L’AQUILA – “Grazie per la accoglienza e l’affetto, sono rimasto colpito dal calore autentico degli aquilani nei mei confronti”. E’ la frase pronunciata al termine della sua visita all’Aquila, da papa Francesco al cardinale Giuseppe Petrocchi, arcivescovo del capoluogo regionale, mentre nella sagrestia della basilica di Collemaggio, dopo aver incontrato i vescovi abruzzesi e molisani, si stava spogliando degli abiti liturgici per poi ripartire alla volta del Vaticano.
E’ solo l’ultimo episodio di una giornata storica, per la città e per la sua manifestazione più importante, la Perdonanza celestiniana. Mai un pontefice aveva aperto e attraversato la Porta Santa che si spalanca una volta l’anno, per cuori sinceramente pentiti, in cerca di perdono e di pace, in occasione del primo giubileo della storia, istituito dal santo eremita Pietro Angelerio che è diventato Papa con il nome di Celestino V nell’agosto del 1294 per poi dimettersi dopo solo sei mesi.
E passerà alla storia anche la sua omelia della messa di Collemaggio, con la consacrazione della Perdonanza, e la definitiva, marmorea “riabilitazione” del “Papa del gran rifiuto”.
“L’Aquila sia un tempio del perdono, non solo una volta all’anno, ma sempre, tutti i giorni. È così, infatti, che si costruisce la pace, attraverso il perdono ricevuto e donato -, ha detto papa Francesco -. L’Aquila, da secoli, mantiene vivo il dono che proprio Papa Celestino V le ha lasciato. È il privilegio di ricordare a tutti che con la misericordia, e solo con essa, la vita di ogni uomo e
di ogni donna può essere vissuta con gioia. L’Aquila sia davvero capitale di perdono.
E ha giudicato errata “la figura di Celestino V come ‘colui che fece il gran rifiuto’, secondo l’espressione di Dante nella Divina Commedia. Celestino V non è stato l’uomo del ‘no’, è stato l’uomo del ‘sì’. Infatti, non esiste altro modo di realizzare la volontà di Dio che assumendo la forza degli umili”.
Oltre 20mila, il doppio delle previsioni della vigilia fatte dagli esperti della sicurezza, le persone accorse per vedere Papa Francesco. Un successore di Cristo, che è apparso per quello che è, un anziano fragile, al tramonto della sua vita, sulla sedia a rotelle, un disabile, che ha dovuto compiere un immane sforzo, per alzarsi in piedi e colpire tre volte con il bastone d’ulivo del Getsemani, la Porta santa per poi attraversarla.
Potenti e rivoluzionarie le sue parole, però, grande la sua umiltà ed empatia.
“A tutti rinnovo il mio saluto e benedico di cuore voi, le vostre famiglie e l’intera cittadinanza. Jemo ‘nnanzi!”, è arrivato in piazza Duomo ad esclamare papa Francesco agli aquilani, in dialetto aquilano, citando lo slogan post-sismico di incoraggiamento, tra l’entusiasmo generale.
E poi la sua accortezza nel ringraziare gli otto operai del Comune dell’Aquila che in qualche secondo hanno montato la passerella per evitare che il pontefice oltrepassasse la Porta santa facendo le scale. “Senza di voi non sarei riuscito ad entrare”, ha sottolineato.
E ancora le sue calde parole alle vittime del terremoto del 2009: “Cari fratelli e care sorelle, voi avete sofferto molto a causa del terremoto, e come popolo state provando a rialzarvi e a rimettervi in piedi. Ma chi ha sofferto deve poter fare tesoro della propria sofferenza, deve comprendere che nel buio sperimentato gli è stato fatto anche il dono di capire il dolore degli altri. Voi potete custodire il dono della misericordia perché conoscete cosa significa perdere tutto, veder crollare ciò che si è costruito, lasciare ciò che vi era più caro, sentire lo strappo dell’assenza di chi si è amato”.
Per poi aggiungere: “Voi potete custodire la misericordia perché avete fatto l’esperienza della miseria. Ognuno nella vita, senza per forza vivere un terremoto, può, per cosi dire, fare esperienza di un terremoto dell’anima, che lo mette in contatto con la propria fragilità, i propri limiti, la propria miseria. In questa esperienza si può perdere tutto, ma si può anche imparare la vera umiltà. In tali circostanze ci si può lasciar incattivire dalla vita, oppure si può imparare la mitezza. Umiltà e mitezza, allora, sono le caratteristiche di chi ha il compito di custodire e testimoniare la misericordia”.
E anche ai politici e rappresentanti delle istituzioni in prima fila, era rivolta la citazione del Vangelo di Luca durante l’omelia: “Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più ragguardevole di te e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: Cedigli il posto! Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto. Invece quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché venendo colui che ti ha invitato ti dica: Amico, passa più avanti. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato. La consapevolezza della propria miseria è la bellezza della misericordia”.
Per poi aggiungere, con un pensiero alle guerre che insanguinano il mondo: “l’uomo non è il posto che detiene, ma è la libertà di cui è capace e che manifesta pienamente quando occupa l’ultimo posto, o quando gli è riservato un posto sulla Croce. Finché non comprenderemo che la rivoluzione del Vangelo sta tutta in questo tipo di libertà, continueremo ad assistere a guerre, violenze e ingiustizie, che altro non sono che il sintomo esterno di una mancanza di libertà interiore. Lì dove non c’è libertà interiore, si fanno strada l’egoismo, l’individualismo, l’interesse, la sopraffazione”.
Una empatia, una vicinanza, quella comunicata da Francesco, pienamente contraccambiata dall’ondata di affetto ed emozione dell’intera città in festa che si è svegliata con il cielo grigio ma che con il passare delle ore ha vissuto la storica visita di Francesco con il cielo azzurro e con una temperatura più mite.
Una città che ieri ha guardato al futuro con rinnovata fiducia, nonostante le ferite del tragico terremoto di 13 anni fa e le tante incognite del presente, segnato dalla guerra, dal caro bollette, dalla crisi, da un crescente disincanto per una politica lontana e che si autonomina al Parlamento con il Rosatellum. A migliaia le persone che si sono riversate nei luoghi del centro storico dove era prevista la presenza di papa Francesco. Pienone ed entusiasmo in piazza Duomo e piazzale di Collemaggio, scenario della santa messa che non è riuscito a contenere le persone. Tanto che in tantissimi hanno affollato viale di Collemaggio per assistere al solenne rito.
I fedeli sono venuti da tutto Abruzzo, da Roma ma anche da altre regioni, a partire da quelle limitrofe. In tanti dopo la santa messa hanno allestito dei picnic per consumare un pranzo portato da casa.
Anche i lati del viale erano gremiti: addirittura negli spazi verdi alcuni genitori hanno preparato un giaciglio per far riposare, in molti casi far addormentare i loro bambini stanchi per essersi alzati all’alba. Gli anziani che sono portati la sedia da casa mettendosi sotto gli alberi per ripararsi dal sole.
“Lei è il Papa successore di Pietro e le vogliamo un mondo di bene. Perché per noi perché per noi Lei è anche un papà, lei testimonia la sollecitudine e la tenerezza del Signore. Perciò a nome di tutti gli abruzzesi popolo forte e gentile, mi permetta di dirle a cuore aperto: grazie papà Francesco”: queste le commosse parole, di Petrocchi, al termine di una giornata che resterà indelebile nella memoria.
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