENARO OPERATO IERI SERA AL SAN SALVATORE, BOSS MAFIOSO VIGILE, MA IN TERAPIA INTENSIVAL'AQUILA - Matteo Messina Denaro è stato operato nella serata di ieri per una occlusione intestinale nel reparto di chirurgia unive...