L’AQUILA – “Quella della Asl unica è un’alchimia che distrae le persone dai problemi reali della nostra sanità”, ovvero del “sottofinanziamento ormai cronico”, che a sua volta “impedisce ai manager di tenere i conti sotto controllo, perché oltre un certo limite non si possono fare tagli, perché si compromettono i servizi essenziali”.
La Asl unica proposta dal presidente della Regione Marco Marsilio, di Fdi, la dotazione del Fondo sanitario nazionale, per il governo di Giorgia Meloni mai così alto, per le opposizioni insufficiente e sotto la media europea, la partita della riduzione del deficit della sanità abruzzese a cui sono stati obbligati i manager delle quattro asl regionali, per comprimerlo a 100 milioni, rispetto al tendenziale monstre di circa 200 milioni: sono tutti aspetti strettamente legati tra loro, per il neo presidente dell’Ordine dei Medici della Provincia dell’Aquila e segretario regionale del sindacato Anaao, Alessandro Grimaldi, primario del reparto di Malattie infettive dell’ospedale San Salvatore dell’Aquila e capo dipartimento medicina della Asl provinciale.
La proposta della Asl unica al posto delle quattro asl provinciali, è stata annunciata a da Marsilio a inizio legislatura, poi ribadita dall’assessore alla Salute Nicoletta Verì, e appoggiata anche nei banchi dell’opposizione da Luciano D’Amico anche se poi non è stata inserita tra i macro-obiettivi per il prossimo triennio nel Documento di programmazione economica e finanziaria della Regione (Defr), approvato il 28 dicembre. Tenuto conto che l’ipotesi trova contrarietà anche nella maggioranza di centrodestra, in primis perché sarà un bel problema stabilire quale sarà la sede della Asl unica regionale, a Pescara, dove c’è l’assessorato alla Salute e la direzione dell’Agenzia sanitaria regionale, o L’Aquila, capoluogo di Regione, con Teramo e Chieti escluse a priori.
Ed anche Grimaldi boccia senza appello la proposta: “di Asl unica se ne parla oramai da oltre un decennio, ma in Italia si è fatta una scelta, quella di regionalizzare la sanità, di avvicinare cioè i territori alla gestione. Dunque ora sarebbe contraddittorio tornare ad un centralismo su base regionale. L’attuale suddivisione in Abruzzo in quattro Asl mi sembra razionale, quello che piuttosto va ulteriormente accentrato sono le gare d’acquisto per ottenere economie di scala.
Per Grimaldi, del resto “fondamentale è che chi governa e amministra la sanità vada nei territori faccia sentire la sua presenza, ascolti gli operatori e i pazienti sia nelle strutture territoriali che in quelle ospedaliere, perché questo è l’unico modo per prendere consapevolezza dei reali problemi, e trovare le soluzioni ottimali”.
Anche Grimaldi ricorda che “il modello delle Asl uniche è già fallito nelle Marche, che è tornata sui suoi passi, e anche in Toscana, dove hanno unificato alcune Asl: i risultati sono stati deludenti, non si sono ottenuti risparmi e maggiore efficienza”.
E veniamo al capitolo deficit sanità: si è in attesa che vengano consegnati gli esiti del piano di risanamento avviati da giugno dai quattro direttori generali Ferdinando Romano per la Asl provinciale dell’Aquila, rinnovato a giugno per un altro anno Thomas Schael per la Asl provinciale di Chieti, che andrà via entro marzo a fare il commissario della città della Salute di Torino, Maurizio di Giosia per la Asl di Teramo, confermati ad agosto 2023, Vero Michitelli per l’Asl di Pescara, nominato sempre ad agosto 2023.
Obiettivo è quello di abbattere il deficit complessivo a 100 milioni di euro, rispetto al tendenziale di 2oo milioni di euro. Poi il deficit potrà essere abbattuto ulteriormente ad una cifra tra i 20 e i 50 milioni di euro con le risorse del Fondo sanitario nazionale, le entrate del pay back farmaceutico e con le risorse del bilancio regionale, 10 milioni per il 2024, e circa 31 milioni fino al 2027. Dopo che altri 120 milioni erano stati messi a copertura del deficit del 2023. Sui dg pende anche la spada di Damocle del commissariamento se sforeranno gli obiettivi dichiarati del 20%, come stabilito dal parere vincolate per la giunta regionale, da parte delle commissioni congiunte Bilancio e Sanità del consiglio a settembre
Grimaldi però spezza una lancia a favore dei dg: “tutti quanti sanno benissimo che direttori generali possono fare fino a un certo punto. Nella Asl nella quale nella quale lavoro, quella provinciale aquilana, posso garantire, le spese sono molto attente e oculate. Anzi, spesso ci si lamenta perché si effettuano eccessivi risparmi. Non credo che in questi anni i direttori delle Asl abbiano fatto politiche dissennate”.
Il tema è piuttosto un altro: “il sistema sanitario nazionale e a caduta quello delle Regioni è sotto finanziato, 136 miliardi e 500 milioni di euro, pari al 6,2% del pil, è una cifra ben sotto la media europea. Questo è il problema: le Asl hanno una oggettiva difficoltà a garantire servizi con queste risorse e con i tagli non si può andare oltre un certo limite”.
Eppure il presidente del Consiglio Giorgia Meloni, di Fdi, ha affermato che nel 2024 “il Fondo Sanitario nazionale arrivato a 136 miliardi e 500 milioni di euro. È, senza timore di smentita, numeri alla mano, lo stanziamento più alto di sempre”, anche perché per il 2026, la spesa sanitaria arriverà a 152,2 miliardi e nel 2027.
“Si dice una verità parziale – commenta Grimaldi -, il finanziamento aumenta, è vero, perché lo scatto è legato anche all’inflazione, se l’anno scorso c’erano circa 133 miliardi, quest’anno ce ne sono 136,5. Quello che si omette di dire è che questo aumento se ne andrà quasi tutto per piccoli aumenti di stipendio nei contratti del personale. E il sistema sanitario pubblico resta drammaticamente sotto finanziato. Senza considerare, ad esempio, quanto è aumentata la spesa energetica che per le strutture ospedaliere, quanto incide l’inflazione su tante voci di spesa”.
Conclude amareggiato Grimaldi: “la sanità pubblica in questi anni si è retta principalmente sullo spirito di sacrificio e il senso del dovere del personale sanitario. Che è e resta rispetto alla media europea sottopagato. Il potere d’acquisto si è ridotto del 3% rispetto al 1990. Questo significa che non solo non sono aumentati gli stipendi, ma ora il personale sanitario è più povero rispetto a 30 anni fa. Tanti giovani se ne sono così andati all’estero, dove sono meglio valorizzati e meglio pagati. E tanto altri restano in Italia andando però a lavorare nelle strutture private.”
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- “NO AD ASL UNICA, PROBLEMA SONO TAGLI A SANITÀ”. GRIMALDI, “DEFICIT, DG FANNO QUELLO CHE POSSONO”L'AQUILA - "Quella della Asl unica è un'alchimia che distrae le persone dai problemi reali della nostra sanità", ovvero del "sottofinanziamento orma...