MOLINA ATERNO – “Nella vallata siamo passati da avere tante coltivazioni ad averne zero: ormai cinghiali e cervi sono i padroni assoluti. Sono cresciuti in maniera esponenziale e sui campi ci sono un calpestio e un pascolamento continui e assidui di cervi. Non è mai stato fatto un piano di contenimento abbastanza forte e, oggi come oggi, noi agricoltori ci troviamo non poter seminare più nulla. Il grano che è stato messo nel mese di settembre, praticamente, è calpestato e i campi seminati a ottobre sono già fuori terra. Il danno inizia da adesso fino a giugno, quando le colture arrivano alla maturazione, insieme ai cinghiali”.
La denuncia parte da Lamberto Fasciani, proprietario di una azienda agricola di Molina Aterno (L’Aquila) piccolo centro abitato nella valle subequana che, come tanti altri agricoltori della zona, lamenta “una presenza sempre più numerosa di animali selvatici, in particolare cervi e cinghiali che fanno razzia di semi e colture sui terreni seminati, causando danni anche gravi per le aziende”.
“Nella nostra vallata – ha dichiarato Fasciani ad Abruzzoweb – ci sono tante aziende tutte nelle stesse condizioni, il problema è comune, da Goriano Sicoli a San Demetrio non cambia nulla. Io vivo in un piccolo paese, siamo 200 abitanti, ho un’azienda che coltiva quasi 65 ettari e qui ci sono proprio i branchi in mezzo ai terreni”.
“Per risolvere la situazione – ha proseguito – serve un piano contenimento e di abbattimento dei cervi e dei cinghiali serio, mirato e stringente ma soprattutto continuativo, perché non si parla più di cinque sei cervi qua si parla di centinaia. Se si fa per un anno o due e poi si interrompe non si risolve il problema. Per un periodo sono state messe delle catture per i cinghiali, e un piccolo miglioramento c’è stato, però poi è stato bloccato per motivi vari, queste catture non sono stato state più attivate e il problema è tornato ad essere come prima”.
“L’intervento di contenimento deve essere continuativo perché viviamo in delle zone dove ormai ci sono branchi di cervi e di cinghiali – ha sottolineato l’agricoltore -: la notte in paese si incontrano branchi di 50-100 cervi, e sulle strade da Sulmona all’Aquila, se si prende la Tiburtina o la strada provinciale se ne incontrano molto spesso. A parte che sono un pericolo anche per la circolazione delle macchine, ma il danno grosso oggi è per l’agricoltura che è in ginocchio. Noi non possiamo più coltivare in queste condizioni: non possiamo mettere più prati e coltivazioni e non possiamo più rispettare il piano che ci impone la Pac e che prevede il principio di rotazione, cioè alternato con grano e girasoli oppure grano e favino, e non è pensabile visto il calpestio e il pascolamento continuo”.
A proposito del piano imposto in Europa dalla politica agricola comune (Pac), che prevede nei terreni la rotazione delle colture con un cereale alternato a una coltura detta miglioratrice, “che può essere un girasole, una leguminosa oppure una coltura di erba medica”, Fasciani ha aggiunto: “Il problema nostro è che noi non siamo al Fucino, qui siamo in montagna e le colture che possiamo mettere noi sono orzo, grano, girasole favette e prati, non abbiamo altre colture. Però noi, queste cinque cose, non le possiamo fare più perché con tutti i branchi di cervi che circolano in zona i girasoli non si possono mettere, il favino non si può mettere e i prati stanno scomparendo”.
Cervi e i cinghiali che invadono i campi e distruggono le colture della zona oltre a mettere in difficoltà tutta la filiera delle aziende agricole provocano gravi danni anche per la produzione di mangime destinato all’allevamento di animali e, di conseguenza anche alla cura di questi ultimi.
“La nostra vallata era maggiormente adatta per la zootecnia, ma la zootecnia sta scomparendo proprio perché i prati non ci sono più, non si possono più seminare e non si sa cosa coltivare per poter dare da mangiare alle bestie. Se si continua così io penso che qui tra 5-6 anni ci sarà l’abbandono totale, perché se la superficie agricola non cresce, ci sarà sempre meno gente che coltiva. Si perderanno posti di lavoro, ci sono aziende andranno a chiudere e non ci sarà più ricambio generazionale, perché non si può oggi indicare ad un giovane la strada dell’agricoltura, quando questa sta morendo”.
“Il contenimento di questi animali è un problema grande che non è mai stato affrontato e risolto. Nel tempo, noi abbiamo fatto tante dimostrazioni, siamo andati al Parco due anni fa, però siamo stati soltanto presi in giro con tante promesse non mantenute. Mi auguro che la politica oggi si faccia carico di questa situazione e prenda un provvedimento, o più di un provvedimento, e ancora di più spero che, visto il periodo, non siano solo promesse pre-elettorali”, ha concluso Fasciani.
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